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martedì 10 agosto 2010

la parola all'esperto

SALISBURGO - Partecipare alla "ripugnante" Love Parade è "peccato". Morire alla Love Parade 1 è la "punizione divina". Più chiaro di così, il pensiero del viennese Andreas Laun, vescovo ausiliario di Salisburgo, esperto di teologia morale e autore di saggi su Cattolicesimo e amore in relazione all'omosessualità e al rapporto di coppia, non potrebbe essere. D'altronde, non è un caso se la rubrica che cura sul portale cattolico Kath.net si intitoli Klartext, "parlare chiaro". Così Laun mette nero su bianco la sua convinzione che i 21 morti della terribile ressa scatenatasi alla Love Parade di Duisburg lo scorso 24 luglio, costato la vita anche alla giovane italiana Giulia Minola, altro non sia se non il castigo di Dio contro la perdizione di una gioventù impossibile da redimere. (www.repubblica.it)

mercoledì 27 gennaio 2010

Sospiri dal sottoscala: intervista a Madame Urbetzkj



narratrice di racconti erotici
Respirati nelle tue fantasie. Negli anfratti proibiti e nelle crepe di sole. Gustami










Originaria del Triveneto, non ci svela di più sulla sua identità.
DC: Ma almeno ci racconti come è nata questa vena scrittoria erotica?

Le Interviste Scomode Su blog2piazze

 MU: Ci riflettevo di recente. Sul fatto che in fondo non siamo noi a scrivere, ma è la scrittura che muove noi. È un po' come essere abitati da una specie di serpente. La parola è voluttuosa. Si infila nelle nostre dita, si insinua nei lobi dell'orecchio, ti tende fili nella testa a cui appendere parole. Rubate. E poi sguardi. Spiati. Sillabe; pizzi, baci, colori di pelle....
Non saprei dire i percorsi che mi ha compiuto dentro la scrittura. È arrivata per caso e per gioco. Anni fa un'amica – scrittrice - ha iniziato a farmi leggere le sue cose. E poi mi ha trascinata a un laboratorio di scrittura. E poi a un altro. E siccome mi ci sono divertita, l'ho seguita. Nell'ultimo corso ci hanno messo di fronte a un ''progettino''. Dovevamo fare uno schema di quello che avremmo voluto scrivere: come, perché, quando,... Che pesante! Non faceva per me, che ho una "dipanatura ventrale". Voglio dire: le parole mi si agitano nella pancia. Quando sento che cominciano a muoversi devo fermare il mondo, isolarmi da tutto, e cominciare a scrivere. Prima di avere scritto, non so cosa mi uscirà. Le ore scivolano via senza che ne abbia la cognizione e mi ritrovo ad aver cesellato sillabe come fossero creta. 

Lavoro come uno scultore. Ammasso parole, pagine e pagine, e poi tolgo, lavoro per eliminazione, scavo dei vuoti. Fin dove arrivo. Non sempre ci riesco. Avverto il limite di essere me stessa.
Comunque, il porno – o erotico – per così dire, è nato per gioco, come ti dicevo. Come provocazione in un ambientino un po' troppo pettinato, dove rischiavo di annoiarmi. E siccome ci andavo nel mio tempo libero, di annoiarmi non mi garbava. E mi è venuta l'idea di spettinare tutti: un progettino letterarrio di allegri versetti sconci.


Sai che quando abbiamo dovuto leggere tra noi quello che avevamo scritto, la prima volta ero davvero imbarazzata? Anche se eravamo pochi e si era creato un bel clima. Poi, è stata la volta del ''maestro'', di leggere - ad alta voce - i nostri racconti, e sono riuscita ad imbarazzare lui. È stato molto divertente.


DC: Ok. Ma se uno pensa al racconto erotico, di solito non pensa al comico....
MU: No, certo, ma l'imbarazzo iniziale non poteva non esserci, no? In fondo, se il racconto è ben riuscito, da qualche parte ti stimola. E non era certo il caso di trasformare l'aula in un privée.
Seriamente; dal punto di vista narrativo mi sono posta un obiettivo preliminare: evitare il linguaggio trito e ritrito con cui si scrive il sesso. E di non farmi influenzare da quanto è già stato scritto. Volevo (e voglio) cercare di attingere solo a ciò che osservo e raccolgo all'intorno, non dagli scritti altrui. Quindi cerco di non leggere nulla di questo genere. A costo di raccontare banalità. Di non smuovere niente. Il rischio c'è. Il mio intento è scoprire empiricamente le barriere della mia scrittura e man mano andare oltre. Non sono ancora in grado di dire se ci sto riuscendo. Ma mi diverte provarci.


DC: Torniamo al sesso. Come, quando, perché, ti viene in mente di scrivere racconti erotici?
MU: Proprio l'altra mattina stavo riflettendo su questo; mi sono ricordata che quando ero piccola sognavo di scrivere. Non so perché. Avrò avuto 10/12 anni. Mi ricordo un quadernino con le pagine gialle, a quadretti. Avevo iniziato a scrivere una storia. Che mi apparve subito patetica. La classica glassa adolescenziale-amorosa con velleità di messaggistica universale. Sconfortante. Abbandonai subito. Sono passati quasi 30 anni. Mettermi a scrivere ora non è stato un atto di volontà.


Mi sono anche ricordata che – nello stesso periodo – andavo alle medie, scrivevo delle storielline porno, niente di che. Pochi dialoghi, molto spinti, e disegni maldestri con donne con tettone enormi. Erano il mio segreto. Custodito in un armadio. Condiviso con l'amica del cuore. Spostato di volta in volta da una borsa a un sacchetto a un viluppo di magliette. Una domenica mattina (tornata da messa...!) mia madre mi disse, umiliandomi, che aveva trovato quella roba. Odiandola ma dovendo ubbidire, mi mortificai. Mi scusai e promisi che non lo avrei fatto mai più. Per ottenere che non lo dicesse a mio padre. Non so se mantenne la parola. Fatto sta che non ne parlammo più. Ricordo che, sempre in quel periodo, girava voce che una delle ragazze della scuola conservasse un quadernino dove incollava foto di donne nude. È pazzesco, se ci pensi, quanti echi e pettegolezzi dell'intimità altrui ci arrivano.


Ricordare oggi questo brutto episodio deludente e rivelatore della piccolezza pedagogica di mia madre in fatto di sesso, oggi che scrivo "raccontini porni" mi diverte. Sento il pizzico di una allegra e divertita disobbedienza.


