domenica 22 luglio 2012

Le difettose - recenzioni 1/2


Ci sono quelle che prendono in affitto l'utero, chi nel proprio si fanno impiantare di ovociti di qualcuna altra, chi i propri li mescola con lo sperma di uno sconosciuto, chi con quello del marito ma per una fecondazione in vitro. Il risultato è che il 5% dei baimbini, in Italia, nasce, come si dice, in laboratorio. Significa uno su venti; uno per classe, a scuola. Presto sarà nostro fratello, nostra madre, il nostro coniuge, se ancora li chiameremo così, se ancora dire famiglia avrà un senso.
Non sono diavolerie da scienziati, quindi, o sproloqui alla Pannella, quelle che racconta Eleonora Mazzoni nel suo Le difettose, edito da Einaudi. Sono, piuttosto, pene, speranze e, soprattutto, pillole e punture di tante persone, singole o coppie. Per un desiderio, quello di avere un figlio, che, però - questa in fondo la tesi del romanzo - che non deve arrivare ad annullarci. Al contrario, l'esperienza e Seneca mostrano alla protagonista, insegnante, che ci si può rigenerare e, in un certo senso, rinascere fino ad essere ad essere padri e figli di noi stessi, o, un poco, dei propri allievi. A dispetto della dottoressa Morosini, giovane in carriera con due figli che specula sulle cure, e di tutta una coazione sociale più o meno esplicita a riprodursi. A dispetto anche di sembrare vecchie, improduttive, declinanti, troppo naturali o troppo poco; in una parola: difettose.

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