venerdì 25 novembre 2011

alla faccia della demagogia

Ci sono gli ombrelli firmati. I cani col pedigree che costano quanto un'utilitaria e, a proposito, che non si debba rinunciare ad un optional, costi quel che costi. Ma quando c'è da decidere chi ci governa, no, è il caso di risparmiare. Ora tagliano sui vitalizi dei deputati. Così a rappresentarci saranno ricchi o incompetenti, comunque al soldo della lobby di turno. Quella che incaricherà il proprio partito di fare le leggi a proprio uso e consumo mentre i cittadini saranno ancora convinti che se il debito pubblico si moltiplica è per il prezzo del filetto che mangia Scilipoti.

mercoledì 23 novembre 2011

uno spettro s'aggira per le edicole

Il Manifesto è in crisi. Tra tre mesi, come sempre negli ultimi trenta anni, potrebbe chiudere. Lo ha annunciato Valentino Parlato, una dei fondatori, che come sempre ha chiamato alla mobilitazione, scrivendo che, col taglio degli aiuti all'editoria e con la situazione politica attuale, questa crisi potrebbe essere definitiva. In passato è calata la foliazione, stavolta è aumentato il prezzo, altre volte sono usciti numeri unici da 50 euro e si sono aperte sottoscrizioni. Perchè leggere il Manifesto, "quotidiano comunista", come recita la testata, è anche appartenere ad una comunità. Sempre più esigua, però, perchè le copie vendute negli ultimi decenni si sono dimezzate.
Rossana Rossanda, una delle fondatrici, viene insignita dell'Ambrogino d'oro, ma intanto, da anni, lavorare per il Manifesto ed essere pagati entro un trimestre è quasi un'impresa.
Non servirà, supponiamo, a svecchiare il giornale, a farlo evadere dagli occhiali di pochi intellettuali, a renderlo utile, oltre che interessante. Perchè un quotidiano che, come si dice in gergo, chiude alle 20.00, quando arriva nelle edicole è già buono solo per incartare le uova, per usare un'espressione di Luigi Pintor.
Dall'ex direttore sardo in poi tanti, tra le rotative del giornale si sono formati: da Barenghi a Lucia Annunziata all'ex ministro Frattini.
Spiace anche per questo, in un'epoca di mediocri pennivendoli, che una palestra di stile e rigore rischi di abbassare la saracinesca.
O riesce a prendere esempio da un giornale come Il fatto quotidiano, altrettando povero, meno elitario e più combattivo, o il Manifesto smetta la sua opera di testimonianza, chè la rivoluzione non è un pranzo di gala.

martedì 22 novembre 2011

facciamoci dei nemici/1:Simoncelli

ok, facciamoci dei nemici, e iniziamo dall'alto. Simoncelli per esempio.
Che ancora pubblicizza le patatine. Che tutti dicono che sapeva godersi la vita. Che tutti ricordano che sorrideva sempre. Che s'è coccolato una famiglia che al posto che di silenzio il minuto gliel'ha dedicato di "casino". Che adesso gli hanno intitolato un circuito anche se non era dei suoi preferiti. Che le ultime parole lasciate ai posteri sulla rete erano qualcosa tipo il circuito è impegnativo ma ho voglia di vincere e ce la metterò tutta. Che tutti dicono che un giorno di sicuro avrebbe vinto il campionato del mondo. Ma intanto ad una curva s'è inclinato come ai bimbi quando gli tolgono le rotelle.
Ma a parte essere miliardario e risparmiare sui pettini, che ha combinato in vent'anni, questo campione della vacuità?

domenica 20 novembre 2011

almeno lo stemma, Zapatero poteva cambiarlo.

