giovedì 31 dicembre 2009

riceviamo e volentieri pubblichiamo
dagli amici di http://www.dosstrento.net/dosstrento/

Una riflessione inviata da Franco.

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L’ex direttore de “L’Adige”, Paolo Ghezzi, ha pubblicato un suo corsivo sul quotidiano di lunedì 28 c.m. dal titolo “Filippo G. Sopravvissuto al Natale” ( “cuori matti” ).

Non capisco perché si è voluto identificare il Signor Filippo G. con un pubblico dipendente ( potrebbe essere benissimo anche un giornalista, un politico o uno dei tanti personaggi appartenenti a qualsiasi altra “casta” ) se non al solo scopo di descrivere una serie di luoghi comuni entrati oramai a forza nell’immaginario collettivo e al fine di fare una bella coreografia al suo racconto, ma penso che il Dott. Ghezzi abbia centrato ( forse involontariamente vista magari l’influenza professionale data da Vita Trentina) il tema dell’ipocrisia del Natale.

Senza voler entrare nel merito di una serie di banalità/luoghi comuni filo cattolici ….
- Chi decide se un nome ( Luna ) è bello o brutto?

- Chi ha detto che milioni di separati e divorziati, detesta il Natale?

- Chi ha detto che si deve essere per forza filo Ratzinger viste, sentite e lette le sue conservatrici prese di posizioni che stanno andando dalla parte diametralmente opposta di quella di Wojtyła ?....


… penso però che il pezzo possa fare effettivamente riflettere tutta una serie di persone ipocrite, tutte quelle persone che si sentono “più buone e felici” a Natale salvo poi il fatto di comportarsi e sentirsi (dentro e fuori) come autentici “Figli di P****a” per tutto il resto dell’anno!
Evviva quelli che sono onesti con se stessi come il Signor Filippo G., quelli che non hanno una maschera “natalizia”…
evviva quelli che sono coerenti, che sanno di essere “cattivi” ma quando decidono di essere buoni lo sono per davvero, quelli che a natale non fanno regali, ma li fanno durante tutto l'anno o al di fuori delle feste comandate.
Evviva quelli che vedono allo specchio chi sono e non hanno maschere, quelli che hanno un cuore, magari duro ma vero, quelli che non sono ipocriti…. Neppure a Natale!

Cordiali saluti
Franco
Questo il testo di Paolo Grezzi.
Filippo G. – Sopravvivere al Natale!
Quando la felicità è tornare in ufficio, il lunedì mattina
Di Paolo Grezzi – L’Adige 28-12-2009

“Tvtb papi. Buon Natale :-))))”.

Filippo G., 37 anni, dipendente provinciale, non sopporta le abbreviazioni negli sms.

E non sopporta gli smiley, fatti con le parentesi chiuse per simulare un sorriso di felicità. Lui questo Natale - un orribile Natale inondato di pioggia - non è felice neanche se sua figlia, la sua unica, gli ha messo 4 parentesi sorridenti dopo quell’orribile tvtb, che sembra la sigla di una televisione commerciale e invece sarebbe: Ti voglio tanto bene.

Non lo commuove nemmeno se l’ha scritto la sua bambina fantastica, la sua Luna. E si domanda come hanno fatto, lui e Donatella, a darle un nome così tremendo, che forse per un cagnolino, ancora ancora... ma per un essere umano?
Come hanno potuto?

Comunque Luna questo Natale lo passa con sua madre e Filippo G., come milioni di separati e divorziati, detesta il Natale. Di Gesù bambino non gli importa più nulla da tempo, e se una svizzera rossovestita si scaglia contro il papa bianco nella basilica di San Pietro, lui fa il tifo per la svizzera.
Filippo G. non ha spedito un singolo sms di auguri, e non sopporta di riceverli, specie quelli con le citazioni celebri e l’autore tra parentesi, come in un bacio Perugina, o quelli enfaticamente affettuosi: “auguroni”, “augurissimi”.    E detesta soprattutto quelli che gli scrivono: “Un 2010 pieno di tutta la felicità che ti meriti”. Ma chi se la merita, la felicità? La felicità è un regalo passeggero, un soffio, una coincidenza. Nessuno se la merita.

Apre il libretto che gli ha regalato la biondina dell’ufficio accanto, con cui ha avuto una toccata e fuga tre mesi fa, in un weekend uggioso, su un lago fuori stagione. Intermezzo non sgradevole, pensa adesso, ma niente a che vedere con la felicità.

Gli viene da pensare che forse si è felici solo da bambini (ma lui si ricorda solo il gran pianto di paura in braccio al Babbo Natale aziendale del dopolavoro di papà), o al primo lento alla seconda festa di classe in quarta ginnasio, o alla terza birra scura in un pub di Dublino. O quando si fa qualcosa di grande: tipo rischiare la vita per amore, o morire per cercare di salvare gli altri, come i quattro alpinisti della Val di Fassa, sepolti insieme in un abbraccio di neve.


Filippo G. apre il libretto di Seneca, testo latino a fronte che gli ricorda i tempi dell’Arcivescovile. “Cum de beata vita agetur...”: Ma quando si parla della vita felice, non mi puoi rispondere come per le votazioni: “la maggioranza sta da questa parte”. Infatti è la parte peggiore. Per le faccende umane non funziona così bene: le cose migliori sono sgradite ai più. La folla è la peggiore conferma. ...”.

“Ut meliora pluribus placeant...”. Il latino è musicale, pensa Filippo G. mentre gli si abbassano le palpebre e si addormenta con la luce accesa.
Poi fa un sogno: domani è lunedì, si torna in Provincia, il mio ufficio ben riscaldato, il salvaschermo con i pesci tropicali, la biondina della porta accanto che tacchetta in corridoio andando a fare fotocopie... E per la prima volta, dalla mezzanotte della vigilia di Natale, Filippo G. si sente impercettibilmente, inesorabilmente felice.




buon anno, Stanzani

Sergio Stanzani, 87 anni, presidente del partito radicale, oggi e domani prenderà parte ad uno sciopero della fame a favore dei migranti e dei malati di SLA. "Odio gli indifferenti", diceva Gramsci. In giorni come questi, davanti all'esempio di Sergio Stanzani, dovremmo odiarci tutti almeno un pò, metterci davanti allo specchio e, senza che il rumore si confonda con i botti, darci almeno uno schiaffo, che ci faccia da sveglia.

mercoledì 30 dicembre 2009

VIA CRAXI!

D'accordo sull'intitolargli una strada, ma col punto esclamativo.

martedì 29 dicembre 2009

frane

Combattono due guerre mondiali e le perdono entrambe. Vivono tutta la vita in mezzo alle montagne e poi fanno la fine che ci farebbe un bagnino. C'è una cosa che riesce bene, a questi trentini?

INtErMeZzO minatorio




signore e signori annunciamo con piacere che
mancano 83 giorni alla primavera.

ricordiamo al gentile pubblico che il vento di marzo può far oscillare la sensibilità.
Duomi, pulpiti e psicolabili potrebbero impazzire.