DC: Ok. Ci hai parlato della tua "fenomenologia della scrittura", ma non ancora degli argomenti di cui scrivi. E scriverai... Progetti editoriali?
MU: Immagino che raccontare in giro che scrivi racconti erotici susciti curiosità. Che possa essere perfino seduttivo. Forse a qualcuno viene voglia di raccontarmi le sue fantasie, con la speranza di vederle trasformate in una storia. Può essere, ma finora non sono in molti a saperlo. Navigo a vista. E forse, sì, paradossalmente mi affascina più la parola, che la sessualità. Nessuno finora mi ha scritto per raccontarmi le sue fantasie. I miei lettori sono silenziosi. Anche se non mi dispiacerebbe il contrario. Anzi, se posso, colgo l'occasione per invitare chi lo desidera a scrivermi. Naturalmente, sarà mantenuto il più stretto riserbo sull'identità di chi mi scrive.


Per ora mi affido solo al web, con il mio blog. Ma con un amico illustratore stiamo meditando di muoverci diversamente. Vedremo....

Nelle storie riverso fantasie vecchie e nuove, solletico, emozioni, eccitazione passata, puro piacere sessuale-verbale. L'atto è sempre quello. Ok, ci sono varianti variazioni e variabili. Ma, come in altri campi, tutto è già stato detto. E scritto. È il piacere di narrare e di leggere che mantiene in vita la narrazione. Non so cosa scriverò stasera. A chi ruberò uno sguardo domani sull'autobus....


DC: Come ti considera la gente quando racconti di scrivere racconti erotici?
MU: Siccome la cosa mi diverte, di solito lo racconto col sorriso. Qualche tempo fa ero in una libreria che non conosco e stavo cercando il settore della narrativa erotica, senza trovarlo. Rovistavo da un po' fra struggenti romanzi d'amore, quando ho visto un commesso. Giovane e carino, devo dire. Mi sono avvicinata per chiedere dove trovavo la narrativa erotica. La scena di cui ero regista, e protagonista, mi stava divertendo, ma non volevo metterlo in imbarazzo. Lui mi ha dato l'indicazione, tranquillamente, ma a scanso di equivoci gli ho chiesto “C'è anche la saggistica?”
Un amico a cui ho raccontato che avevo comprato dei fumetti porno, mi ha detto che se fosse stato l'edicolante, la cosa lo avrebbe mandato su di giri. Compro anche Playboy, mi piace molto. Ma quando lo leggo in treno, se c'è troppa gente, lo nascondo tra le pagine di un'altra rivista, per non turbare … (i benpensanti). Su, DC, che altro vuoi sapere?


DC: l'annosa questione, ovvio! La sottile linea rossa – di pizzo – in questo caso,  quasi una giarrettiera: dove sta la demarcazione fra ertismo e pornografia?
MU: Domandona! Non sono certo io a stabilirlo. Io non lo so ancora. Sto iniziando ora a perlustrare. Credo c'entrino molto i tabù, l'accettazione sociale, la morale. Di gruppo. E quella individuale. Posso solo citare chi, prima di me, ha segnato il confine nell'espressione di emozioni e sentimenti, presenti nell'eros, e assenti nel porno, inteso come pura carne che si dimena e si sbatacchia. Un po' semplicistico, però...


DC: Avrei un sacco di domande. Ma preferisco lasciare questo spazio a un tuo racconto. - Uno dei primi, giusto? - E per invitare gli amici di Blog a 2 piazze a mandarti le loro domande, se ne hanno, lasciando un commento qui, o sul tuo blog, giusto?
MU: Certamente. Grazie, DC e tutto lo staff capriolante per questa intervista! Ciao





Obliterami

Mi abbasso la gonna, guardo il mare.

Mi ha eccitata per anni, l’orgasmo vietato fra lenzuola da single che relego dopo l’uso tra la biancheria da stirare e i biscotti per cani. E che da qualche giorno mi sorprende anche in ufficio. E dal benzinaio, e alle poste. La fantasia si insinua come un groppo di febbre censurata. Abbrancata allo stomaco, mi annichilisce e addomestica la mia volontà.

Ma oggi. Vestita di bianco in una mattina afosa sul 97, viaggio su un autobus pieno lungo il mare di Napoli. In piedi, accaldata, mi reggo stretta vicino all’uscita. È oltre il Vomero che una mano decisa, insolente, mi alza la gonna. Offesa, sussulto. Ma le dita mi scompongono le cosce. Sanno dove andare. Spostano il pizzo delle mutande e poi si muovono, lentamente.

Lentamente la mano passa sul pelo – il mio - morbido e lo accarezza piano. Ci gioca – lo liscia, lo tira, lo annoda. Lo assaggia. E va oltre.
Un ingombro occupa le mie grandi labbra.
Al bivio tra via Chiatamone e Santa Lucia le sento, golose, gonfiarsi.

Un’arrendevolezza sudata mi scioglie. Sa. Che può. E che deve. Che lo stavo aspettando.

Che mi sporgo a guardare il mare per aprirmi alle sue dita grosse. Fargli snidare un desiderio rapace.

Oscilliamo con gli scossoni dell’autobus, tra lo sguardo di uno scolaretto e le borse della spesa della signora Camilla. Selvatico, mi percorre. La mano mi appaga di un pudore smascherato, senza volto. Sento un fiato corto, via via più mozzo, sul collo. Depredata mi spalanco a un maschio casuale che mi rapina e mi ridona la voglia. Sono bagnata, sono sporca, sono oltre. Estraneo, un corpo aderisce al mio. Avido, spasmodico, mi spaventa mi percorre mi schiaccia mi stringe.

Un ringhio all’orecchio mi dice che è sazio. Ma sono marea - verde selvaggia e provocante e lo trattengo tra le cosce. Prendo l’ultimo brandello forsennato, il mio.

Poi, apro gli occhi e lo lascio andare. La signora Camilla è scesa. Con le buste della spesa svolta l’angolo e scompare. Io non so, con questo caldo, discernere tra carne usata e fame.
Ho scordato i biscotti per cani.

© Madame Greta Urbetzkj Your Web-Mistress 2009



sospiri dal sottoscala.....è il caso di dirlo, visto che oggi presentiamo una autrice (molto in erba) di racconti erotici. È con noi Madame Greta Urbetzkj.

giovedì 7 gennaio 2010

buona notte.....



Cosa non si ottiene oggi con un semplice codicino html.....

Un piccolo pensiero della buona notte per
signore & signorine bloggheresse

DC

domenica 3 gennaio 2010

befane: istruzioni per l'uso

"lo sapevate che nel cunnilingus la parte superiore della lingua e quella inferiore danno sensazioni molto diverse? La parte superiore della lingua è più ruvida per via delle papille gustative, invece quella inferiore è liscia, quindi non concentratevi solo sulla parte alta della vagina, ma spostatevi anche verso il basso, per un piacere più completo, o ancora muovetevi a zig zag, o a semicerchio." (www.altonline.it)

domenica 22 novembre 2009

non ci si può allontanare un minuto!

