lunedì 4 febbraio 2008

Tallone di bue con patate flambè

Usciti dal sottobosco delle angherie che avviluppa Ana e Nicoleta, le vediamo dirigersi al lavoro, tornare fra mura domestiche estranee. Rivolgiamo lo sguardo al paese: viuzze e pertugi contrattuali, piazzette su gàbole scaltre. Personaggi come i datori di lavoro di Ana e Nicoleta stanno appollaiati sul caldo pagliericcio di piccole o medie imprese locali, nel nido delle famiglie più ricche del paesello. Come altre località turistiche, anche C. pare il gioco del Monopoli: rami della stessa famiglia posseggono bar, hotel, pizzerie, appartamenti per locazioni turistiche, lavanderie, negozi di articoli sportivi e abbigliamento, noleggi di vario genere. Invidie e diatribe fra cugini e fratelli alimentano i pettegolezzi del paese, fratelli e sorelle si stringono nell'impresa escludendo mogli e mariti. Piccoli paesi divisi da una striscia di prato, biotopo o vecchio pasturo, si contendono turisti, riserve di acqua, km di piste e fondi provinciali. Spalle al muro (dell'ignoranza)…… "Caught between a rock and a hard place" cantavano i Rolling Stones per significare un difficile stallo. Così tanti conterranei di Ana e Nicoleta impiegati qui sono schiacciati da poca umanità e oppressi da sfruttamento. Anche nel magico mondo alberghiero. Dietro il sipario, registi dell'economia dell'hotellerie smascheriamo presto ipocrisie, mentalità ottuse e refrattarie alla conoscenza, al confronto e alla professionalità. Purtroppo molte realtà che vantano in brochure patinate gestione e trattamento famigliare, cordialità, ospitalità e coccola al cliente, viste da vicino sono meno affascinanti. Le moine sono riservate all'ospite pagante. Non importa se la chiacchiera si scioglie come cerume nell'orecchio disattento su un cranio che annuisce; se dopo la partenza scivola fuori per sputtanarti con la segretaria. Sfuggente, compiacente, ammaestrato. L'albergatore, sovente, con una mano asciuga lacrime di autocommiserazione e con l'altra attinge ai fondi provinciali.
…. o salto nello strapiombo (dello sfruttamento padronale)? L'alter ego dell'imprenditore alberghiero piagnucolone è spesso altezzoso; il potere economico o politico lo ha abituato a sentirsi superiore: ai compaesani più poverelli, allo straniero villeggiante, spesso considerato un sempliciotto da spennare, e al personale dipendente, (per qualificato che sia). Quando è molto ricco o potente, infatti, con l'impresario edile, l'impiantista e il dottore, gode della compiacenza nel paese, dove nessuno se lo vuole inimicare, che non si sa mai e pertanto spadroneggia impunito. Si narrano bieche vicende di aiuto-cuochi, camerieri e lavapiatti stranieri asfissiati dai ricatti: stipendi di 500€/700€ al mese per 10-12 ore di lavoro al giorno e i documenti trattenuti dal datore di lavoro. Per cena gradisce femore di pollo o tallone di bue? Registriamo l'episodio di alcune famiglie estere che chiedono di cambiare hotel per scarsa pulizia e cibo stantio. Ribatte il proprietario dell'albergo "è meglio se se ne vanno, tanto gli stranieri non li vogliamo. Rompono sempre le palle. L'è mejo averghe sempre 'taliani". E ancora: alla richiesta di un cliente straniero di avere del prosciutto a colazione l'albergatore risponde "Non ti capisco. E comunque sei in Italia, devi parlare italiano". Ho sentito albergatori consigliare ai colleghi di comprare pandori, panettoni e formaggi in scadenza, con cui omaggiare i clienti durante le feste; "tanto vara che i fa tuti così e te risparmi!". Forse il maître che non sapendo l'inglese si tocca l'anca, i polpacci, il petto o la coscia per spiegare il menù della sera agli ospiti stranieri, invece è un fuori-classe. Infatti, quando ho proposto all'albergatore di tradurgli i menù, mi ha risposto con sussiego "grazie, ma ci arrangiamo ben". Vieni a ritrovarti in Trentino? Buone ferie.

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