Quando ad un esponente del Partito popolare spagnolo si chiede un giudizio sul franchismo in genere la risposta è che anche i comunisti ebbero le loro colpe. Quando, per vincere le elezioni, il partito popolare spagnolo mentì sulla strage di Madrid, il suo candidato era Rajoy.
Questo è il partito e questo il candidato che si apprestano a governare la Spagna.
Un Paese che con Zapatero era per qualche tempo riuscito a scrollarsi di dosso quell'aria di naftalina e stereotipi che la accompagna da Franco in poi, e che adesso probabilmente riprenderà ad ospitare con indifferenza il maggior numero di fosse comuni d'Europa.
Con una legge elettorale in confronto alla quale il porcellum di Calderoli è un raffinato spazio di democrazia, diversi commentatori esortano gli indignados al voto utile, che poi sarebbe quello per il partito socialista.
E se, invece, alla prova dei fatti, ad essere inutile, fosse proprio quel partito?

venerdì 18 novembre 2011

ego te absolvo

Con Don Verzè indagato per bancarotta, il parroco della chiesa in cui fu ritrovato il corpo di Elisa Claps e i loro colleghi ciclicamente sorpresi a traviare bambini, forse la legge dovrebbe comportarsi come con quel pastore del Sud, a cui il giudice riconobbe l'appartenenza ad una cultura con un sistema di valori peculiare. Del resto, se li nomina arcivescovi come Marcinkus o santi, come Padre Pio, vuol dire che la Chiesa non li considera pecorelle smarrite, ma pastori, pure loro. Ma don Verzè è quasi centenario e per ritrovare il corpo di Elisa Claps ci sono voluti diciott'anni: forse la divina provvidenza, al clero, l'impunità già l'ha data.

giovedì 17 novembre 2011

Carfagna, dove sei?

Quando Norma Rangeri, firma del Manifesto, deve farsi operare, le credenziali professionali del chirurgo non le interessano. Quello che conta per lei è che a mettere il bisturi sul suo corpo sia una donna. Lo dimostra nel suo ultimo articolo, in cui si compiace che nel nuovo governo alle donne siano andati tre dicasteri "di peso". Lo spread galoppa e in mezzo a tante contrattazioni su aree politiche di provenienza e lobby di appartenenza, dopo l'esame di innumerevoli profili professionali e di competenze, scegliere i ministri in base all'anatomia ci sembra un'efficace scorciatoia. Che la scelta per decidere a chi assegnare il ministro degli interni o quello dell'economia avvenga dunque come una volta la visita di leva. Ma se a contare è il corpo, la prossima volta, per favore, il casting affidiamolo a Berlusconi: a occhio pare intendersene più di Monti.

mercoledì 16 novembre 2011

ministri a spasso

Quando si dice che il nuovo governo è fatto di "tecnici" si intende che ad essere stati nominati ministri sono persone che prima d'ora non si occupavano di politica. Verrebbe da pensare che, quindi, chi li ha preceduti torni alle rispettive occupazioni. E se per quanto riguarda Mara Carfagna viene da tirare un sospiro - anche di sollievo - fa venire i brividi immaginare Calderoli medico, Gelmini avvocato, Frattini modello, Bossi qualsiasi cosa, Berlusconi imputato. Forse, in fondo, il posto in cui potevano fare meno danni era proprio alla guida dell'Italia.

lunedì 14 novembre 2011

sono solo canzonette

Venditti, De Gregori, Pino Daniele, Dalla, ecc. un tempo si chiamavano cantautori impegnati. Impegnati a fare canzoni che non parlassero solo d'amore o almeno non in modo banale. Nel loro repertorio sarebbe difficile trovare una canzone significativa degli ultimi quindici anni. Chi informava un generale di cosa ci fosse dietro una stazione, chi voleva unità per noi, chi si chiedeva quale allegria, chi annunciava un nuovo Masaniello, si trascina sui palchi applaudito dalla generazione dei mangianastri. Mancanza di ispirazione? Strano, perchè sarebbe stato proprio negli ultimi quindici anni, l'ora, più che mai, di impegnarsi.