WASHINGTON (22 novembre) - Ha provato il brivido di diventare papà si può veramente dire ad alta quota. L'astronauta americano Randy Bresnik, 42 anni, uno dei “meccanici” della missione Nasa STS-129 impegnata in questi giorni sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), ha appena fatto in tempo a portare a termine la prima passeggiata spaziale della sua vita quando, rientrato nella stazione, ha avuto questa notizia: «We have a baby». Alle 5:14 del mattino la moglie Rebecca ha infatti messo al mondo Abigail Mae Bresnik.

domenica 25 ottobre 2009

UN SESSO A QUESTA STORIA

Marrazzo viene ricattato e a doversi scusare è lui. Di Berlusconi una ragazza racconta le frequentazioni e i colpevoli sono i giornali.
Bisogna reggersi forte per non seguire la corrente dei mass media, per riordinare i fatti:
1) Feltri (dipendente del fratello del premier) attacca Boffo e Fini per la loro condotta sessuale,
2) quattro carabinieri (dipendenti dello Stato guidato dal premier) che svelano le frequentazioni di un avversario politico del premier.
Sognamo un amore impossibile fra la Binetti e Luxuria: per dare un sesso a questa storia.

sabato 5 settembre 2009

(lo so a cosa state pensando, provincialotti che non siete altro!)

"Sono 67 le persone che si sono suicidate o sono morte per lo shock dopo aver appreso la notizia della morte di Y S Rajasekhara Reddy, primo ministro dell'Andra Pradesh, in un incidente in elicottero nella giornata di ieri.Il figlio del primo ministro ha lanciato un appello chiedendo alla popolazione di smettere di suicidarsi" (www.peacereporter.net)

venerdì 4 settembre 2009

telemorroidi

sintonizzati anche tu su Telemorroidi: il canale, quello vero.

martedì 1 settembre 2009

Una giornata di ordinaria sociopatia

Industrial hardcore -
Foto DC & ADolzan. Il resto della galleria qui e qui
I do get bored in this flat field

Basta. A livello. Sulla soglia del trabocco. Vorrei spellare dal suo torpore questa città, tomba dell’energia e del divertimento. Obitorio dell’euforia, del piacere, della goduria. E della reazione. Orto di invidie, pettegolezzi e cattiverie piccolo-borghesi (ma aspiranti miliardarie). Fighe di legno e uomini senza spina dorsale mi attraversano il passo all’ombra del duomo. La noja serale affoga nei frappé alla crema.

Nulla di personale. Pomeriggi in cerca di occasioni e mattine per uffici, passo da una cerbero del tribunale stretta in spalle da Mohamed Alì e uno stipendio non sufficiente a ripagarla dello sforzo di dire buon giorno, a farmacisti pudibondi arricchiti dei nuovi vaccini. Secche commesse altezzose si alternano a donnette dalle occhiaie ripiegate sui nuovi pannolini lavabili. Impiegati schizzinosi, laureati disoccupati e presuntuosi. Studenti inebetiti e comunque privi di curiosità si avventano sulla frittura di cosce - Sboccati strilloni post-moderni vendono corsi di giornalismo partecipativo. Puttana, l'educazione inutile si prostituisce, lacero l'orgoglio, sfondata l'onestà intellettuale.

Me, myself & I

Una vespa accaldata entra nella stanza mentre la doccia scorre senza risciacquarmi le idee. Evito la folla. La mischia di sinistra mi disturba – più aliena di un corteo della lega. L’autoscatto mi rimanda inesorabile una figura anni ’80. Fuori tempo, fuori territorio, fuori genere e specie. Mi appassiono al Guardian, imparando dalle inglesi come indossare il cerchiello ma sogno grandi pianure africane echeggianti degli zoccoli di rinoceronti, donne bufalo e canti popolari che non capirò mai.

Intanto, ogni giorno, qualcuno si spara. Ogni notte un disoccupato decide che è ora di puntare il grilletto. Contro di sé, contro la moglie, contro il figlio, il padre, la madre. Ammalato al punto da non sapere più che il grilletto va altrove – al cuore di chi ha soffocato la tua dignità e le tue speranze. Buono solo a riempire i rotocalchi dell'estate.

Io, sono in buona compagnia. Sola tra i resti di case abbandonate e polvere elettrificata rifuggo le menti storpie. Saluto il coniglio sotto il melo. Immobile, fisso le anatre che si baciano in volo, sul fiume.

Anelo un silenzio preverbale.

Bauhaus - In the Flat Field

mercoledì 12 agosto 2009

il fascino della topa

MIAMI - Ha molestato la giovane interprete di Minnie al Disney World di Orlando e per questo John Moyer, 60enne della Pennsylvania, dovrà scontare 180 giorni di libertà vigilata e lavorare 50 ore in servizi utili alla comunità. L'uomo, confuso tra numerosi bambini, ha pensato bene di approfittare dell’eterna fidanzata di Topolino. Mentre Brittney McGoldrick svolgeva il suo ruolo di figurante, con addosso il costume da Minnie, si è fatto largo tra decine di giovani ammiratori. Una volta di fronte alla ragazza, non ha resistito e ha interrotto lo spettacolo, saltando letteralmente addosso al personaggio Disney.
(www.corriere.it)

martedì 9 giugno 2009

Non tutto il Malì vien per nuocere....

Una bimba del Malì
La rete siamo noi.
Questo è un appello. A tutti coloro che condividono l’idea di condividere.
Cosa? Con chi? Parte del proprio tempo, risorse o qualche scheo, con chi è meno fortunato. La signora Massitan, un’amica del Malì che risiede in Trentino da 15 anni, in agosto farà un viaggio a casa, cioè Bamako. Ostetrica di formazione, proveniente da una famiglia molto numerosa, Massitan vive e lavora qui per sostenere parenti e conoscenti poveri, in Mali. Di lei potrei dire che è una splendida signora; che racconta miti e leggende, storie di santi e di politici del suo paese. Ma anche di sua nonna che per lavoro praticava la mutilazione dei genitali. E delle donne che al mercato tengono i bambini sotto il sole per ore e ore, senza dargli da bere.
Massitan si aggira tra loro con le sacche di acqua (che lì si vendono a meno di 1centesimo) e dà da bere ai bambini avvolti nella fascia porta-enfant sulla schiena delle mamme – che regge in testa le ceste di arachidi o di frutta. Poi Massitan dice alle mamme “Oggi gli ho dato da bere io, ma tu devi farlo ogni giorno, almeno 4 volte al giorno!” Certe donne la deridono. Non capiscono che i bimbi si disidratano e muoiono. Non lo capiscono neppure quando la disidratazione è causata dalla dissenteria, e per un bambino in pochi giorni può essere mortale.
È sorridente ed energica, Massitan – ha sempre voglia di parlare. Ma - mi ha confidato, raccontare ha un effetto balsamico: la aiuta a scacciare la nostalgia di casa.
Arriverà anche su questo blog un racconto raccolto dalla sua voce, un po’ ruvida e squillante. Adesso, però, è più urgente la richiesta, a chi può raccoglierla, di inviare vestiti e/o giocattoli per bambini in buone condzioni (non soldi), che Massitan porterà con sé in Malì da distribuire a chi ne avrà bisogno (non basterebbero mai, inutile dirlo). Il carico massimo che può portare è di 40kg, dunque diamoci da fare!
Il mio contatto è sempre quello: ladonnakannone@gmail.com (Non perderò tempo a rispondere a chi mi accuserà di mettermi in mostra. Ho cose più importanti da fare).
Massitan ha anche bisogno di un lavoro. Chi tra i nostri lettori in Trentino sa di una posizione di badante o signora di servizio per faccende domestiche o simile, mi scriva. Grazie a tutti. Grazie, ciao. Massitan&DC