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venerdì 25 dicembre 2009

Siamo alla lotta darwiniana. Mi scrisse Gianni Solla ...


intervista a Gianni Solla
Vorrei squillare un po' come Kiambretti e far entrare con rullo di tamburi e personaggi circensi uno dei miei autori contemporanei preferiti. Mi piacerebbe saper scrivere come lui e mi dispiace non esserne capace. Detto senza invidia e con tanto godimento. E ammirazione. E felicità di poterlo leggere e di poterglielo pure dire.
con onore, commozione e irriverenza natalizia, la parola passa a lui (la mia intervista inizia con un po' di reverenti domande sceme. Mi scuso*)

La Donna Cannone: Hai mai pensato di scrivere un romanzo?
Gianni Solla: Ho già pubblicato un romanzo, seppure breve, si chiama Airbag edito da ad est dell’equatore. Il prossimo è previsto per la prossima estate, sempre per la stessa casa editrice che dimostra buongusto e al tempo stesso un certo piacere per l’autolesionismo.
DC: Quando hai iniziato a scrivere? e perché?
GS: Non mi ricordo da quando scrivo, impossibile stabilire una data. Narcisismo ed esibizionismo sono le ragioni invece, il motore diciamo, e una certa quantità di tempo libero tra un turno e un altro di lavoro. Se avessi un doppio lavoro non scriverei.

DC:Quando dove e come scrivi? Com'è la tua giornata tipo?
GS: Lavoro in un call center e scrivo quando non sono là, ma in realtà il lavoro funziona come campionario umano, un postalmarket di miserie che la gente mi spedisce a domicilio. La raccolta di materiale è importante.

DC: Si dibatte spesso se si scriva per sé o per gli altri. A quale ''scuola di pensiero'' appartieni?
GS: Da malato terminale di narcisismo, scrivo di me per gli altri, pertanto attraverso in diagonale le due scuole di pensiero. Io sono uno di quelli che comincia ogni frase con Io.

Pausa. Vado a sciacquarmi la tinta. No. Non sono bionda.
Sono rossa. La tinta permea lo spessore delle prossime domande*...

DC: I tuoi personaggi sono vivi-vividi e vividi anche da morti - parole asciutte e drammatiche. Attingi alla specie (dis)umana che ti circonda?
GS: Sì, prendo in prestito dettagli, comportamenti e da là metto su una storia. Al massimo impiego mezz’ora per storia, finito il tempo dove si arriva si arriva, non sono un perfezionista. Delle volte faccio delle domande alle persone che mi sono vicine, ma in linea di massima origlio le conversazioni nella metropolitana oppure alla posta, poi passo tutto nel tritacarne e scrivo le storie. Mi piacciono gli anziani perché parlano ad alta voce e non ti devi sbattere per ascoltarli negli autobus. Le storie migliori sono le tensioni familiari, le liti con i generi per questioni di soldi sono le mie preferite.

DC: Ho letto sul tuo sito che sei in cerca di un editore. Ci racconti la tua esperienza nel mondo letterario/scrittorio italiano?
GS: Ho molto materiale che sto cercando di compattare e includere in raccolte. Internet resta il mio mezzo preferito anche per cercare case editrici. Ho pubblicato delle cose, in genere materiale passato per il mio sito. Sono un blogger, mi piace il tempo zero tra scrittura e messa on line e feedback. Ogni tanto mi prendo del tempo, come adesso, e scrivo delle cose più lunghe, destinate potenzialmente a case editrici e forma cartacea per la comodità di leggere duecento pagine non al monitor. Inoltre il libro provoca una sospensione che il monitor di un blog non può riprodurre perché mentre leggi controlli la posta, facebook, le partite su livescore ecc.

DC: Fai progetti per la prossima scrittura o viene da sè?
GS: Faccio dei progetti, ma in linea di massima non li rispetto, quindi scrivo di cose e personaggi che emergono per entropia e che sopravvivono alla lotta darwiniana delle idee, alla confusione e alla mia mancanza di memoria del breve periodo. Questo genere di amnesia è fondamentale nella mia scrittura, diversamente finirei di scrivere di cose che mi ricordo veramente, invece sono solo frammenti amplificati dalla sedimentazione. In linea di massima è tutto falso.

il domandone DC: Com'è il rapporto di Gianni Solla con l'italiano medio? pare, nelle forme ricorrenti, nella grammatica semplificata, nel pensiero scarnificato - emergere il tuo spirito investigativo, analitico. Che riesce a essere disponibile, verso il lettore e verso il personaggio, attraverso il filtro ironico. È una finzione di italiano medio? dove tracci la linea di demarcazione? Come è il tuo italiano medio ideale? La città elegiaca su cui vorresti aprire gli occhi il mattino?
Le Interviste Scomode Su blog2piazzeGS: Questa risposta necessita di un artifizio retorico e di una rielaborazione: com’è il rapporto dell’italiano medio con Gianni Solla? Immagino che l’inversione dei fattori non dovrebbe modificare il senso della domanda, tuttavia dato che non ho nessun parere, è meglio sondare quello degli altri. L’italiano medio non esiste, se per medio non viene inteso mediocre. Esistono le persone con le loro paure (l’unica paura che deve essere tale è quella della morte, le altre immagino derivino tutte da questa) e dalle loro paure penso si evinca il pensiero della morte e della vita e della sopravvivenza. Alcuni mi aggrediscono, quando sono in macchina per esempio, altri mi lasciano passare perché pensano che io possa aggredirli, altri sono gentili perché così evitano il conflitto. L’ironia è un continuo processo di inversione dei fattori che cerca nella tragedia il ridicolo. Ci vuole intelligenza per ricreare l’artificio, ma anche paura di qualcosa perché si senta la necessità di ironizzare.

Non cerco stereotipi o archetipi, cerco di rifarmi al mio materiale che risiede nei miei ricordi e che le mie scarse capacità mnemoniche alterano, pertanto è tutto inventato, sia negli eventi che nei modelli di rifacimento. Tutte i posti hanno in sé i caratteri della commedia e della nostalgia e delle loro infinite sfumature. Come la guardi al mattino, dipende da cosa hai bevuto la sera.

Grazie Gianni!



Uno dei miei racconti preferiti di Gianni Solla è

BLUES IN FA MINORE


"Che belle gambe che c’hai Laura”.

