lunedì 21 settembre 2009

una bella notizia

Un giornale che nasce è sempre una bella notizia. (ho detto UN giornale, non IL giornale). E noi ce la godiamo. Ogni giorno diritti vengono calpestati, essere umani e panorami avvelanti, cancellati. E domani tutto questo non finirà. Ma ci sarà una voce in più a spiegarcelo. E se le cose si sanno, cambiarle è più facile. "Conoscere per deliberare", è uno degli slogan di radio radicale. Potrebbe diventarlo di ogni organo di informazione quindi anche del FATTO, il quotidiano di Padellaro, Travaglio e altre firme illustri che esce per la prima volta domani. Ci sono le firme, ci sono, ci pare, le idee. Come quella di non farsi dettare l'agenda da nessuno: si parlerà, hanno anticipato, non per forza dell'avvenimento del giorno: perchè ci saranno inchieste. Non siamo fanatici di Travaglio. Chiedere il rispetto delle regole non aiuta a cambiare il gioco. Ma leggendo l'articolo in cui Feltri se la prendeva con Boffo, seppe cogliere, unico a quanto ci consta, tra le righe un avvertimento a qualcun altro. E dopo pochi giorni fu il turno di Fini.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Peccato che Bertinotti ormai sia completamente fuori dai giochi... A rappresentare "la sinistra" è rimasto Travaglio, quello che lavorava a Il Giornale e a Il Borghese, quello che pubblicava intercettazioni di militanti di Lotta Continua che non avevano niente di penalmente rilevante. Così, per il gusto di sputtanare la gente.
Saluti
Gino Cerutti
www.occhiodirovereto.splinder.com

Da http://archiviostorico.corriere.it/2005/ottobre/05/Bertinotti_moralisti_Fanno_male_alla_co_9_051005089.shtml
Fausto Bertinotti non ama le polemiche. E non condivide quelle fatte da Marco Travaglio, che pure ha ragionato al convegno sulla correttezza di alcuni comportamenti dei politici. «Come persona è distante da me, dal mio modo di ragionare. Insomma, non condivido il suo metodo di polemizzare con le persone. Forse perché non amo, in genere, quando ci si muove in un contesto di giustizialismo. In questo modo ci si mette su un percorso molto lontano dalla mia cultura garantista». Perché per il leader di Rifondazione la verità è che «ogni volta che qualcuno si autoinveste del ruolo di censore, di moralizzatore, rischia di fare più danni di chi poi si vuole condannare». Infine, risponde scherzosamente alla domanda che una dipendente gli fa a bruciapelo: «Ma lei cosa pensa di Travaglio?». Il leader di Prc fa un gesto da attore consumato: si alza il polsino della camicia, scosta la manica della giacca di tweed, e poi, grattandosi l' avambraccio, spiega: «No, ecco, non nominatemelo. Perché a sentire il suo nome mi viene l' orticaria».
(5 ottobre 2005) - Corriere della Sera

duhangst ha detto...

Per un giornale che nasce speriamo ci sia "IL GIORNALE" che sparisce..