mercoledì 9 novembre 2011

cozza italia

Qualcuno, stamane, si è svegliato per una folata improvvisa di freddo. Come si fosse spalancata all'improvviso, all'alba, la finestra. E gli occhi li ha aperti a fatica perchè magari ieri sera aveva fatto tardi, festeggiato, spernacchiato il telegiornale. Ma la finestra è chiusa. I termosifoni caldi. Gli occhi allora sono andati sul soffitto, sbarrati. Era presto, ma il sonno era passato. Provateci voi, a stare tranquilli, con quella sensazione. Come quando la moglie va per qualche giorno a fare visita ai genitori, o anche solo dal parrucchiere per qualche ora. Segue un senso di onnipotenza e un certo, immediato, artistico, ostentato disordine. Ma poi? per un attimo, dopo qualche tempo, una sottile angoscia prende lo scapolo a tempo che guarda la tv con i piedi sul divano: che la consorte non torni. Che non ci sia più niente da violare. Che Dio e babbo natale, la juventus e Pippo Baudo, la suocera e le pattine svanissero. Tutto questo è stato Berlusconi. Un totem da criticare per i valori che esaltava o perchè li violava, perchè era moderno o perchè era arcaico, un modello da non seguire perchè era troppo imprenditore o non abbastanza, perchè era uno di noi o noi in uno. E capita allora che a quest'ora il mattiniero si aggiri in ufficio per strada, nel corridoio di casa come se qualcuno gli avesse inibito l'uso di una vocale qualsiasi. Sarà per via degli sbadigli ma sta per prendere la parola e non sa che dire, per lamentarsi e non sa di cosa, maledire e non sa perchè. E anche se qualche giornalista pensa a The trueman show e parla di italiani dentro una bolla, il pendolare che lascia l'ufficio senza aver trovato argomenti, più che un attore americano si sente un mollusco allo scoperto in una conchiglia scardinata. Durerà poco.

martedì 1 novembre 2011

Intervista a un militare di professione dell'Esercito Italiano



dopo l'assaggio di qualche mese fa, in coincidenza della festa delle forze armate la Donna Cannone (e chi sennò?) vi offre l'intervista completa ad un militare italiano, che ringraziamo.

Per capire se una voce dalle stellette sia o no quella di un Ufo.


Intervista a un militare di professione
dell'Esercito Italiano

Max, 38 anni, Sottufficiale dell'Esercito. Salernitano, lavora a Napoli. 



le domande del Comandante Nebbia

CN: in che teatri è stato impegnato?
Max: Sono stato in Bosnia nel ’96, quattro volte in Kosovo tra il 2000 e il 2003 e in Iraq nel 2004.


CN: quali incarichi ha ricoperto?
Max: In Bosnia non ero ancora in servizio permanente, ho svolto per lo più servizi di guardia al nostro Compound.
In Kosovo ho ricoperto incarichi vari, dalla gestione dei gruppi elettrogeni all’interno della base e nelle varie postazioni a difesa di installazioni sensibili sparse per il territorio di nostra competenza, all’addetto agli acquisti e quindi ai contatti con i rivenditori locali, cosa che mi ha permesso di girare parecchio e di conoscere moltissima gente del posto. Mi occupavo anche della retribuzione del personale civile locale che lavorava nel nostro accampamento. Con alcuni di loro sono in contatto ancora oggi.

In Iraq, ero addetto alla Cellula S1 (Personale) ed ero in giro spesso a seguito di un mio superiore a cui facevo da interprete dall’inglese, nel corso dell’affiancamento con ufficiali dell’esercito iracheno.


CN: ha partecipato ad azioni a fuoco?
Max: Io personalmente mai, ho solo sperimentato la tensione che si generava ogni volta che si usciva dalla base.


CN: quali differenze ha riscontrato nella reazione delle varie popolazioni alla presenza di militari stranieri sul territorio?
Max:In Bosnia, la guerra era appena finita. Non c’era molta gente in giro e quelli che c’erano erano piuttosto diffidenti. I contatti più frequenti erano con i bambini che venivano a chiederci un po’ di cioccolato o qualche merendina.
In Kosovo, gli albanesi erano in genere amichevoli, la nostra presenza in qualche modo li faceva sentire al sicuro.
In Iraq, è molto difficile da definire. La situazione era piuttosto complessa, sicuramente non tutti erano contenti di averci tra i piedi.


CN: Qual è, secondo lei, il livello di preparazione medio del personale italiano nei confronti del personale di altre nazioni?
Max:Al di là di Americani e Britannici, che sono a mio parere di un altro livello, credo che il nostro grado di preparazione generale sia piuttosto buono e in grado di confrontarsi tranquillamente con gli altri eserciti della coalizione.