“Davvero dici, non sono diventata vecchia, io bella non lo sono stata mai”.
Le accarezzai un poco la guancia e facemmo l’amore. Il letto per le botte sbatteva in faccia al muro e con il tempo l’intonaco si era crepato in determinati punti. Venni sul lenzuolo e con un lembo mi pulii.
“Sono contento che tu sia ritornata, la casa stava andando in malora”.
“Mi dispiace, non me ne andrò mai più”.
Laura mi accarezza i capelli mentre le tenevo la nuca sul grembo. Con le dita mi faceva i riccioloni sui pochi capelli che mi restavano.
“Per le due settimane che sei stata via non ho fatto nulla in casa, avevo deciso di lasciare marcire le cose, di far scadere il latte nel frigo e pure di far morire il gatto di fame. Per dieci giorni la bestia non ha avuto croccantini e a bere beveva da sotto alle fontane che per fortuna sua non si chiudono bene. Guarda come si è fatto secco, c’ha le ossa del torace tutte da fuori”.
“Ti prego non raccontarmi queste cose”.
“Adesso non te ne andrai di nuovo da quello, vero?”.
“Te lo prometto che non ti lascerò più”.
“E’ stato un inferno. La notte c’avevo dei bruciori che sembravano lampi dentro alla pancia e certi incubi tutte le notti m’assalivano. Mi sognavo dei diavolacci che mi tenevano per le caviglie e poi mi lasciavano cadere in un fosso nero e profondo e il sogno era così reale che sentivo l’odore della terra umida dentro alle narici”.
“Ti prego smettila”.
“Penso che quei sogni in un certo modo erano i miei sensi di colpa che prendevano forma che s’incarnavano dentro ai diavolacci e poi la caduta simboleggiava lo sprofondare dentro alle viscere della terra, all’inferno per le cose di male che ho fatto. E quale punizione più giusta in fondo, se non quella di perderti”.
“Non ti lascerò mai più, né te né il gatto”.
“Il gatto non ti è mai piaciuto”.
“Anche lui mi è mancato, in fondo tutti e tre siamo una famiglia”.
Mi alzai dal letto con il coso moscio in mezzo alle cosce e andai verso la cucina. Le piante dei piedi restavano attaccate al pavimento per il sudicio che si era ammassato e quando si staccavano facevano un rumore di ventosa. Arrivai al frigorifero a prendere un bicchiere d’acqua. Il freddo del frigorifero mi fece gelare i peli sulla pancia. Ero messo male, ma adesso che c’era Laura bisognava fare qualche cosa, non potevo lasciare che se ne andasse di nuovo con quello. Sotto agli occhi c’avevo delle rughe profonde, al centro della testa non c’avevo più capelli e pure i denti stavano marcendo. I due grossi davanti a toccarli un poco si muovevano per non parlare di quegli altri sul fondo della bocca che erano neri. Presto avrei dovuto mettere qualche schifoso dente finto in bocca e per lavarlo avrei dovuto estrarlo e sciacquarlo sotto al lavandino facendo attenzione a non farlo cadere dentro al buco dello scarico. Tutto ci avevo perso dentro al buco dello scarico negli anni, e anche il dente finto ci sarebbe caduto dentro andandosi a congiungere con il resto delle cose che avevo perduto. Forse gli operai delle fogne tenevano le mie cose dentro ad una scatola e prima o poi me le avrebbero recapitate. Bevvi il mio bicchiere d’acqua e ritornai verso la stanza da letto. Lungo il corridoio mi prese di nuovo quel crampo di angoscia dentro allo stomaco perché in fondo lo sapevo che Laura se ne sarebbe andata di nuovo con quell’altro. Lei pure non stava messa tanto meglio di me. Sotto al collo c’aveva una ruga grossa e le guance le si stavano scavando sulla faccia. Per difendersi dalla morte a lei veniva facile di scappare dentro al letto di qualcun altro, poi le venivano i sensi di colpa oppure la ricacciavano e Laura se ne tornava dentro al letto mio. Mi prometteva di non andarsene più e poi se ne andava per un mese, oppure tre mesi come l’anno scorso quando mi telefonò da Genova per dirmi che tra noi era finita e che era andata a stare con uno. Mi staccò il telefono mentre piangeva a dirmi che le dispiaceva che era stata una decisione sofferta ma che bisognava farlo per il bene di tutti e due, specie per il mio che non mi meritavo una cosa così, che proprio non me lo meritavo. Restai attaccato al filo del telefono pensando che Laura fosse rimasta in silenzio e che non c’aveva più niente da dirmi. M’accorsi che aveva staccato da dieci minuti e il silenzio siderale che s’era creato sembrava quello delle viscere della terra, dello spazio infinito, dello spazio tra un elettrone e un altro dentro agli atomi. Rientrai dentro alla stanza da letto e lei se ne stava di schiena, con il lenzuolo sopra al culo che oramai se ne stava scendendo. Forse con il tempo Laura non sarebbe più stata la bella donna di un tempo e sarebbe diventata mia per sempre. Stava quasi dormendo, forse nella fase rem perché le palpebre le sbattevano forte e sbatteva anche i denti. Lo faceva sempre prima di addormentarsi. Chissà se anche gli altri uomini le sapevano tutte queste cose di Laura.






mercoledì 23 dicembre 2009

Riproposta "Superamento algebrico" - di Roberta Oss

Ripropongo come anniversario tutto nostro, che scivoli via da quelli triti di questa stagione, un bellissimo racconto di Roberta Oss.


Si parte dal presupposto che l’amore non ha confini. Tale ipotesi va ricordata per tutto il racconto.


C’era un uomo, vestiva colorato, molto colorato, talmente colorato da essere malvisto. Usava il rosa, il verde pisello, il giallo. Com’è noto, superata una certa età, il buongusto non permette più colori negli abiti. Tutti erano beige, grigio, nero, bianco, marroncino…lui era fucsia, canarino, azzurro. Stava spesso solo a pensare e a ripensare al suo grande amore. Nelle vene gli scorreva un grande amore, gli irrigava il cervello ed il cuore ogni mattina. Gli dava l’energia di un giorno di cerimonie. Il suo però era un amore quasi impossibile, si vestiva colorato appunto per fare in modo che quando la sua amata lo avesse visto lo avrebbe notato...

Era innamorato del numero 4, 4 scritto in numero e non in lettere proprio per sottolinearne il concetto matematico. Aveva sempre avuto la passione per il 4, ci pensava di continuo. Di tutte le cosa faceva gruppi di 4. Trovava il 4 ovunque, nei paesaggi, nei quadri, nei volti…Uno dei primi numeri, ancor prima del 5, che è comunque un cubo, una somma, è pari e puro. L’uomo colorato amava il 4. Ma come fare per incontrarlo? Non facile. Lui, però, aveva una teoria: cambiare la dimensione. Forse, si diceva, le dimensioni sono come lastre parallele in fila. E tutto ciò che c’è al loro interno risulta da fuori come disegni di fluidi, luci e lente esplosioni in un acquario bidimensionale nel buio del nulla. Il nostro mondo, i pomeriggi visti dalla finestra che non torneranno mai, i palazzi in periferia ripetuti 4 a 4 come dejavu, i giorni, il pane lasciato sul tavolo al crepuscolo mentre la luce nella stanza scende e tutto diventa buio senza far rumore, le attese con l’ansia nello stomaco, le attese con l’ansia nel cuore, i baobab secolari su cui nascono le scimmie - 4 enormi rami, 4 scimmie su ciascun ramo -, i pensieri inutili che ti distraggono da chi vuoi essere, le molle arrugginite nei materassi delle discariche, i linguaggi incompatibili, i granchi infreddoliti sugli scogli bagnati dal mare nella notte…tutto un insieme di fluidi variopinti in una piastra trasparente allineata a mille altre, governate tutte quante da un demiurgo assente ed illuminato.

