Dirmi "buon natale" equivale a dirmi "ho visto un UFO": guardo stupita il mio interlocutore, senza sapere cosa rispondere. Per me, natale non ha valenza religiosa. E se l'avesse, mi riterrei offesa di tanto smaccato paganesimo capitalista. Quest'ultimo mi urta ugualmente, poiché lo ritengo un'offesa all'intelligenza. Per fortuna siamo quasi al capolinea dell'annuale tripudio della spesa inutile e della pantomima degli auguri. Quest'anno ho colto l'occasione di nuovi colleghi e conoscenti per informarli che non festeggio il natale, ergo non mi facciano regali né auguri (né se li aspettino).
Psicopatologia della regalistica Siccome non ho mandato una circolare, ai colleghi dell'ufficio che sta nell'altro edificio, la notizia non era giunta ad A., che lavora nell'ufficio distaccato. Teoricamente, nulla osta un rapporto di buona colleganza, ma causa lontananza, orari, mansioni e vite diverse ci siamo scambiate circa 20 parole in 3 mesi. Dunque 1) non mi aspetto un regalo di natale da A., (non ci conosciamo) 2) non ipotizzo che si senta in dovere di farmene uno, per non mettermi in imbarazzo con altre colleghe con cui scambia i doni ed è in amicizia da anni. Mio malgrado, invece, trovo un pacchettino natalizio sulla scrivania. Presumo A. abbia ritenuto che me lo aspettassi. Il gesto rivela che – lungi dal ritenermi degna di un eventuale regalo dedicato se un bel dì ve ne sarà motivo, mi ritiene conformista, ipocrita o gretta. Oppure non ha condotto un ragionamento articolato in merito, ma ha agito per automatismo consumistico natalizio. Ritenendo che rifiutare il suo regalino l'avrebbe offesa (forse ho sbagliato), ora devo destreggiarmi fra le ipotesi sulla sua psicologia di consumatrice senza tradire la mia coerenza, trovandomi al contempo in obbligo di comprarle un regalino. Un dono che non so come scegliere, perché non la conosco, che eviterei volentieri e che non servirà a nulla. Ne usciamo entrambe più impoverite e tristemente lontane. Fortunatamente ho fermato in tempo gli altri colleghi. Addirittura, uno, dopo, si è scusato per avermi fatto gli auguri – come se avesse cucinato maiale per un musulmano.
Fiera dell'inutilità Questo è un caso, minuscolo, particolare. Proviamo a moltiplicarlo per decine, centinaia di persone. Per esempio, all'inaugurazione di MediaWorld a Trento: ho letto che il 20 dicembre, (ovviamente la data è stata studiata ad hoc dai direttori marketing dell'azienda), il traffico era in tilt, la gente rigurgitata dal nuovo mega-store vi ha speso 650mila euro! Ovviamente i titoloni dei giornali locali inneggiavano al successo dell'operazione commerciale. A me sembra una scena dei Simpson's. Quanti pensieri, doni e regalini acquistati per "senso del dovere" /rispetto di una tradizione consumistica che ormai nulla più ha di religioso / gara al regalo per non sfigurare (c'è un fantastico slogan "Io regalo Collistar" che ti fa sentire donatore esclusivo, ricercato, ammirato) / gara al regalo compiacente (verso il capo, un collega, un direttore, uno/a che è sempre bene tenersi in buona….) /inerte abitudine
Scendiamo dalle stelle? In un Paese che si vanta d'essere fra i Grandi 8 della Terra, milioni di italiani allevano figli e nipoti nella cieca credenza di personaggi fittizi, quali babbo natale, la befana & Co., rabbuiando le coscienze della nuove generazioni a suon di Jingle Bells, Oh Tannenbaum, Tu scendi dalle stelle. Fermiamoci a ragionare su queste medievalistiche fòle, sul tam tam pubblicitario della "gioia di regalare", sulla falsità di "sentirsi più buoni" (ma che vuol dire???). Sul regalo avvolto nel narcisismo del donatore, sul minuetto della compiacenza. Smascheriamo queste ipocrisie. Abbiate la schiettezza di dirmi, piuttosto, che natale è una scusa per intascare la tredicesima, abbuffarci, fare qualche giorno di ferie, sentire vecchi amici.
Effetto domino Concludo dicendo a chi, come me, non ne può più, che Non festeggiare il natale è possibile. Possibile sottrarsi all'orgia dei regali. Dire alla famiglia, ad amici, conoscenti e colleghi, che te ne chiami fuori. La mia speranza nel dirlo e scriverlo è dare sollievo a chi, come me, finora si sentiva solo e ingabbiato in questa consumistica ipocrisia, ma soprattutto provare ad innescare una reazione: se il mio comportamento sarà imitato, se incomincerà a girare e diffondersi, si ripercuoterà e forse il mondo potrà cambiare.
Ho visto un UFO. Cordialmente, La Donna Cannone
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