martedì 21 aprile 2009

Uno schifo di donna

Le probabilità che la diretta interessata legga questa pagina sono meno di una su un milione. E tuttavia non è motivo per non scriverla. Sabato mattina, a un semaforo in via Chiana, (quartiere Trieste), a Roma, in attesa dell’omino verde dall’altra parte della strada, rispetto a me, c’erano 5 o 6 persone. Tra loro, un signore anziano. L’aria fragile in un vestito panna, lo sguardo appeso al semaforo; assente al mondo e un po’ anche a sé. D’un tratto alla destra dei pedoni, piazzata sui ¾ delle zebre, una signora al volante di un’auto grigia metallizzata, (non ho notato marca né modello), si è messa a far manovra per uscire dal parcheggio.
Gira, volta, sterza e rimetti la retro. A forza di andare indietro si è avvicinata pericolosamente ai pedoni in attesa, finché a un certo punto
stava per investire il signore in abito panna. Mi son messa ad agitare le braccia per allertarlo, e con lui i pedoni vicini. E la guidatrice stessa. Per fortuna, si è fermata. A un pelo dal vecchietto. Mentre attraversavo, le ho urlato di stare più attenta,
che stava per colpirlo.
Interrompendo le manovre la signora ha abbassato
il finestrino e mi ha gridato di rimando che aveva ragione lei,
«perché i pedoni non erano sul marciapiede!»
Ho mandato affanculo la sua faccia tosta arrogante e disumana.
Ma quando ho messo piede all’angolo di via Trieste mi son fermata.
Ero in lacrime per lo schifo che mi ha fatto quella donna.
E allora spero che tu mi legga, Schifo di Donna. E che il tuo menefreghismo borioso sia ripagato con l’indifferenza. Quando? Quando a 70 anni, orba e tremolante, aspetterai sulle strisce che il semaforo diventi verde….

sabato 18 aprile 2009

Butta l’anima in lavatrice

Nel cestone oggi c’ho buttato le palle che ho rifilato a Valerio dall’inizio dell’anno. Me le son tolte di dosso, finalmente, e adesso viaggio leggera. Su questo treno che punta a nord e che mi porta dritta dritta tra le braccia di Giovanni. Il mio nuovo amore….ah! Che felicità! Non saprei dirti, caro diario, cos'è questa morsa che sento allo stomaco. Sarà il desiderio di buttarmi subito a letto con Giovanni?! Mi basta pensare alle sue mani… alle braccia muscolose, e sento un caldino, lì fra le cosce….!

Il sole tramonta dietro le montagne. E su Valerio, rimasto a Roma, all’oscuro di tutto. Speriamo che non mi chiami tutti i giorni, altrimenti che gli dico? Ha detto “va bene”, - lui, quando gli ho detto che forse era meglio non vederci qualche giorno. Ma come, “va bene”???? Se ci teneva, a me, un tentativo di farmi innamorare di nuovo, lo faceva, o no? E poi, comunque, Giovanni me lo ha presentato lui, cioè, quando ha insistito che mi iscrivessi al corso di sci, a capodanno. Io non ci volevo mica andare, ma lui “dai, che così impari!”. Lo giuro, lo giuro, quella settimana non c’ho fatto niente, con Giovanni. E poi, ti immagini, se mi vedevano in giro insieme a lui i genitori di Valerio?!? Mi hanno anche pagato la settimana bianca, non potevo mica sgarrare. Ma adesso…. Insomma, chi vivrà vedrà.
E poi, dopo 5 anni di fidanzamento, non c’ho mica più voglia di stare legata, io. Sono giovane, sono bella, c’ho tutto il mondo davanti a me! Anzi, lo sai che c’ho anche l’appartamento, adesso? Mamma m’ha comprato casa!! – devo finire di arredarla. Ma quando riscendo. Adesso penso solo a godermi questi giorni con Giovanni. Però, come sarebbe bello, se mi venisse a trovare a Roma…. Potremmo fare colazione insieme, gli farei tante foto, gli farei ascoltare i miei CD. Sììììììììì, Sì Sì Sì!! Oh, ma no – ma come faccio con Valerio? E se lo incontriamo? Vabbeh, ci penserò….. Ecco una stazione: RO-VE-RE-TO. Tra un’oretta sono a Bolzano. E questa volta niente pullman. Giovanni mi viene a prendere. Andiamo in Val Gardena. Lui deve finire la stagione, gli manca ancora una settimana. Dovresti vederlo, è il maestro di sci più bravo del mondo! E il più bello!!!!!!!!! Con quel sorriso….. Anche la mamma l’ha detto, che è più bello di Giovanni, quando ha visto la foto. Certo che è proprio un mito la mia mamy – e speriamo che tenga il segreto. Come le mie amiche. Beh, loro mi hanno detto che sono una pazza, ma io dovevo partire. Dovevo! hai capito? Non ce la facevo più a stare lì, a lezione a guardare nel vuoto pensando a Giovanni, annoiarmi a ballare senza Giovanni, a mangiare la pizza senza Giovanni…. Speriamo solo che Lilla & Barbara non si facciano scappare niente. Io non me le ricordo manco più, tutte le storie che ho dovuto inventare con la compagnia. Fortuna che c’è la mia mamy: le ho lasciato anche la lavatrice da fare. E anche la multa che ho preso l’altro giorno in motorino. Quando sono partita pensavo che mi facesse delle storie invece mi ha detto solo “divertiti tesoro”. Ti immagini se le bugie restassero attaccate ai vestiti? Dovrei comprarmi un guardaroba nuovo! smack, un bacio Stefy
che dolceeeeeeeeeeeee
come il mio Giovanni!!

fedelmente tratto da un incontro in treno. DC

giovedì 12 marzo 2009

Il pranzo è servito? Sarai la cena da Chikatilo.

