mercoledì 21 novembre 2007
Schiava della moda – Lettera aperta alla mia collega
Chi : una simpatica collega 35enne
Cosa : Chi può dirlo?
Quando : possibilmente sempre e comunque
Perché : per essere alla moda
Dove : Val di Non > Altopiano Fai della Paganella
Un bracciale di vistosa e tintinnante bigiotteria: 190,00 €. Jeep nuova: 42.000€ , vestito firmato per il matrimonio della collega: 800,00 €. Prossima mossa: convincere il fidanzato (studente lavoratore!) a comprare un'Audi da 30.000€.
Tacchi delle scarpe tarati sulla lunghezza esatta dei pantaloni dei 10 tailleur che hai nell'armadio. Tutti, rigorosamente, firmati. Abbonamento annuale a Vanity Fair. Seratone al Sartori's di Lavis (!). Jeans per i nipotini di 5 e 7 anni da 120,00€ a botta (quanto tempo passa prima che siano fuori misura?).
Non è uno spiccato senso estetico, che ti muove a queste spese. Non esibizionismo o vanità. Sei volgarotta ma simpatica; e il fisico ti aiuta: staresti bene con qualsiasi cosa e sei piacevolmente sopra le righe. Fra me e me, ti chiamo "La Scimmietta", da tanto sei buffa e caciarona. Per te, l'importante, è essere alla moda.
Giovedì mi hai raccontato di Sara, la tua amica che studia e lavora part-time, a 600,00€/mese. Circa 150.00€ vanno in benzina. Il resto in spicce e quotidiane voluttà. Dove il portafoglio di Sara non arriva, interviene il fidanzato. "Sara veste firmato, veste sempre molto bene", hai concluso con convinzione.
Sono rimasta così allibita – da questo abile e inconsapevole schizzo, fresche pennellate di imbecillità, da non aver trovato parole per rispondere!
Non importa se le scarpette di tweed vi fanno male, la vita bassa a dicembre a Andalo ti dà il mal di reni. Non ti dice Vanity Fair che la pochette di Louis Vuitton - quest'inverno imprescindibile - stride con il giorno trascorso in un ufficio che sembra un gelido bunker, in un paese popolato solo di operai dall'occhio lubrico e la pelle sudata incollata al multistrato di pile? La pausa pranzo nel parco con quattro vecchiette in ciabatte e l'unico bar per un cappuccino come il porto di vecchi embriagoni odorosi di malga?
O forse è da questo che ti vuoi distinguere? Ti guardo con tenerezza, mentre sospetto fortemente che il tuo comportamento, instillato da tua madre in tutte e 3 le figlie, nate e cresciute in un paese di mezza montagna e 300 anime, nasconda ansia da prestazione. La voglia di lavarsi di dosso la puzza di campagna, l'etichetta di "nonesi tirchioni". A volte mi sembra di sentirti raccontare le soap opera, Dynasty e Beautiful, e sorrido.
Il mondo a valle è talmente andato avanti che è quasi più chic fare i freakettoni alternativi, snobbare le marche, mangiare cous cous con le mani, seduti per terra a piedi nudi incrociati sotto il tavolo.
Oggi ti ho comprato il bigliettino per gli auguri di Natale: è di carta prodotta con cacca di elefante. È questa, mia cara, la nuova frontiera della " chiccheria" – quella della nicchia snob che mangia slow e Fa' la cosa giusta! sciabattando in Birkenstock fra Cuba e il Brasile a fare del turismo responsabile!
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