Dunque l’uomo colorato, forte della sua teoria, progettava come saltare da un acquario all’altro.

Però come fare il salto? Come si fa a saltare fuori dalla dimensione contingente? Come scindere la strategia in tattiche, e poi le tattiche in azioni?


Primo tentativo.

Si mise a bere.

Teoria. Il suo ragionamento era che stordito dall’alcol lui sarebbe saltato fuori dal suo corpo in coma etilico ed avrebbe percorso il tunnel nero verso la luce bianca, e lì in fondo, ad attenderlo, il 4 sarebbe finalmente stato suo, per fondersi poi come Dante ed il paradiso.

Pratica. Si mise a bere tristemente a casa, da solo, in cucina. Una piccola cucina silenziosa con la luce artificiale.

1, 2, 3, 4, bicchieri, la testa gli girava, poi altri 4 bicchieri… rovesciò la bottiglia, sul pavimento si disegnò rapida una macchia porpora, barcollò a fatica fino al divano. Accese la tele: il volume era altissimo e lui non ricordava più come abbassarlo, continuava a schiacciare il tasto 4. Arrivarono a suonare i vicini. Lui era livido ed interrotto. La vicina era una donna grossa, spumiglia molle con gli occhi come chiodini fissati in faccia, la bocca piccola e rossa era un rubino in fuoco pieno di parole acute ed assillanti che le uscivano dalla bocca caotiche ed aggressive come le montagne russe. Gli chiese, con la cortese spocchia del mediocre, di fare meno rumore…lui col dito al cielo e gli occhi asimmetrici biascicò qualcosa di insolente, lei aggrottò gli occhi, mani sui fianchi e bocca aperta, dunque lui più oltraggioso, e via dicendo… La conversazione andò avanti con toni sempre più accesi e ricordi sempre più confusi….

Svegliandosi il giorno successivo, in preda ad un mal di testa incomparabile, trovò la spumiglia al suo fianco: amara rinoceronta nuda e sudata, con la bocca sformata nel rosso.

Il primo –disastroso- tentativo era fallito.


Secondo tentativo.

Passi lunghi nel corridoio senza fine, l’albergo isolato in una pianura sperduta sotto le stelle silenziose. Un esercito di porte a destra e uno a sinistra, ma lo sguardo è risoluto ed il passo calcato. Un gorgo di numeri da ogni lato: sussurrano, bisbigliano, lo spiano. Ma tra tutti i numeri non c’è il 4.

Apre la porta numero 37, e dentro nulla, buio, rumore di frigo che ronza e di legno dei mobili, solo un senso di mancanza che spreme via la linfa dai muscoli; da lì sarebbero scappati anche gli spettri.

Apre l’85: una donna pallida, rugosa e scarna è seduta sul bordo di un letto da bimbo. Vestita da hostess rosso-blu succhia un enorme leccalecca fatto a spirale bianca e nera, dagli occhi della donna le pupille escono come fili di liquerizie nere che lentamente disegnano mulinelli nell’aria: la donna lo guarda, poi lei ed i suoi occhi serpe si voltano dall’altra disinteressati e tristi.

Nella 203 una famiglia di obesi, madre, padre, figlio di 8 anni e ragazza di 16, tutti grassi, disgustosamente grassi, imbalsamati in una tuta da ginnastica come protesi davanti ad un megaschermo che proietta una cascata di cioccolato fuso riverso su un maiale con il grugno cacciato in una torta alla panna. La sedicenne tonda lo guarda e sorride maliziosa, perché forse lei ha un’idea, sì lei ha un’idea, ma non succede nulla. Lui chiude la porta dietro di sé.

Stanza 93, non ci sono finestre, c’è solo una persona di schiena che salta qua e là, sembra stia ballando, ma in realtà sta scrivendo a macchina, una macchina da scrivere enorme, lunga 2 metri, poggiata sul pavimento; per scrivere una lettera bisogna calcare sul tasto (che è grande come un bicchiere) con entrambe le mani. Smette di scrive, si gira affaticato, ansimando e lo guarda. Si guardano. Ma lo scrivano è concentrato, assorto nel suo mondo, e di certo non può essere d’aiuto, così l’uomo colorato esce senza far rumore.

Stanza 132, apre la porta e quasi precipita! Baratro nella notte oltre lo stipite. La porta da sullo strapiombo, lo spazio è immenso, è come se la porta dal nulla si aprisse sul cielo cupo di un dipinto, e in fondo c’è il mare, il mare che cento metri sotto sbatte sugli scogli fragoroso. L’uomo resta in ammirazione dell’acqua, ne ascolta il rumore, il canto ripetitivo. Le stelle sono poche e la luna è un sorriso accennato. Rimane all’entrata del dipinto marino in attesa di un dolce qualcosa, odorando l’aria di mare. L’aria di mare ancora un istante, l’altalena di stelle ancora un momento. Sale umido nelle narici, evoca e trasporta lontano, ipnotizza gli atomi e chiude gli occhi. Ma l’aria cambia odore. Il sale s’intreccia al sapore di carne. Un flutto più forte degli altri. Un rumore distinto. Le onde si sfasano. Qualcosa si muove sotto la superficie, sembra enorme, immenso, emerge, una massa che sale dagli abissi. Affiora fragorosamente, il boato, il rumore che fa tremare i denti e la cassa toracica…ed ecco l’orrore, la tachicardia, il panico, superati solo dalla curiosità di vedere cos’è; cosa blocca i muscoli, la paura o la curiosità? Eccolo che arriva, l’uomo trema, sbarra gli occhi, urla. Chiude la porta di scatto, tutto finito, ora solo un corridoio silenzioso ed interminabile.

L’indirizzo dell’albergo delle Miracoli l’uomo colorato lo aveva trovato scritto sulle pareti di una cabina telefonica, la gente in generale sottovaluta le scritte che ci sono per strada.

Secondo tentativo fallito



Terzo tentativo

I due primi tentativi di arrivare al 4 avevano una cosa in comune: erano concepiti come un percorso, una ricerca dinamica, fasi successive. L’uomo immaginava che per uscire dalla sua dimensione avrebbe dovuto spostarsi, trasferirsi…risultato: fallimento. Pertanto forse la vera soluzione stava nell’immobilità, nell’ascetismo al di là dei sensi. Collassare inerti, saldati all’epilogo di sé, stanchi contro vento con le palpebre che svengono, turchese sotto gocce di assenzio che piano piano scompare in una pozza, attendere speranzosi la primavera come fa una stalagmite in Antartide. Attendere e attendere e attendere, pensando in continuazione che ormai non succederà più nulla perché è troppo che non succede nulla, ma rimanendo sempre con una specie di speranza acida nello stomaco.

Quando non c’è soluzione finché l’inferno non ti manda un angelo a cui compri un momento di evasione gioiosa in cambio del purgatorio e di una fetta di coscienza. E dunque ecco forse la soluzione: il sonno. Il sonno profondo di chi non si sveglia con il terremoto. Inabissarsi nel torpore mentale, filo d’erba risucchiato nel vortice senza pensieri.