Continua l'intervista a Giacomo Cantini,
fondatore del Museo Criminale di Firenze DC: E' possibile, secondo me, fare ''letture trasversali'' del crimine seriale, visitando questo museo. Per esempio, sono più numerosi gli assassini uomini; sono meno numerosi gli assassini in zone disagiate; gli assassini sono accomunati da traumi infantili, spesso collegati alla famiglia; sono allo studio solo casi americani e italiani. Quali sono le Sue considerazioni in merito? GC: Gli assassini di sesso maschile sono indubbiamente più numerosi anche se il numero delle donne serial killer è comunque molto elevato. Rispetto all’area geografica di appartenenza non possiamo dire con certezza che le aree disagiate presentino realmente un numero inferiore di casi di questo genere ma possiamo solo affermare che è più difficile rintracciare informazioni. Nelle grandi città gli episodi violenti fanno notizia, ne parlano i giornali, la televisione, i talk show e forse solo per questo diventano storie famose. Molti serial killer hanno nel loro passato vissuti di violenza psicologica e fisica, di abusi sessuali, di maltrattamenti e abbandoni, di mancanza di accudimento e di cure o di rapporti deviati e disfunzionali con le figure primarie di riferimento, primi tra tutti i genitori.
Ma non per tutti si può dire che i traumi infantili siano la causa scatenante la follia omicida. E’ indubbio che il serial killer è un soggetto che presenta spesso disturbi di personalità con sfumature ossessive, paranoiche, sadiche o megalomani. Il percorso museale comprende per la maggior parte casi americani poiché gli Stati Uniti sono il Paese con il maggior numero di serial killer al mondo, seguiti tristemente al secondo posto da Gran Bretagna e Italia che si contendono a pari merito questo macabro primato. Ma il museo ospita anche un serial killer proveniente dalla ex Unione sovietica, Andrey Chicatilo. Il nostro progetto in futuro prevede l’ampliamento dei casi con inserimento di nuove biografie di serial killer provenienti da altri Paesi del mondo. Countess Bathori
DC: Crede si possa fare una connessione storico-sociologica fra questi episodi criminali? GC: Credo sia possibile riscontrare alcuni fattori comuni ai più spietati serial killer che riguardano principalmente la sfera dei disturbi psicopatologici legati a traumi infantili e a relazioni primarie distorte e disfunzionali ma non è possibile fare delle generalizzazioni perché la storia annovera personaggi crudeli come Ted Bundy che non presenta nella sua biografia episodi tali da motivare la sua furia omicida. DC: Crede davvero che la nostra epoca sia più violenta, o siamo abbagliati da una comunicazione di massa, talvolta manipolata? GC: Credo che siano entrambi delle valide supposizioni e che ci sia una stretta connessione tra l’aumento della violenza nella nostra società e l’aumento dell’invadenza della comunicazione di massa nelle nostre vite. E’ indubbio che il concetto stesso di violenza oggi abbia assunto connotati macroscopici rispetto al passato, ma ritengo che ciò sia dovuto in larga parte anche al ruolo svolto dai media che come una cassa di risonanza fanno sì che l’eco di episodi violenti continui a rimbombare nelle nostre orecchie, con dovizia di particolari che a volte sembrano rispondere a curiosità morbose piuttosto che ad una sincera e necessaria ricerca della verità. DC: Dove si trova la sede gemella messicana e perchè avete scelto il Messico? GC: L'esposizione si trova a Città del Messico ed è patrocinata dalla PGJ, cioè la polizia messicana, è stato aperto per 2 anni ed ha avuto circa 200000 visitatori, la stessa sede oggi ospita la mostra dei vampiri che in 3 mesi è stata visitata da 50000 persone. E' stato scelto il Messico perchè è lì che da oltre 20 anni la mia famiglia ha attive varie esposizioni che hanno riscontrato sempre grande successo. DC: Qual è il rapporto con i musei Oscuro Medioevo fiorentino, il Museo della tortura di Siena? GC: Il museo Oscuro medioevo fiorentino, come già detto, nasce in seguito al mio interesse per la storia medievale fiorentina, e al desiderio di narrarla al pubblico in una maniera innovativa ed interattiva. I musei della tortura sono un'attività della mia famiglia nei quali ho svolto ruoli di collaborazione e supervisione. DC: Cosa pensa della pena di morte? GC: Ritengo non posso essere considerata un valido deterrente alla lotta contro il crimine, ne sono un chiaro esempio quei paesi come gli Stati Uniti che la prevedono ma non ottengono gli sperati risultati di riduzione della criminalità.

Sedia elettrica

Le Interviste Scomode Su blog2piazze Museo Criminale-Serial Killer Museum Via Cavour 51/R Firenze http://www.serialkillermuseum.com/

giovedì 4 dicembre 2008

Histoire de C. Una escort si racconta…II parte

Ecco la 2° parte dell'intervista a Chiara di Notte

...Memorie di una devochka

DC: Come considerano la prostituzione non di alto bordo le escort? CDN: Le escort non lo so. Posso solo dire la mia. Innanzi tutto il termine “alto bordo” può significare tante cose e sarebbe lungo e noioso discuterne, ma di sicuro non significa “migliore”, almeno non dal punto di vista di chi fruisce. A volte è possibile trovare all’angolo di una strada per pochi euro il “sogno” di ogni cliente, e cioè una ragazza autentica, vera, disposta a “dare” molto di sé, mentre allo stesso modo è molto probabile incontrare una fregatura fra le ragazze che applicano alte tariffe. Essere d’alto bordo non significa avere prezzi elevati ma corrispondere ad un modello che, come qualsiasi cosa di qualità non è determinato solo dal prezzo ma da tutta una serie di elementi che lo rendono tale: il materiale, il design, le rifiniture. Una escort d’alto bordo non farà mai valere il suo senso di superiorità nei confronti di chi non è stata, come lei, fortunata. La sensibilità della “donna” che sottende la professionista è uno di quegli elementi. DC: E vice versa? CDN: Anche qui dipende se la escort è una stronza boriosa piena di sé che disdegna tutto ciò che non ritiene essere al suo livello oppure se, come dicevo, è una persona in grado di avere, nonostante la “parte snob” che è costretta per esigenze di copione a recitare, una certa dose d’umiltà. L’umiltà in questa professione è tutto. Non si deve mai dimenticare chi siamo, da dove proveniamo e dove un giorno tutte quante ci ritroveremo.

DC: La tua famiglia, i tuoi amici sapevano/sanno che facevi l’escort? Se sì, perché hai deciso di dirglielo? Se no, perché hai deciso di non dirglielo?

