martedì 15 gennaio 2008

Vieni c'è una strada nel boscoooooooooooooooo

Vieni c'è una strada nel bosco, il suo nome conosco Vuoi conoscerlo tuuuuuuuuu? Cantava maliziosa una canzone d'altri tempi. Non vi dirò il nome del bosco, ma ciò che vi accade quasi ogni giorno intorno alle 2 del pomeriggio. Siamo ad A., nota località turistica a ca.40 km da Trento; ogni giorno, da ottobre, dopo pranzo faccio una lunga passeggiata sul limitare del bosco. Fuori stagione le passeggiate intorno al lago deserto sono alienanti. In ottobre e novembre il paese è spesso squallido e desolato e mi chiedo che ci faccio lì. Le condizioni atmosferiche scandiscono i miei incontri: con il sole tornano a spasso anche gli anziani; quando piove o tira vento mi imbatto solo in due ragazze sportive e qualche signora straniera. La neve di dicembre ci ha fatto cambiare percorso. E rompere il ghiaccio. Così, da qualche settimana, faccio staffetta dal tavolo da pranzo all'imbocco del bosco, dove incontro Ana. La riconosco dalla giacca a vento colorata. Piccola e robusta, circa 40 anni, la faccia tonda e lunghi capelli biondi. Il resto è a Bucarest: il cuore, bisogno di soldi, un bravo figlio studioso di cui è molto orgogliosa e un marito che nell'attesa lava i piatti e fa il bucato. Le ore di Ana trascorrono badando a un'anziana che non parla, intervallate ogni tanto dalla degnazione dei parenti della vecchia, che l'hanno assunta e non le fanno gli auguri di compleanno. I mesi in Italia sono scanditi da vari gradi di sfruttamento. Da 500€ a 700€, da 800€ a 1000€ e un contratto: "Io voglio il meglio per mio figlio. Lui è bravo, studia, ha i voti fra il 7 e l'8, sta imparando anche l'inglese!", mi racconta Ana con gioia. Stronzaggine senza età Ieri ero in ritardo e invece di Ana ho incontrato sua nipote: Nicoleta. Viene da una piccola città, ha 24 anni, è qui da uno; a casa una bimba di 3 anni l'aspetta e mangia pappa condita di mondi lontani, ciccia e sacrifici arrosto. Me l'ha mostrata in foto sul telefonino. Nicoleta ha due ore al giorno per prendere aria e non sbiellare. Non ha giorno libero, neppure la domenica; torna in Romania una volta all'anno e qui bada due anziani. La vecchia non brilla per simpatia. Talvolta non le lascia guardare la televisione e le vieta di uscire la sera. "Che stronza la vecchia!" dico a Nicoletta – "capisci "stronza", vero?" le chiedo sorridendo. "Sì! – fa lei – "Anche la nipote lo dice. È venuta l'altro giorno. Si voleva sedere mentre aspettava di andare a lavorare, ma la vecchia le ha detto no, perché mi disturbi. Vai a fare una passeggiata. E non l'ha lasciata stare a casa sua una ora a riposare. Allora la nipote è venuta con me e tutto il tempo mi ha detto che la vecchia è stronza e non vuole diventare come lei". Tu chiamale se vuoi, emozioni Queste passeggiate suscitano strane emozioni. Sono felice di incontrare Ana e Nicoleta: anche io sono straniera ad A. In quell'ora siamo persone, non badanti straniere né operatori turistici. Mentre le ascolto, a volte penso "che vita di merda fanno qua". Senza pietismi, le vedo strette in barriere linguistiche, asfissiate dalla mancanza di riguardo delle persone con cui abitano e lavorano. Mi stupisco del quotidiano sacrificio, della tenacia nel resistere alla solitudine e alla noia. Non so come curino l'infinita nostalgia. Credo frughino nella disperazione e nel bisogno in cerca dell'antidoto. Vi capita mai, prima di alzarvi, di rotolare fra le coperte pregustando di abbracciare il vostro ragazzo? Ana, per 330 giorni all'anno, quando si alza non trova il marito, ma un culo di vecchia da pulire. Miasmi, odore di vecchio, dentiere e pannoloni; domeniche rinchiuse in casa d'altri, forse davanti alla TV, in un paese dove non conosci nessuno ma tutti sanno chi sei e ti hanno etichettata: lo capisci quando facce nuove ti chiedono come sta la vecchia. Non chiedono mai come stai tu. Spigolature Mi chiedo se – al posto loro – ce la farei. Quanto ci impiegherei a dire o capire una frase in rumeno, senza averlo studiato? Quanto dovrei amare mio marito o mio figlio, per buttarmi in una vita del genere? Troverei tenacia nella gravità del bisogno? Forza nello stipendio? Non avendo risposta a queste banali domande, non me la sento di speculare oltre e affondare nella paludosa fenomenologia dell'emigrazione. Mi limito a darvi appuntamento alla prossima: osservatorio privilegiato su fatterelli di chi assume badanti ad A.

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