martedì 12 giugno 2007

Ridi pagliacciooooo

L'altra sera sono stata a teatro: spettacolo del comico trentino Lucio Gardin. Salvo qualche scenetta su una rete televisiva locale e una rubrica (che non ho mai letto), su testata provinciale, non lo conoscevo. È stato molto divertente – già a metà spettacolo mi doleva la mascella dal ridere, e alla fine, la testa. Ma con la pesantezza che mi contraddistingue, stamattina mi rode il tarlo, che mi fa interrogare sulle dinamiche di questa comicità nostrana. Che peraltro qualcuno mi aveva descritto come scontata e meccanica.
Gardin fa ridere i trentini parlando al loro ombelico. Talvolta un po' più giù, con una banale e volgarotta comicità genitale che non gli fa onore. Cassiamo la parodia delle donne al volante e l'imitazione dei veneziani. Il resto, mi ricorda una regia berlusconiana – come quando il Cavaliere con bandana intona canzoni partenopee e riesce comunque a trascinare le folle. Come il Cavaliere, c'è in lui una scintilla geniale e da vero businessman: un intero teatro è tornato a casa ieri notte felice di essere stato paternalisticamente sputtanato. E avevano persino pagato! Sospetto fortemente che Gardin possa ridere dei trentini in quanto trentino. Non scomoderei Pirandello, ma ho il sospetto che mi potrebbe spiegare perché certe critiche e battute sono ammesse solo da chi appartiene, per legame di sangue, "alla famiglia". Se sul palcoscenico ieri a sbeffeggiare i trentini, ci fosse stato un romano o un napoletano, credo avrebbe rischiato il linciaggio. Invece, battendo le mani, spellandoci i palmi e scuotendo le chiome, noi riconoscevamo nella macchietta del trentino affetto da orsite, abulia, falsa modestia, conformismo e ipocrisia, pettegolezzite vigliacca ed acuta, un altro: il vicino di casa, il collega dell'ufficio, la siora del supermercato… – "ma io no, mi no son cosita, osti……., e se anche in qualcosa mi riconosco, comunque non è grave, anzi, la fa propi rider!!" . Insomma, una risata consolatoria. Prudentemente, Gardin si è accertato che in sala non ci fossero romani, milanesi, toscani e napoletani. E sul palco di un piccolo paese di una piccola valle nel profondo nord-est dello stivale, questo comico regionale che racconta com'è Roma, Napoli e Firenze, (calcando molto sullo stereotipo nazional-popolare), ha il sapore acre e polveroso di certe novelle medioevali che studiavo al liceo , dove predicatori e teatranti ambulanti si fondevano, raccontando del mondo di villaggio in paese in villaggio, vendendo piume d'angelo e miracolose sacre reliquie.

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