CDN: Credo che questa sia la domanda più difficile alla quale rispondere. Credo che una risposta, in un senso o nell’altro, implicherebbe un giudizio morale da parte di chi legge, oppure creerebbe degli interrogativi in chi ha o ha avuto lo stesso dilemma. Ebbene, dato che ho accettato d’essere intervistata credo che l’unico comportamento corretto sia rispondere con sincerità. Sì, l’ho detto. Perché ho deciso? Semplicemente perché anche se non l’avessi detto l’avrebbero sicuramente capito. Mia madre non è nata ieri ed io con lei non sono brava a mentire. Mi conosce talmente bene che non faccio in tempo a pensare una cosa che lei già la sa. L’avrebbe intuito ed anche un eventuale silenzio mi sarebbe parso un mancarle di rispetto. Ma devo dire che la mia scelta alla fine si è dimostrata vincente: sono felice di averlo detto, non sento alcun peso e so di aver ricevuto in quell’occasione il regalo più grande: il rispetto per le mie scelte. Con gli amici… se sono amici “veri” ovviamente lo sanno, se sono semplici conoscenti non vedo perché debbano impicciarsi della mia vita. Una cosa però dentro di me è chiara: chi lo sa, famiglia, amici, partner, non deve mai mai mai in nessun caso insultarmi o offendermi prendendo a pretesto ciò che ho fatto. Qualora accadesse, anche una sola volta, significherebbe la fine definitiva del rapporto.

DC: Cosa ti ha fatto chiudere il capitolo di professione escort? CDN: Questa è una delle "tessere del puzzle" che ancora mancano a comporre il quadro che in questi anni ho delineato riguardo alla mia storia, alla mia vita, alle mie esperienze. È una tessera fondamentale che ancora non ho voluto piazzare, forse perché è troppo vicina nel tempo ed ancora mi coinvolge profondamente. Per lunghi anni sono stata convinta che la mia personalità non potesse subire modificazioni rilevanti. Ero così sicura e decisa che col tempo, intorno a me, si era venuta a formare come una specie di rigida armatura che io credevo infrangibile. Ma non è vero che nella vita non si cambia, si cambia eccome; solo che molto spesso il cambiamento è talmente lento che non si ha il modo, o forse la voglia, di esaminare l'intera sua dinamica ed un certo giorno ad una certa ora, inaspettatamente, ho trovato i pezzi della mia armatura frantumati; per la prima volta mi sono sentita indifesa, e se non ci fosse stato chi si fosse preso cura di raccogliere quei frammenti, frantumarli fino a farli diventare polvere finissima per poi reimpastarli nuovamente, forse oggi non sarei qui a rispondere alle tue domande in questi termini. Il Blog, che io chiamo "il mio diario" è servito anche a questo. Sono una curiosa, mi piace studiare la gente ed oltretutto sono una narcisista, quindi quale migliore opportunità di rivedere le sequenze che compongono il film della mia vita? Ma anche se le tessere del puzzle, come nella scena finale di "Nuovo Cinema Paradiso", vengono piazzate a caso e non seguono né un filo logico né una linea temporale, sono certa che prima o poi avrò modo di rivedere il quadro completo.

Le domande di Poldino: Poldino: Cosa ti chiede più spesso chi viene a sapere che sei stata una escort? CDN: Se accade che qualcuno venga a saperlo e’ soltanto perché io ho deciso di dirlo e quindi ho già valutato la persona. Di solito non mi chiedono niente. Qualcuno mi ha detto “me l’ero immaginato, sai?” ma i più sono stati in silenzio e mi hanno guardata con affetto. Al massimo possono avermi chiesto: “com’e’ stato?”, ma il rispetto nei miei confronti ha impedito loro di chiedermi i dettagli che, se poi ho voluto, ho raccontato io quando ho sentito il bisogno di condividerli con qualcuno. P.: Come è cambiata la tua concezione della prostituzione entrandoci? CDN: Non è cambiata perché prima non ne avevo una. La prima prostituta che ho conosciuto e’ stata la mia amica Aniko’ e mi sembrava felice ed equilibrata. Quasi da ammirare per il suo spirito libero. Chissà, se avessi conosciuto subito una ragazza infelice del suo stato magari oggi parlerei diversamente e non sosterrei che la professione di prostituta non ha niente di sporco. Forse non l’avrei mai iniziata. Se mai la mia concezione della prostituzione e’ cambiata quando ne sono uscita e che mi ha spinta ad un impegno per aiutare chi non era stata fortunata come me. P.: Come è cambiata la tua concezione degli uomini lavorando come escort? CDN: Come in ogni cosa per imparare a conoscerla la si deve vivere da vicino e non per “sentito dire”. La professione porta innanzitutto a relazionare con gli uomini. Tanti uomini. Non è vero che quelli che sono fruitori del servizio, i cosiddetti puttanieri, non rappresentano un campione significativo della realtà maschile. Lo sono eccome. La passione per le donne, l’ossessione per il sesso, la ricerca spasmodica di qualcosa che non riescono a trovare in un viaggio continuo alla ricerca della escort perfetta. E’ per loro come un’eterna avventura, come quella di Ulisse. Non è forse “umano” tutto questo? P.: Aver fatto questo lavoro ti aiuta tuttora a capire le persone? CDN: Questo tipo d’esperienza può insegnare molto ed aiuta a comprendere meglio la realtà che ci circonda. Le persone con me si sono denudate. E non solo esteriormente, con me si aprivano e così mi davano modo di esaminarle. Di solito chi si incontra normalmente è sovrastrutturato perché le sovrastrutture gli servono per “mostrare di sé ciò che vuole che gli altri notino”. Insomma tutti assumono un travestimento, no? Il travestimento e’ la corazza che protegge in un mondo sempre meno coeso, meno solidale dove ciascuno è sempre più isolato. Invece il cliente, soprattutto se rilassato dopo l’amplesso, non aveva bisogno di sovrastrutture. I soldi erano già sufficienti ad ottenere ciò che voleva e non aveva bisogno di fingere. A meno che non volesse “conquistarmi”. In tal caso si comportava come la maggior parte dei corteggiatori e mi insegnava che in fondo gli uomini, quando vogliono ottenere qualcosa senza metterci i soldi, si comportano più o meno tutti nello stesso modo, facendo gli stessi discorsi, assumendo le stesse posture, usando gli stessi atteggiamenti. P.: Cosa cercavano veramente i clienti? CDN: Moltissimi solo il sesso. Un sesso ben fatto, senza inibizioni; forse quello che le loro compagne non riuscivano o non volevano dare. Poi c’erano i collezionisti, quelli che non volevano morire senza aver collezionato il più possibile. Costoro erano alla perenne ricerca del pezzo “raro” che non riuscivano mai a trovare, una specie di Araba Fenice. Poi c’erano quelli che cercavano anche un po’ di avventura; volevano mettersi alla prova e dimostrare a se stessi di saper conquistare l’inconquistabile, la cima della montagna più alta, la donna che raramente si innamora: l’escort. Pagando credevano affrettare i tempi per una relazione togliendo di mezzo quegli ostacoli che credevano di non poter superare senza i soldi. In fondo in tutti c’era un comune denominatore ed io, essendo a volte Circe, a volte una Sirena a volte Calipso riuscivo a capire qualcosa di ciò che albergava nell’animo dei tanti Ulisse che incontravo e sai cosa ho scoperto? Che in realtà Circe, Calipso o tutte le donne che potevano incontrare erano niente in confronto a Penelope. Per questo molte volte hanno cercato di trasformarmi in lei. Senza riuscirci. Credevano erroneamente che io non fossi lì per lavorare ma che facessi la prostituta per cercarmi un marito. P.: Capitava di incontrare i clienti anche fuori dal lavoro? Fingevano di non conoscerti? CDN: Capitava e facevano finta di non conoscermi solo se erano in compagnia di un’altra donna, oppure di qualche collega che non era al corrente del loro “vizietto”, altrimenti mi salutavano e si mostravano gentili. Se mai ero io che ero fredda e distaccata fuori dal lavoro. Mi imbarazzava quando qualcuno, incontrandomi per caso, voleva rinverdire le emozioni provate in un contesto dove i patti ed i limiti erano stabiliti da un contratto. Temevo che se fossi stata scortese non lo avrei più rivisto come cliente e se mi fossi mostrata troppo gentile lui avrebbe potuto fraintendere. Le Interviste Scomode Su blog2piazze

