Basta. A livello. Sulla soglia del trabocco. Vorrei spellare dal suo torpore questa città, tomba dell’energia e del divertimento. Obitorio dell’euforia, del piacere, della goduria. E della reazione. Orto di invidie, pettegolezzi e cattiverie piccolo-borghesi (ma aspiranti miliardarie). Fighe di legno e uomini senza spina dorsale mi attraversano il passo all’ombra del duomo. La noja serale affoga nei frappé alla crema.
Nulla di personale. Pomeriggi in cerca di occasioni e mattine per uffici, passo da una cerbero del tribunale stretta in spalle da Mohamed Alì e uno stipendio non sufficiente a ripagarla dello sforzo di dire buon giorno, a farmacisti pudibondi arricchiti dei nuovi vaccini. Secche commesse altezzose si alternano a donnette dalle occhiaie ripiegate sui nuovi pannolini lavabili. Impiegati schizzinosi, laureati disoccupati e presuntuosi. Studenti inebetiti e comunque privi di curiosità si avventano sulla frittura di cosce - Sboccati strilloni post-moderni vendono corsi di giornalismo partecipativo. Puttana, l'educazione inutile si prostituisce, lacero l'orgoglio, sfondata l'onestà intellettuale.
Me, myself & I
Una vespa accaldata entra nella stanza mentre la doccia scorre senza risciacquarmi le idee. Evito la folla. La mischia di sinistra mi disturba – più aliena di un corteo della lega. L’autoscatto mi rimanda inesorabile una figura anni ’80. Fuori tempo, fuori territorio, fuori genere e specie. Mi appassiono al Guardian, imparando dalle inglesi come indossare il cerchiello ma sogno grandi pianure africane echeggianti degli zoccoli di rinoceronti, donne bufalo e canti popolari che non capirò mai.
Intanto, ogni giorno, qualcuno si spara. Ogni notte un disoccupato decide che è ora di puntare il grilletto. Contro di sé, contro la moglie, contro il figlio, il padre, la madre. Ammalato al punto da non sapere più che il grilletto va altrove – al cuore di chi ha soffocato la tua dignità e le tue speranze. Buono solo a riempire i rotocalchi dell'estate.
Io, sono in buona compagnia. Sola tra i resti di case abbandonate e polvere elettrificata rifuggo le menti storpie. Saluto il coniglio sotto il melo. Immobile, fisso le anatre che si baciano in volo, sul fiume.
Anelo un silenzio preverbale.
3 commenti:
Complimenti.
Un articolo da leggere in un solo fiato!
d'accordo. molto bello. Brava!
Grazie ragazzi. Non è esattamente un dialogo, ma è il meglio che ho saputo mietere, no?
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