Dunque l’uomo colorato attese la notte, abbassò le tapparelle, s’infilò il suo pigiama rosso arancio e verde e si mise a letto. L’intenzione era prendere coscienza di sé nel sonno. Svegliarsi durante il sogno, creare lì un mondo frutto della sua volontà onirica in cui attendere il 4 per il resto del tempo.

Ma era nervoso, la sua testa era popolata dalle scale di Escher e lui non ne usciva, perso nei corridoi a rincorrere il letargo. Si sciolse nelle paranoie di chi non riesce a dormire, si incastrò in riflessioni senza fuga, finì lanciato da ragionamenti sterili in pozzi neri, ed ogni volta che gli sembrava di perdere razionalità rinsaviva dall’emozione e non dormiva. Notte insonne senza futuro.

Il giorno dopo si alzò cotto con gli occhi caldi. Lavò svogliatamente i denti, a stento la faccia, si vestì (meno colorato del solito) ed andò in città: il frigo era vuoto e la fame chiamava. Prese l’autobus per qualche fermata, era pieno di gente scontata e discorsi sentiti. Scese pigro sbuffando. Che nebbia quel giorno. Si avviò verso il supermercato schivando gli sguardi. Salì le scale di pietra rosa che conducevano alla piazza principale. Guardava per terra, contando i ciottoli, 4 poi altri 4, dando poco peso alla strada, era sempre la stessa da anni.

Camminava, immerso nei suoi pensieri, disorientato, la città non gli interessava e gli sembrava quasi confusa. Alzò lo sguardo: di nuovo le scale per la piazza principale. Avanti. L’edicola, la fermata dell’autobus, la fontana fatta a conchiglia, le scale… pieno di scale, nebbia e luce ora. Rimaneva abbagliato ad ogni raggio di sole, anche se non era veramente sole…era luce. Confondeva le persone con le statue ed i rumori con le ombre. Scale e vicoli. L’edicola, la fermata dell’autobus, la conchiglia. Vide qualcuno venirgli incontro deciso: un piccolo e giallo pachiderma ciondolante con i capelli lunghi. Era la 16enne obesa dell’albergo dei Miracoli. Vestiva con un completo canarino e scarpe arancio ed era tonda, gustosamente tonda, anche gli occhioni neri erano tondi. Sorrise lenta e dolce in controluce. Gli disse che all’albergo dei Miracoli, se voleva c’era una stanza tutta per lui, perché sapevano tutti che aveva perso il sonno quella notte, ed in quella stanza avrebbe dormito bene…la numero 4.

L’uomo non se lo fece dire due volte.

Seguì la ragazza. Prima per strada; poi si addentrarono attraverso una specie di vicolo, sbucarono e trovarono scale, scale infinite, sovrapposte e disordinate. Luce bianca nella nebbia, abbagliante, corridoi, chiocciole e vicoli dalle alte pareti, il bianconiglio era un canarino gigante, che muoveva lento come una ninnanna, una nenia ripetitiva come il dondolare di una culla…ma che percorso strano quello…a seguire un ombra gialla nel niente…con riverberi che occultano la vista…e foschie indulgenti…le scale ed il dondolare….si stava realmente muovendo? Chiamò la ragazza che procedeva senza sosta, lei si girò e sorrise, era piena di piume dorate ora ed il suo sorriso era sormontato dalla sua proboscide elefantiaca, ma era molto dolce e aveva negli occhi la luce e la spirale. L’uomo, quindi, non si oppose e continuarono il percorso. Quant’è bella un’ossessione per chi ne ha una, solo chi non ne ha mai avute pensa che sia da malati. Quanta compagnia fa un’ossessione, c’è solo lei splendida nella notte, grande come il mare, ripetitiva ed infinita come le sue onde. A cos’altro puoi giurare fedeltà sinceramente.

D’un tratto la guida si fermò: disse all’uomo che doveva proseguire da solo e volò via gracchiando sgraziata, perdendosi nella foschia.

Era solo, nel nulla di una pianura di sabbia. Il cielo era biancoarancio nebbioso. All’orizzonte in lontananza si vedevano strane cose volare nell’aria, come goffi scatoloni di metallo con le ali, ed esplosioni, erano bombe o fuochi d’artificio? Si accorse che avrebbe potuto sceglierlo lui, si accorse che stava sognando…sognava cosciente. Inaspettatamente all’orizzonte vide una nave arrivare verso di lui. La prua d’oro e le vele rosse e leggere come papaveri, cascate di papaveri che occhieggiavano al vento. Solcava le sabbie lentamente. Si avvicinava e non arrivava mai.

L’uomo sentì d’un tratto qualcosa come un urlo sott’acqua, ma lì per lì gli sembrò solo nelle sue orecchie. La nave era ferma davanti a lui. La polena lo guardava, la polena era un piccolo baobab nodoso da cui emergeva il volto di una giovane donna, ed era stata la polena a fare quell’urlo, ora cantava soavemente acuta.

Lui era immobile attendeva chi doveva scendere dalla nave, sentiva un vagone delle montagne russe in fiamme che dallo stomaco gli correva in gola e ritorno. Sentiva le vene pettinarsi dalla tensione.

Scese dalla nave il 4. Scese dalla nave il 4. C’era, davvero, c’era. Il 4 che scende da una nave che solca il deserto è proprio così come uno se lo immagina. Si guardano. E ancora si guardarono.

Lui si perse negli occhi del numero e tutto si fece vortice attorno…un istante dopo erano nella stanza numero 4 dell’albergo dei miracoli. Era una stanza da letto di un albergo tedesco, tutto in legno di ciliegio e tendine rosse e bianche. E i due amanti l’uno di fronte all’altro si lasciarono finalmente andare, nell’incredulità del 4, che da anni cercava quell’uomo colorato saltando da una dimensione all’altra.

Epilogo

L’uomo colorato si svegliò e la tristezza lo prese, era sveglio, dunque non più in contatto con l’amata…

Si accorse però che era sveglio in un letto di ciliegio, e che qualcuno dormiva al suo fianco. Scostò le coperte, e trovò il 5, il 4+1, il 5 è un 4 incinta tutto sommato con una grossa pancia gravida davanti. Perché come se diceva all’inizio, si parte dal presupposto che non ci siano limiti all’amore.