lunedì 24 novembre 2008

Histoire de C. Una escort si racconta…

Narcisismo, curiosità,
avvenenza, sensualità
fascino e intraprendenza....
Torna l'appuntamento con le Voci dal sottoscala: A colloquio con Chiara di Notte, ex escort che ci svela la vita dietro le quinte della prostituzione d'alto bordo.
DC: Sul tuo blog http://chiara-di-notte.blogspot.com/ racconti di aver lavorato come escort. CDN: È stata per lungo tempo la mia professione. A volte mi sorprende che questo fatto continui tutt’oggi a stimolare interesse e talvolta domande non scevre di una certa morbosità. Mi accade spesso che la gente voglia “sapere”. Nonostante si viva in un’epoca in cui, almeno in occidente, si parla tanto di emancipazione sessuale, in realtà tale emancipazione è solo apparente ed il sesso è sempre e comunque un fatto peccaminoso.

DC: Come è nata questa professione? CDN: Ad essere sincera non sono stata io a scegliere la professione ma è stata lei a scegliere me. L’approccio alla prostituzione non segue per tutte lo stesso percorso. Moltissime ragazze vengono attirate, spesso con l’inganno, dal miraggio di una vita migliore. Si tratta di ragazze che vivono in Paesi in cui le possibilità di crearsi una vita dignitosa sono negate a causa della miseria e dell’ignoranza, e di solito sono quelle che vanno a rinfoltire le fila di chi esercita nella strada oppure in appartamenti organizzati come catene di montaggio e che sono quasi sempre controllate da organizzazioni malavitose. A me, invece, è andata diversamente. Per poter avere i soldi per mantenermi senza dover pesare sulla mia famiglia alla sera facevo la ballerina in discoteca. Me ne stavo per ore a ballare dentro una specie di gabbia per poter racimolare quei pochi soldi che mi bastavano appena per il cibo e per l’affitto di una stanza che dividevo con un’amica che si chiamava Anikò e come me era studentessa. Ballava anche lei in discoteca, però i soldi non le mancavano… Devo dire che anche se ero molto ingenua sapevo come li guadagnava quei soldi, però vedevo che era soddisfatta. Di lei avevo l’immagine di una ragazza sì disinibita e forse avventuriera, ma sicuramente libera ed indipendente cosa che avrei voluto essere anche io, ma che a causa dei miei tanti retaggi, ancora mi precludevo. Fu lei che in qualche modo mi fece accettare l’idea che vendersi non era poi una cosa così brutta. Prima di prendere la decisione passarono molti mesi: mi vergognavo, e poi ero davvero un’imbranata in fatto di sesso. Ricordo che quando capitò l’occasione e ci fu chi mi offrì molti soldi fuggii via spaventata, ma poi mi pentii di non avere accettato. Non dormii per tutta la notte pensando a tutti quei soldi che non avrei guadagnato neppure in un anno, e la sera dopo capitolai.

Fu come rompere il sigillo di qualcosa e l’esperienza non fu assolutamente negativa. Da allora capii che potevo usare il mio corpo oltre al mio cervello per ottenere ciò che desideravo. Oltretutto compresi il “potere” incredibile che poteva avere una prostituta nei confronti di chi si rendeva disponibile a pagare, e venni conquistata dalla curiosità di approfondire quell’aspetto per me nuovo ed intriso d’avventura. Iniziai a viaggiare, incontrai persone dalle quali assorbii molta di quell’erudizione che ancora conservo. Leggevo tutto ciò che c’era da leggere sull’argomento: la storia delle cortigiane, delle geishe e delle etere. Mi affascinavano quelle figure e volevo essere anche io una di loro. Vivevo quella professione senza che mi pesasse. Ho sempre avuto un mio personale concetto del peccato che non riguardava assolutamente il sesso, il fatto “morale” non mi disturbava e più vivevo quella condizione più acquisivo consapevolezza della mia capacità di manipolare i desideri degli uomini che incontravo. Era una sensazione magnifica, quasi di onnipotenza che troppo spesso mi ubriacava e della quale per lungo tempo sono rimasta schiava.

