sabato 17 luglio 2010

«Sì, sono arrivato finalmente in questa capitale del mondo!... Attraverso le Alpi tirolesi son passato quasi di volo... L'ansia di arrivare a Roma era così grande ed aumentava talmente ad ogni istante, che non potevo più star fermo, e a Firenze non mi son trattenuto che tre ore. Eccomi ora a Roma, tranquillo, e, a quanto sembra, acquietato per tutta la vita... Tutti i sogni della mia giovinezza ora li vedo vivi; le prime incisioni di cui mi ricordo (mio padre aveva collocato in un'anticamera le vedute di Roma), ora le vedo nella realtà e tutto ciò che da tempo conoscevo, di quadri e disegni, di rami o di incisioni in legno, di gessi o di sugheri, tutto ora mi sta raccolto innanzi agli occhi, e dovunque io vada, trovo un'antica conoscenza in un mondo forestiero. Tutto è come lo immaginavo e tutto è nuovo. Non c'è che una Roma al mondo ed io mi trovo qui come un pesce nell'acqua e vi nuoto e galleggio come la bollicina galleggia sopra il mercurio, mentre affonderebbe in qualsiasi altro fluido. Non ci deve abbattere il pensiero che la grandezza è passeggera; ma piuttosto, riflettendo che il passato è stato grande, dobbiamo acquistar coraggio per produrre anche noi qualcosa di notevole, che a sua volta, anche quando sarà caduto in rovina, ecciti i posteri a una nobile attività, come non hanno mai mancato di fare i nostri predecessori». Lo ha scritto Goethe, che non passò da Bergamo, non lo ha detto Totti. E nemmeno Asterix. I “soldini” della Padania potrebbero essere impiegati, piuttosto, per pagare le multe delle quote latte. O no? (www.ilmessaggero.it)

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