Roberta Oss

martedì 22 dicembre 2009

calamità

Traffico aereo, automobilistico e ferroviario bloccato, D'alema che propone accordi con Berlusconi e il vertice di Copenaghen che fallisce. 
Ma soprattutto Ilaria D'Amico che lascia la TV.

domenica 20 dicembre 2009

Trento malsana

Nella classifica della vivibilità stilata dal Sole 24 ore quest'anno come spesso vince una città del nord di una regione autonoma: Trieste.  Trento è al quinto posto. Uno in meno dell'anno passato ma comunque un'ottima posizione al cui confronto Agrigento, un centinaio di posti più in basso, pare un inferno.
A Trento c'è lavoro, molti laureati, servizi. E allora come mai non è prima? Perchè c'è anche un'altra classifica in cui Trento primeggia: l'incidenza di tumori.
Buona settimana bianca.

venerdì 18 dicembre 2009

ciclo e biciclo: la giustizia a un bivio

Confessiamo di non seguire molto i casi di cronaca nera. Tra i motivi c'è che l'enigmistica ci ha sempre visto fallire e il risultato esatto di un'operazione matematica ci è sempre solo parsa il tiro a dadi di un biscazziere professionista, nulla di più.
Amanda, dopo il delitto di Perugia fu interrogata per quattordici ore. Incolpò un extracomunitario e al posto suo pur di una tregua non avremmo esitato a incolpare Gatto Silvestro o qualche odiosa zia di terzo grado.
Starà in carcere venticinque anni. Tra gli argomenti dell'accusa l'aver avuto diversi amanti.
Sui pedali della bicicletta di Stasi i periti dissero di aver trovato tracce di sangue; che il ragazzo spiegò con le mestruazioni della vittima. Ulteriori indagini pare abbiano escluso che quello sui pedali fosse sangue: Stasi quindi aveva trovato una giustificazione ad un un fatto che non era neanche successo.
Che vuol dire?
Che la giustizia, come dice un personaggio di Sciascia, è un ingranaggio, in cui il professarsi innocenti ha la stessa pertinenza che avrebbe farlo da parte di un pedone che venga investito.
Forse è ora di accendere i fari, e rallentare.

giovedì 17 dicembre 2009

PD: Pende a Destra

A Roma gira da sempre la barzelletta del romanista che in punto di morte, per sapere che c'è un laziale in meno, come ultima volontà chiede di cambiare bandiera.
Alle regionali, per il Lazio, il Pdl candiderà Renata Polverini. Sindacalista portata alla ribalta da Ballarò, quando interviene parla di pensioni, cassa integrazione, salute, scuola.
Pare che l'opposizione abbia in animo di candidare la Melandri: bionda, elegante, un passato a New York, qualche estate al Billionaire.
Come per Rutelli, il Partito Democratico a Roma ha sempre chiaro come riuscire a perdere: candidare uno di destra.
Che sia lo stesso stratagemma del romanista in agonia?

mercoledì 16 dicembre 2009

vedi alla voce "incidente di Sarajevo"

L'assassinio dell'erede al trono dell'Impero Austro-Ungarico e della moglie produsse un grande shock in tutta Europa, e ci fu inizialmente molta simpatia per la posizione austriaca. Il governo di Vienna vide in ciò la possibilità di sistemare una volta e per tutte la percepita minaccia proveniente dalla Serbia.
(www.wikipedia.it)

martedì 15 dicembre 2009

ed è subito Sera ...



















ROMA - Giovedì arriveranno sul tavolo del Consiglio dei ministri due proposte: una che intende inasprire le misure anti-contestazione alle manifestazioni, l'altra per valutare l'oscuramento dei siti internet che inneggiano all'odio. (Corriere della Sera)


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un martire

il 15 dicembre di 40 anni fa Giuseppe Pinelli, anarchico,  precipitava dal quarto piano della questura di Milano. 

lunedì 14 dicembre 2009

Siamo tutti squilibrati...



... ognuno come gli viene.
Qualcuno psichicamente, altri analmente...

"C'ho un bruciore al sedere che è roba da matti" - diceva a nessuno una signora bionda che ho incrociato stamattina in centro a Bolzano - "Mi faccio il bidet con l'acqua fredda, eppure..."

la foto è presa qui

domenica 13 dicembre 2009

golgota, provincia di Foggia

Immaginate di nuotare, risalire in superficie, respirare e inabissarvi nell'oceano, poi nel Mediterraneo. Con una decina di compagni di viaggio. Immaginate di pesare qualche decina di tonnellata ma di saettare tra le onde, giocare, cacciare. Finchè vi infilate in Adriatico. Qualcuno dice che tutte quelle buste e quel mercurio gli sembrano strane, qualcun altro fa l'esperto e dice venitemi dietro che conosco un posto dove si mangia bene. Invece l'acqua è zozza e il fondale basso, troppo basso: vi graffia la pancia, vi s'impiglia la coda. Vi dimenate, vi contorcete, niente. Più vi agitate e più vi impantanate. Vi ritrovate col muso all'aria, col sole che vi brucia e solo qualche onda che di tanto in tanto vi deterge dalla sabbia che il vento vi deposita addosso. Ogni tanto arriva anche qualche gabbiano, e dopo un pò neanche agitare la coda serve a scacciarli. Alcuni dei vostri compagni di viaggio agonizzano, il capobranco forse è già morto. E voi non riuscite liberarvi. Ci avete provato ma ora a digiuno, spossati, vorreste solo che quel rumore di onde a cui dagli abissi non facevate caso, cessasse. Invece sentite la parola camion e sulla spiaggia arrivano dei bestioni. Caricano le carcasse dei vostri compagni, ma pesano troppo e i camion per poco non si rovesciano: rinunciano. Le loro carcasse iniziano a corrompersi davanti a voi, che invece date spettacolo, perchè altre bestie si mettono in posa e si fanno fotografare, sullo sfondo di un mostro, come vi chiamano. Così aspettate. Che tutto finisca. Torturati come Polifemo da Ulisse, solo che stavolta si chiama Prestigiacomo, una specie chiamata ministro, la quale dice che dosi per far terminare il supplizio in Italia non ce ne sono. E morite, finalmente, mentre sentite questa parola, Italia, e vi convincete che forse non è un bel posto dove vivere, di certo un pessimo posto dove morire.

sabato 12 dicembre 2009

anche i ricchi sbadigliano

Gli imprenditori rischiano, ci mettono il capitale, col pericolo di perderlo; così ci ripetono da anni. Eppure con la Parmalat gli unici a rimetterci sono stati i risparmiatori. Di Tanzi si stanno trovano capolavori per milioni di euro in mezz'Italia. 
Ma allora, se un imprenditore non lavora - a parte sfruttare quelli che lo fanno per lui - e non rischia, cosa fa dalla mattina alla sera?
De Benedetti, Moratti, Pirelli, come passano le giornate?
Cari milionari, a parte consultare questo blog, come ingannate il tempo?
 

martedì 8 dicembre 2009

Legghi, signor edicolante, legghi....

Gentili amic* blogger e bloggheresse,

vi sottopongo una questione per cui sto ruggendo con vari edicolanti di Trento:



il mensile ''IL maschile del sole24ore'' riporta testualmente (ogni mese con la data del caso, ovviamente; sia in copertina che all'interno):
Venerdì 4 dicembre in abbinamento obbligatorio con ''il sole24ore'' 1,50 euro (1,00 euro quotidiano + 0,50 euro ''IL'') - Da sabato 5 dicembre solo ''IL maschile del sole24ore'' 0,50 euro.
Son già due mesi che alcuni edicolanti a Trento non me lo vogliono vendere da solo e/o mi fanno ramanzine o arroganti concessioni. Oggi mi son messa a litigare - che pareva tirassi sull'euro, e gli edicolanti ''Basta! domani glielo rimandiamo indietro, basta! va bene, Lei se vuole dare la Sua interpretazione e lo vuole se lo prenda!!''