CN: Ci dà un'opinione sulla qualità dell'equipaggiamento e sulla sua adeguatezza nelle varie situazioni?
Max:La qualità è sicuramente migliorabile e non sempre è risultata pienamente adeguata alla situazione, ma si sa, noi italiani siamo abituati a fare di necessità virtù.


CN: Ci dà un'opinione sulla capacità delle forze armate di valorizzare l'esperienza accumulata nei teatri di impegno o se questa viene dispersa con i congedi o con l'impegno del personale esperto in funzionalità impiegatizie?
Max: Credo che la maggior parte del personale delle forze armate abbia accumulato una notevole esperienza nell’ambito dei teatri operativi e tale esperienza può tornare utile sia per indirizzare i più giovani, sia per affrontare le nuove sfide con maggiore sicurezza e consapevolezza. I congedi e i cambi di destinazione del personale esperto ritengo che non possano inficiare su tale bagaglio di esperienza, se non in minima parte.


CN: Ci dice il livello di impiego dei private contractor e il tipo di missioni affidate a questo tipo di professionisti?
Max: I contractors si occupano in genere della protezione di personaggi di spicco che a vario titolo circolano per il teatro. Sono certamente dei professionisti molto validi, ma noi abbiamo delle regole d’ingaggio ben precise, dalle quali non possiamo prescindere. Loro, probabilmente, hanno una maggiore libertà di movimento e di azione.






le domande di Poldino


Poldino: Qual è la sua canzone preferita?
Max: Risposta difficile. Ascolto molta musica, è difficile isolare una sola canzone. Se proprio devo scegliere, dico “Pride” degli U2.


P: l'ultimo libro letto?
Max: E’ un periodo che leggo più libri contemporaneamente, iniziandone uno nuovo senza prima terminare la lettura di quello precedente. L’ultimo che ho letto dall’inizio alla fine è “Io cammino in fila indiana” di Ascanio Celestini.


P: Come reagisce la gente quando dice che fai il militare?
Max: Alcuni appaiono sorpresi. Forse il mio modo di fare e di muovermi fa pensare ad altro. Ma anche il modo della gente di considerare i militari dovrebbe evolversi.


P: Ha qualche militare in famiglia, anche in pensione?
Max: No, nessuno.


P: Che lavori ha fatto prima di arruolarsi? Qual era l’alternativa?
Max: Ero iscritto all’università, Lingue e letterature straniere moderne. Ho fatto qualche esame. Nel frattempo, per non pesare troppo sul bilancio familiare ho fatto vari lavori, dal barista alla gestione di impianti sportivi. L’alternativa era continuare gli studi e tentare di trovare uno sbocco in quel settore. Forse avrei potuto, ma è andata diversamente.


P: Cosa direbbe al se stesso ventenne?
Max: Di godersi di più la vita, è un’età fantastica che non torna più.


P: Durante il vostro addestramento, per resistere, vi vengono indicati degli integratori?
Max: A me non è mai successo, né ne ho mai sentito parlare.


P: A che serve saper marciare?
Max: Nella vita in generale, a poco; nell’ambiente militare ti dà un primo input di ordine e disciplina.


P: Cos’è cambiato tra le vecchie e le nuove generazioni di militari?
Max: E’ cambiato molto, direi. La rinuncia alla leva obbligatoria ha dato vita ad un nuovo esercito di professionisti, a mio parere molto più preparati ed evoluti.


P: Siamo al 7 settembre 1943: combatterebbe a fianco dei nazisti?
Max: Credo proprio di no.


P: Combatterebbe contro di loro, due giorni dopo?
Max: E’ più probabile.


P: Che lavoro vorrebbe facesse suo figlio?
Max: Quello che più lo faccia sentire realizzato. Per me non fa grossa differenza.


P: Che cosa la società civile dovrebbe prendere ad esempio da quella che non lo è?
Max: Non saprei. Bisognerebbe prima definire il termine “società civile”. Se intendiamo in tal senso la civiltà cosiddetta “occidentale”, ha sicuramente poco da insegnare e molto da apprendere.


P: Secondo la costituzione cosa fa l’Italia alla guerra?
Max: La ripudia.


