martedì 5 febbraio 2008

Fioretti moderni

Parlare di ambiente e della sua tutela, fare gli impegnati, i responsabili, è diventato di moda.
Spesso di facciata. Facile riempirsi la bocca di generiche affermazioni ed intenti. Da Al Gore con il suo (discutibile) “documentario”, volàno di ritrovata fama politica e di Premio Nobel, alla Commissione giustizia e pace, troviamo un interesse trasversale per l’ambiente e una sollecitazione a ridurre il nostro impatto su di esso. Benissimo. Proprio la Commissione giustizia e pace, (che mica lo so chi è, ma siccome il giornalista de L’Adige non me lo spiega, la lacuna dev’essere mia) propone per il 6 febbraio, mercoledì delle ceneri il “digiuno dall’auto in quaresima”: l’anno scorso riflettevamo su come l’uso dell’auto nella situazione attuale è (sic) fonte di stress, e, ciò che è peggio, strumento per sentirci persone importanti, che sanno affrontare la vita, che riescono ad essere davanti agli altri (…)”.

Dunque l’auto come fonte e strumento di peccato, superbia, autodeterminazione, gratificazione, soddisfazione e vanagloria del nostro super-io. Evidentemente, rifletto, se la preoccupazione centrale è un uso smodato dell’auto, tutto il resto è a posto. Penso all’amore per il prossimo, la fame nel mondo, la lotta allo sfruttamento, un aiuto ai senza dimora…. Da un giorno all’altro, vivo nel migliore dei mondi possibili, circondata di anime pure e belle …. tutto è risolto e manco me ne ero accorta! Evidentemente lavoro troppo e non sempre seguo il TG.


Vado oltre, e trovo nell’articolo un altro spunto interessante: l’astinenza dall’auto viene proposta anche come strumento di salvaguardia dell’ambiente; nel nome dell’amore per le future generazioni. E qui, a dire il vero, “mi perplimo”: sarà, ma se mi guardo intorno, a volte tanta ciancia sulla salvaguardia delle generazioni future mi sembra una scusa, un’astrazione e un modo per svicolare dall’amore e concordia con i vicini di casa, i concittadini stranieri, la responsabilità sociale della morte di un senza-tetto, l’aberrazione degli stupri di gruppo e dei neonati nei cassonetti, degli anziani turlupinati e rapinati in casa. Tutto contemporaneo, simultaneo alle nostre esistenze; pulsanti disagio e sofferenza proliferano, sono fra noi.
Mi sorge il dubbio; forse una riflessione più seria della rinuncia all’auto fino al 23 marzo potrebbe indurre a volgere lo sguardo verso l’altro. E la vista sarebbe insostenibile. Dopo aver visto, guardato, conosciuto, toccato, ascoltato indigenza-sofferenza-disadattamento-povertà, non puoi chiudergli la porta in faccia, sciacquarti la coscienza prendendo l’autobus. Le future generazioni che erediteranno il pianeta, invece, forse non le incontreremo mai: facce anonime, vite future, presenze meno scomode. Insomma, sospetto che risalendo in auto per ripararci dalle piogge di fine marzo, il ronzio del traffico ci aiuterà a dimenticarle.

Un saluto perplesso,
La Donna Cannone

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