Legghi, signor edicolante, legghi....?
Mi sembra un caso curioso, quasi fantozziano.
Per me, le indicazioni del giornale significano che - nel mese di dicembre - da oggi fino al prossimo numero è possibile acquistare il solo mensile, al costo di 0,50 euro.
E' dawero così, o hanno ragione gli edicolanti che me lo vogliono vendere assolutamente - o soltanto alla data di uscita in edicola, o insieme al quotidiano in qualsiasi altra data?

Voi come ''interpretate'' le indicazioni di vendita?
Vi è mai successo un episodio analogo?
Avete voglia di provare a comprarlo e raccontarci come va?

Attendo con curiosità! Grazie, buona serata
DC

lunedì 7 dicembre 2009

immacolata concezione

occhio all'autografo.

uso personale del blog



Da DC a Poldino
- Famme ride' -

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domenica 6 dicembre 2009

malelingue

Dopo più di un mese e circa un voto al giorno il sondaggio a lato ci dice una verità che nel frattempo i fatti hanno confermato: il vero macho del centrodestra è Alessandra, in arte Mussolini, che difatti, non appena è stata accusata di una relazione con un uomo ha immediatamente negato, protestando. I contendenti sommano meno voti di lei. Spicca comunque il titolare dell'ufficio scoop cui vengono recapitati i video più compromettenti degli avversari di Berlusconi, quel Signorini che già dal nome dimostra di non essere, di non poter essere, specie dopo il family day, sposato.

spettacolo "Lettere contro la guerra"

Il Gruppo Naturalistico Le Tracce propone uno spettacolo di beneficenza
“Lettere contro la guerra”
liberamente tratto dal libro di Tiziano Terzani
con Gualtiero Bertelli (cantautore),
Mirko Artuso (attore di cinema e teatro) , Simone Nogarin (chitarra) e
Domenico Santaniello (contrabbassista)
Domenica 6 dicembre 2009 ore 16.30
presso il Teatro Accademico di Castelfranco Veneto
Entrata a offerta cartacea Il ricavato sarà devoluto per un progetto contro le mine antiuomo in Afghanistan Vittorino Mason e Piera Biliato

Torino 7-12 dicembre: Settimana internazionale del turismo responsabile

Riceviamo e volentieri pubblichiamo
La CISV, organizzazione non governativa con sede a Torino, in collaborazione con l'Associazione Italiana Turismo Responsabile (AITR), organizza, nell'ambito della campagna di sensibilizzazione europea TRES (Turismo responsabile e Solidale), la "Settimana internazionale del turismo responsabile", dal 7 al 12 dicembre 2009. Una settimana densa di appuntamenti, alla quale prenderanno parte oltre cento organizza-zioni impegnate nei settori del turismo e della cooperazione, in rappresentanza di almeno 15 Paesi. Tour operators, Ong, associazioni del Sud del mondo e di migranti residenti in Italia, enti locali fra cui Regione Piemonte, Provincia e Città di Torino, agenzie dell’Onu quali l’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT) e il Programma per il Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD), UNOPS, Università, convergeranno a Torino per dialogare sul futuro del turismo responsabile e sul suo ruolo nelle strategie di sviluppo sostenibile. Un convegno internazionale, due corsi di formazione, l’assemblea annuale di AITR e la presentazione in anteprima del kit didattico sul turismo responsabile realizzato dal progetto TRES, sono gli ingredienti di una settimana di dialogo su un “altro” modo di viaggiare e conoscere il mondo. * L’evento prevede, da lunedì 7 a giovedì 10 dicembre, la realizzazione di un corso di formazione sul turismo responsabile, al quale assisteranno operatori delle ong, funzionari di enti locali impegnati nella cooperazione decentrata e portavoce della società civile dal Sud del mondo. * Giovedì 10 dicembre si terrà inoltre un corso sulla certificazione turistica, collegato al progetto EARTH (European Alliance on Responsible Tourism and Hospitality). * Venerdì 11 dicembre, presso l’Aula Magna dell’Istituto “Avogadro”, in via Rossini 18, si svolgerà un convegno internazionale dal titolo “Turismo e Lotta contro la Povertà”. Sono previste quattro sessioni di lavoro: la prima dedicata al confronto tra gli attori della cooperazione internazionale sul tema del turismo come strumento di lotta alla povertà; la seconda dedicata al contributo in materia delle Università; la terza sul ruolo delle associazioni di migranti nel co-sviluppo legato al turismo responsabile; la quarta dedicata alla responsabilità sociale di impresa. * La settimana si concluderà sabato 12 dicembre con il Forum Italiano del Turismo Responsabile, promosso da AITR, previsto presso la “Casa della Mobilità Giovanile e dell’Intercultura”, in corso Venezia 11, a Torino. Gli eventi della “Settimana internazionale del Turismo Responsabile” rientrano tra gli obiettivi del progetto TRES (Turismo Responsabile e Solidale Europa), una campagna di educazione e informazione, cofinanziata dall’Unione Europea, grazie alla quale un consorzio di ong europee promuove il turismo responsabile e la costruzione di relazioni solidali tra i popoli.
Per info Associazione Italiana Turismo Responsabile (AITR) Ufficio Stampa: Alessandro Berruti Segreteria: Via Moro 16, Bologna. Tel: 051-509705 Web Site: www.aitr.org E-mail generale: info@aitr.org E-mail Uff cio Stampa: alessandro.berruti@alice.it

sabato 5 dicembre 2009

no italiani day

In quella scenografia da medioevo che è l' Italia che una ragazza venga definita come un diavolo con gli occhi azzurri in quanto libertina e non condannata al rogo è un anacronismo: un Giulio Cesare col telefonino, insomma. Se Amanda knox andava condannata bisognava farla scortare dagli armigeri sulla pubblica piazza o al grande fratello e poi riservale, in diretta, la fine di Giovanna d'Arco.
Perfetto invece per ricreare l'atmosfera dei Pali e delle contrade il sindaco di un borgo vicino a quello del colpevole dell'omicidio della donna trovata con le mani mozzate: ha dichiarato di essere sollevato dall'aver appreso che il copevole non è uno dei suoi compaesani ma del borgo distante ben 9 km.
Nel frattempo Cucchi, pare ormai certo, si è spento serenamente tre l'affetto dei suoi ematomi.
Questa la tesi di polizia penitenziaria, carabinieri, infermieri, medici e infine giudici che se lo sono visto presentare già malconcio e senza fare domande lo hanno rispedito dai suoi aguzzini.
Decine di persone che si sono voltate dall'altra parte.
E che magari oggi pensano: ma quant'è cattivo Berlusconi!

venerdì 4 dicembre 2009

no al no Berlusconi day

Ma davvero tutto dipende da tale Spatuzza? Un pentito che dice di aver compiuto un "bellissimo cammino" di recupero e che ora si è dato alla teologia?
Che Berlusconi sia mafioso o no ci interessa meno del prossimo San Remo. La fedeltà di Andreotti alla mafia è stata accertata in un aula giudiziaria e il divo dal suo scranno di senatore a vita continua a decidere per noi. Anni fa il Popolo della Libertà in Sicilia vinse in 61 colleggi elettorali su 61: o la mafia non contava nulla o aveva fatto l'ein plein.
Ma cos'è dopotutto, la mafia? Una lobby fra le altre, dopotutto. Che riscuote il pizzo e amministra la giustizia. Che ha più appoggio popolare dello Stato, ammesso che se ne possa distinguere. Spesso si dice che bisogna combatterla, nessuno dice chi ne prenderebbe il posto. Un'altra lobby, con rituali diversi e medesimi fini.
Che sia Montezemolo o De Benedetti. Un altro padrone, che come tutti gli altri in nome dell'azienda ammazzerebbe: con l'inquinamento o sotto una pressa.
Chi va al No Berlusconi day, dice ancora sì al capitalismo night.