DC: Cos’è un’escort nell’immaginario collettivo e come è, invece, nella realtà? CDN: Delle differenze ci sono, è inevitabile. Essere escort è come essere attrice. Si recita una parte, si cerca di dare al cliente quello che lui vuole, e ciò è sempre diverso perché ogni persona ha pulsioni e desideri che differiscono anche se alla base ci sono sempre e comunque l’erotismo ed il sesso. L’escort, nell’immaginario collettivo e parlo dell’escort del tipo al quale mi sono ispirata io, non deve avere alcun tabù, deve far vedere che gradisce l’atto sessuale più del denaro che riceve ma non deve limitarsi solo ad aprire le gambe. Deve saper giocare, deve farsi sedurre perché ogni cliente quando paga desidera anche sognare che la donna con la quale in quel momento si sta relazionando non lo fa per i soldi, ma perché lo gradisce, perché lui è speciale, più speciale di ogni altro al mondo. La escort deve poi essere raffinata, educata, erudita per non dire addirittura colta, comunicativa, divertente e sensibile, perché il cliente vuol bearsi di aver pagato una donna altrimenti irraggiungibile non solo per la sua fisicità ma anche per la sua personalità e per la sua anima. Fuori dal lavoro invece le escort sono donne come le altre, con le loro paturnie, i loro difetti, i loro “momenti no”. Anche se la professione influisce a volte in modo preponderante sullo stile di vita, “dentro” ogni escort resta comunque la donna che è sempre stata. Ad esempio, io che nella professione mi mostravo spesso con atteggiamenti da donna disposta a tutto, nel mio mondo privato sono rimasta la “bambina” di sempre, sognatrice che ascoltava le fiabe raccontate dalla nonna. Dopotutto le mie origini sono contadine e tutta la raffinatezza e l’aria “snob” che faceva parte del “personaggio” che recitavo, le abbandonavo una volta che mi riappropriavo della mia veste di “normalità”. DC: Aspetti negativi e positivi della professione? CDN: Aspetti negativi? Quello che mi sovviene per primo è la dipendenza che può creare. Se una donna si abitua a vivere in quella dimensione, in cui incassa tanti soldi, frequenta alberghi e ristoranti raffinati, riceve regali preziosi e, soprattutto, s’illude che gli altri siano dei burattini da manipolare, difficilmente riesce poi a rientrare in possesso della realtà. Altro lato negativo, secondo me, è l’accettazione della “solitudine”. Fintanto che si esercita il mestiere non ci si può legare a nessuno. I motivi per cui dico questo possono essere molteplici, ma per quanto riguarda me, afferiscono soprattutto al lato affettivo. Come si fa a tornare fra le braccia della persona amata dopo aver passato la notte a scopare con un cliente? Ritengo sia una questione di rispetto, innanzi tutto nei miei confronti. Non si possono coinvolgere i sentimenti di chi, stando accanto ad una escort potrebbe anche accettare perché le vuole bene ma soffrendo in silenzio. Sapere di non dare alla persona che amo tutta la felicità che merita dando la preferenza al denaro mi farebbe sentire squallida. Lati positivi ce ne sono diversi: quello economico è di primaria importanza: nessuna professione “lecita” e’ in grado di rendere tanto nel minor tempo possibile; poi c’è il lato psicologico. Per esempio da ragazzina ero molto magra, dalle forme anche fin troppo adolescenziali nonostante stessi per compiere i diciotto anni, inoltre ero introversa e con una scarsa autostima; addirittura credevo davvero che non potevo piacere ad alcun uomo. Constatare che c’erano uomini molto gradevoli, affascinanti, intelligenti e colti, che addirittura s’innamoravano di me, disposti a pagare cifre da capogiro è servito a controbilanciare e, oltre alla conoscenza del mio corpo, della mia sessualità, dei miei desideri e tutta una serie di cose che altrimenti (forse) sarebbero rimaste sconosciute, mi ha fatto acquisire quel po’ di sicurezza che poi mi e’ stata necessaria a superare alcuni momenti difficili che ho vissuto. Comunque andasse sapevo che potevo far affidamento su ciò che la natura aveva mia messo a mia disposizione che ho a lungo considerato un talento.

DC: Aspetti inquietanti dell’umanità con cui ti sei relazionata? CDN: Moltissimi, ma non nei clienti che, bene o male nonostante i vizi e le perversioni, sono sempre stati comunque delle “persone” a loro modo corrette. Se mai gli aspetti più inquietanti li ho ravvisati in ciò che si poneva nei miei confronti in una posizione di “disinteressata amicizia”; tutti quei truffatori di sentimenti che girano intorno alle escort ed al denaro che la loro professione fa muovere. Chi esercita deve sempre porre molta più attenzione a chi propone rapporti diversi da quello stabilito dal “contratto” prostituta-cliente. Alcune mie amiche sono state fregate nei sentimenti e nei soldi e vedere la loro disperazione mi ha procurato un grande sgomento ed una sfiducia nei confronti del genere maschile talvolta esagerata. DC: È una posizione insolitamente privilegiata per osservare e conoscere l’essere umano – che considerazioni nei hai tratto? CDN: Incontrare tantissimi uomini, farci sesso e quindi vederli mentre si mostrano “nudi” non solo fisicamente, ascoltare le loro confidenze, le loro menzogne, mi ha insegnato tanto anche per quanto riguarda la vita al di fuori del lavoro. Credo di conoscere gli uomini, forse non tutti, ma sicuramente quella fetta che sente il bisogno di rivolgersi al sesso a pagamento. Inoltre esercitare mi ha dato anche modo di conoscere un po’ le donne attraverso gli sfoghi dei loro compagni, miei clienti. Ciò che dicevano era dal mio punto di vista orribile… ho scoperto una realtà di coppia piena d’insoddisfazione, d’incomprensione, di assenza di complicità e di rispetto che mi ha aperto gli occhi su molte cose. Ho imparato a conoscere i motivi per i quali venivano ingannate e tutto questo mi ha insegnato (forse) a comportarmi nei confronti dei miei partner poiché non avrei mai potuto sopportare che parlassero di me come quei clienti parlavano delle loro compagne.

DC: Quali sono i rapporti con altre donne che lavorano come escort? CDN: Ho sempre avuto poche amiche che fossero anche colleghe. Spesso i sentimenti che si creano, o perché una ha più successo e guadagna di più, o perché è più carina, sono sentimenti d’invidia. Di carattere ritengo di essere talmente introversa da risultare a volte “glaciale” e questo mi contraddistingueva anche quando ero escort. Ho sempre tenuto un basso profilo, di me sapevano poco tutti, soprattutto le “colleghe”. Ora che mi sono ritirata ed è chiaro che mai più riprenderò quel cammino, è diverso: ho tuttora dei rapporti stupendi con le sorelle che ancora esercitano le quali credo trovino in me adesso una persona con la quale possono confidarsi senza temere brutti scherzi che, di solito, fra professioniste possono avvenire soprattutto se ci sono in ballo clienti molto danarosi. DC: Qual è il profilo medio dell'escort (studentessa, casalinga, giovane…)? CDN: In Italia sono sempre state poche le ragazze che hanno potuto definirsi esattamente “escort” nel senso di cortigiane, geishe, prostitute che fossero simili alle eteree greche. Il fatto è che oggigiorno con il termine escort vengono indicate un po’ tutte le ragazze che in qualche modo si prostituiscono con l’esclusione di quelle che stanno in strada o nei bordelli; dalle casalinghe, alle modelle, alle studentesse, alle ragazze d’appartamento. Essere “escort” però, secondo me, rappresenta ben altro. È prima di tutto uno stile di vita che ha molte affinità con l’arte. Non so neppure se io stessa possa considerarmi tale. Anche se in molti mi hanno confermato che lo ero, non so quanto mi sia avvicinata a quel modello ideale che avevo in mente. Non è quindi una questione di profilo ma di vocazione. Deve “piacere”, deve essere scelto, sentito; si può essere escort ad ogni età anche se (è ovvio), perché sia un’attività redditizia dato che la fisicità ha una notevole importanza, risente di quei limiti che sono propri di ogni donna.

Appuntamento alla prossima settimana con la 2° parte dell'intervista a Chiara di Notte! Vi aspettiamo, DC.

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