P: Saprebbe definire il verbo ripudiare?
Max: In questo caso definisce il rifiuto “a priori” di un certo tipo di comportamento.


P: Parolisi è innocente?
Max: Non saprei. Non sono in grado di giudicare a distanza. La mia sensazione è che dietro ci sia qualcosa di più del “semplice” delitto passionale.

Una cosa al riguardo vorrei però sottolinearla: questo triste episodio è stato fortemente strumentalizzato per dare un’immagine dell’esercito che non corrisponde alla realtà. Le storie tra colleghi di lavoro, clandestine o no che esse siano, avvengono in tutti i contesti, soprattutto dove si vive a stretto contatto diverse ore al giorno. Ora, il fatto che tra quattrocento ragazze, qualcuna possa vivere una storia con il proprio istruttore, mi sembra davvero poco sorprendente.


P: Le è mai capitato di votare stando al fronte?
Max: Non mi è mai capitato.


P: Ha mai pensato di fare il contractor?
Max: La cosa non mi attrae per nulla.


P: Che accademia militare ha frequentato Gheddafi?
Max: Sinceramente non ne ho idea. Suppongo un’accademia militare libica. So comunque che è stato anche nel Regno Unito.


P: Dovesse tagliare un centesimo delle spese militari su cosa risparmierebbe?
Max: Forse risparmierei qualcosina sulle mense. Sicuramente toglierei i militari dalle strade delle città italiane.


P: Tecnicamente, si può annichilire senza uccidere?
Max: Credo proprio di sì.


P: Contrario o favorevole alla tortura?
Max: Assolutamente contrario.


P: Sa cosa stabilisce l’art. 185bis del codice penale militare di guerra?
Max: Punisce eventuali condotte vietate dalle convenzioni internazionali.


P: Cosa le chiedono più spesso i famigliari quando torna da una missione?
Max: Come me la sono passata. Cercano probabilmente di farsi un’idea del mio stato d’animo e della condizione psicologica.


P: Cosa evitano di chiederle?
Max: Sicuramente non mi fanno domande “tecniche”.


P: Tra Dio, patria e famiglia cosa butta dalla torre?
Max: Probabilmente la famiglia sarebbe l’unica ad essere sicura di restare su. Non sono un gran credente e la patria è sicuramente un valore in cui ci si può riconoscere, purché non si scada in pericolosi eccessi di nazionalismo.




le domande della Donna Cannone

DC: Non crede che le morti di militari durante il lavoro siano da considerare ''morti sul lavoro'' come quelle degli operai, per esempio? E se no, perché?
Max: Credo senz’altro di sì. Il fatto che poi si dia luogo alla farsa dei funerali di Stato è solo un maldestro tentativo di pulirsi la coscienza di fronte all’opinione pubblica.


DC: Cosa si prova a vivere armati?
Max: Si vive armati solo in particolari circostanze e in determinati teatri. Non certo in patria. Dopo un po’ non ci si fa più caso.


DC: Che cosa pensa degli immigrati? E dei profughi? E delle donne con il velo in territorio italiano/europeo?
Max: Io penso semplicemente che le diversità di usi, costumi e tradizioni vadano considerate come un’opportunità di arricchimento e non come una minaccia. Ogni atteggiamento di intolleranza è espressione assoluta di ignoranza. E non lo dico per retorica.


DC: Perché ha scelto questo mestiere?
Max: E’ stata una scelta ponderata. Ero all’università e vivevo con la spada di Damocle della leva obbligatoria. Ho preferito fare domanda per due anni di ferma e percepire uno stipendio, piuttosto che un anno di leva che gravasse ulteriormente sui miei dal punto di vista economico. Poi i due anni sono diventati tre, fino a vincere il concorso in servizio permanente.


DC: Quali sono gli ''ideali'' moderni che attirano i giovani alla carriera militare? È plausibile pensare che lo facciano per ''la patria''?
Max: Probabilmente alcuni lo fanno anche per “la patria”, ma onestamente ritengo siano senz’altro una minoranza. La maggior parte vede nella carriera militare un’opportunità di lavoro e di indipendenza economica. E con questi “chiari di luna”, non è poco!



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