Una forchettata di poesia

Quanta poesia c'è
nel metro quadro su cui striscio in ciabatte
tra la caffettiera e i maccheroni che hai lasciato ieri sera?


Nel buio delle sei,
scosto la tenda.
Il silenzio nevica.



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giovedì 3 dicembre 2009

bis! Anzi no.

Ogni tanto una buona notizia: l'ultimo disco di Giusy Ferreri, in cui la vincitrice dell' X factor di un paio di anni fa canta "Il cielo è sempre più blu", non vi verrà recapitato a casa. Pare non sia neanche obbligatorio comprarlo. Ascoltandola dalla sua attuale postazione, l'autore non potrà che confermare, ora per esperienza, la verità di quel titolo e l'impossibilità di ogni confronto.
Qualche versione non originale mica male in giro però c'è.
Ne segnaliamo una poco nota:" Prima di partire per un lungo viaggio", cantata dalla voce degli Stadio, Gaetano Curreri, invece che dalla vezzosa Irene Grandi, sentita da un altoparlante dentro una stazione, è in grado, da sola, di far poggiare la valigia, farla dimenticare e montare sul primo vagone che capita.

il grande tranello

E pensare che c'è gente che ancora pensa alla mafia. Persone che si danno da fare contro l'inquinamento, o la povertà. Invece di pensare alla cose serie. Come le nomination del Grande fratello. Gli amori, le congiure, le carezze e i cazzotti tra dieci trentenni a petto nudo sono le cose che ci tolgono il sonno. Noi che piuttosto che la situazione degli immigrati seguiamo il sedere della Marcuzzi, noi che invece di perdere tempo dietro i dati della disoccupazione votiamo con un sms il nostro mito da confessionale.
Tuttavia, un modo per coinvolgere quei reietti che perdono le serate a portare coperte ai barboni o a manifestare contro la guerra ci sarebbe. Ai nostri ragazzi del grande fratello, già impegnatissimi a bisbigliarsi le opinioni degli autori, perchè non li facciamo confezionare vestiti da mandare ai bambini di Rio? Perchè non dare un premio a chi raccoglie più ortaggi per gli operai in cassa integrazione, perchè non li impieghiamo a dare una mano nell infermerie delle carceri?
Se non serve a pensare, il grande fratello, serve esattamente al suo contrario.
O no?

mercoledì 2 dicembre 2009

il nonno dell'aspirante figlio di papà

Celli, l'uomo che nella foto cerca il pelo nell'uomo, è prestigioso professore di un'università privata. Ha di recente pubblicato una lettera aperta in cui invita il figlio ad espatriare: qui in Italia, di meritocrazia non ce n'è abbastanza. Non lo commenteremo. Lo hanno già fatto in tanti. Chi gli ha dato ragione, chi dell'ipocrita, chi dell'opportunista. Alberoni lo ha invitato a dare un'occhiata a cosa siano i giovani di oggi, prima di desiderare di vederli all'opera. A cosa serva il merito al figlio di un professore universitario oltretutto sfugge. E in effetti, che i ragazzi cresciuti a latino e fiumi della Padania siano in grado di concorrere con quelli di New delhi è tutto da verificare. Concordiamo peraltro con Celli che per trovare qualcosa di cui essere fieri dell'Italia dobbiamo rimontare a Poppea. Ma quello che ci interessa è altro: la fregatura generazionale che ricorda le pubblicità in cui si vede una fuoriserie guidata da un manager con tanto di bionda. La parola "prestigio", che ha fatto desiderare a ogni padre una scrivania per il figlio e che ora spinge l'uno e l'altro a sfruttare l'ucraina che deterge le natiche al nonno. A vent'anni dal crollo del muro, guardate in testa a chi cadono, i calcinacci.

martedì 1 dicembre 2009

“Nostra Signora dei calzini” Ironia e dissacrazione al femminile, Roma 1 dicembre

Martedì 1 dicembre ore 21:00 al Fanfulla 101
(Zona Pigneto, Roma) 


Alessandro Morera presenta
"IRONIA E DISSACRAZIONE AL FEMMINILE":

“NOSTRA SIGNORA DEI CALZINI”
Una serata di poesie, mollette, fili stesi e…. calzini


Ci sarà un buffet etnico con aperitivo



“Nostra signora dei calzini” è il libro che raccoglie le poesie di ALESSANDRA RACCA.
È però anche il titolo del reading-presentazione che nasce a partire dalle poesie del libro.
Protagonisti assoluti, del libro e del reading: i calzini.

Il reading: “Ci sono cose nella vita che uno ci pensa su.
Cose pesanti e cose leggere. Ti capitano e hai bisogno di fermarle un attimo, di condensarle, appenderle e così appese guardarle: una dopo l’altra, finalmente lineari, semplici, come panni stesi…
....perciò è così che faccio: ho un filo di lana rossa e tanti calzini, ho cose da raccontare per ognuno di questi calzini, ho delle poesie.

Racconto cose che mi sono capitate, leggo pensieri in forma di poesia e li appendo, con le mie mollette di legno, al filo di lana rossa.
Quando il filo è pieno di calzini che penzolano, tutti le possono vedere queste cose: quelle cose della vita che ci penso sempre su”


Ideazione, testi, lettura: Alessandra Racca nei panni de la Signora

fatti abbracciare, dai, non fare l'essere umano!

In quella terra piena di noiose sorprese che chiamano Trentino è in vendita il calendario delle cacciatrici. Bionde vestite solo di cartucce? Doppi sensi a cavallo di una doppietta? Pecorine in cerca d'uccelli? Magari.
I mesi del 2010 per chi comprerà questo calendario saranno scanditi da cacciatrici vere o almeno verosimili: nulla di venereo, ancora meno di venusiano, molto di venatorio.
Vecchioni cantava " prendila tu, quella che fa il leasing".
E la bracconiera, chi se la piglia? Il tesoro che si accomoda nel letto e ti racconta di quel bel cerbiatto finito con un colpo in fronte chi la vuole?
Pigliatevela, ma appena s'addormenta, fatele lo scalpo e appendetelo al muro.
PS: A pensarci bene, se fate lo stesso con i cacciatori, va bene lo stesso.