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giovedì 25 febbraio 2010

rinsavisci, Saviano!

"L'emergenza è che tutto ciò non faccia sentire nel cuore, nello stomaco, nella mente di ogni italiano (qualsiasi sia il suo credo e la sua posizione politica) un'indignazione che lo porti a ribellarsi, a dire: "Ora basta"".
Con queste parole Roberto Saviano chiude il suo articolo di oggi sulla prima pagina della Repubblica. Il tema sono le infiltrazioni della malavita nella politica.
Notizia che per la verità ci ha prodotto un sussulto di sollievo (nella milza, nel fegato e anche nel duodeno): se anche la 'ndrangheta, e non solo le altre lobby industriali, mettono i loro uomini nel parlamento vuol dire che le due camere qualche peso ancora ce l'hanno.
Non ci sono quindi solo le aziende che evadono le tasse e che si arricchiscono sullo sfruttamento dei lavoratori, non ci sono solo quelle che con i loro portavoce approvano normative che permettono a Tanzi e ai suoi colleghi di non finire dietro le sbarre o di dichiarare immancabilmente ad ogni incidente sul lavoro che la vittima era al primo giorno di impiego, ora c'è anche la 'ndrangheta.
Abbiamo fatto entrare Tremaglia, Agnelli, Binetti e i leghisti, perchè dovrebbe scandalizzarci Di Girolamo in parlamento?

mercoledì 20 gennaio 2010

faccia tosta

MILANO (19 gennaio) - Il procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro, ha disposto una consulenza medico-legale per accertare la prognosi di Silvio Berlusconi dopo l'aggressione da parte di Massimo Tartaglia lo scorso 13 dicembre in piazza Duomo. La consulenza dovrà chiarire la durata della malattia e i tempi di guarigione del presidente del Consiglio oltre alla sussistenza di eventuali postumi permanenti per le ferite riportate al viso. Spataro, riferisce Il Fatto Quotidiano, ha incaricato due esperti medico-legali che dovranno visitare Berlusconi. Di 25 giorni era la prima prognosi formulata al San Raffaele, la sera stessa del ricovero del premier, di 90 quella formulata poi dal suo medico personale, il professor Alberto Zangrillo. Il professor Carlo Goy, dell'istituto di medicina legale di Milano, e uno specialista maxillo-facciale avranno il compito, di visitare il capo del governo anche ai fini dell'esatta formulazione delle accuse per Tartaglia: per ora è stato ipotizzato il reato di lesioni pluriaggravate. Ai due consulenti, però, non è stato dato un termine preciso per il deposito della loro relazione: tutto dipenderà da quando il capo del governo si renderà disponibile per la visita. (corriere.it)

venerdì 4 settembre 2009

telemorroidi

sintonizzati anche tu su Telemorroidi: il canale, quello vero.

venerdì 17 aprile 2009

Tu l’hai fatto il back-up della governance?

Ore 21.59. Il treno entra a Termini. La gente è in fila nel corridoio pronta per scendere. Giubbotti, felpe, valigie e facce che non rivedrai. E anche un po’ chi se ne frega. Ma lui no, lui ti resta nella mente. Seduto al numero 19 della carrozza 6, continua a martellare «Tu l’hai fatto il back-up della governance? Bravo! E l’ultima mail? Leggimela tutta, vai! Ok Metto giù, la leggo e ti richiamo» - «Ecco, sì, l’ho letta. Allora senti, adesso tu mandi una mail a tutti, sia a noi che al pool della conference di domani, così ce la troviamo per tempo. Sì, no, io poi me la rileggo dopo, vado avanti stanotte. Ma non ti chiamo più. Senti, guarda, mi hai fatto proprio un regalone». Si crede anche simpatico. Capelli corti e neri su faccia tonda e naso all’insù. Cornice a guance prominenti e pacioccone che non prenderesti sul serio. Forse per questo le ha trasformate in mantice di una lingua martellante. Batte, batte, batte, una parola dopo l’altra, finché ti stordisce.
Non so come lo reggano i tre colleghi con cui viaggia. Sono saliti a Bologna. Dalle 19.12 alle 21.59 non ci ha dato tregua. I suoi colleghi, però, sono pagati per ascoltarlo. Io no.
«Allora, scusa, che facciamo per la conference di domani? No, perché io glielo avevo detto a Gianni che mi doveva mandare l’update del saldo con il conteggio giusto. Se fai un calcolo approssimato su base mensile, alla fine del mese mi dovrai pure mandare l’update corretto, o no? No, perché quando gliel’ho detto io, a Gigi, lui mi ha detto di no. E adesso invece salta fuori che a te ti ha detto di sì? E che roba!! Ma allora è vero quello che ho detto io, o no?» «No, senti, non va mica bene che qui non capisce un cazzo nessuno. Era come lo avevo detto io, ma anche a sto giro Gigi non ha capito. Non è possibile che l’unico che c’ha il grip della situazione qua sono io, o no?!»
Sbircio tra i sedili – vorrei dirglielo che certi inglesismi non sono necessari: puoi dire «conferenza» in italiano. Vedrai che non ti licenziano. Davvero. Magari gli lascio un bigliettino? «caro, perché questo uso gergale di anglicismi? Ma soprattutto, perché travi il tuo accento bolognese tendendo al milanese rampante?». Lapilli di ego debordano. Si prende sul serio, il ragazzo. Si identifica con il suo ruolo professionale. Forse si è dimenticato chi è, senza maschera professionale. E allora parla, tanto e forte, perché nessuno intervenga a ricordaglielo. Per questo non smette di lavorare. Anche in treno, dopo le 19. E dopo le 20.15, e alle 21.05, alle 21.29 e alle 21.59. Anche quando il treno è in stazione e tutti stanno scendendo.
«Pronto? La slide numero 4 non va bene. Rimandamela al volo….». Finalmente me lo lascio alle spalle. Il codazzo di viaggiatori mi inghiotte e io sparisco, inosservata, nella notte.

lunedì 9 marzo 2009

The Italian Job: Cap. 2

Aspirina. Paracetamolo. Amoxicillina. Cleanil. Vivincì… ogni scelta è ardua, ogni ipotesi non invalida il virus influenzale. A nulla valgono i rantoli catarrosi, la febbre che obnubila la mente, che invaghisce i pensieri. Niente può tenerti lontano dai tuoi cinque giorni di reclusione. E non sarà nulla di grave, ma sfianca, rende irrequieti, irrita l’esistenza per qualche giorno sempre troppo lento a passare. E il certificato rosso parte quasi da solo, svolazza oltre il ciglio della porta e si fa accompagnare con grazia sino al datore di lavoro. «Oh Virna! Oh povera!» «Oh Mirto! Oh povero!» Rientro quasi in colpa per l’impavida assenza. Rientro e la scrivania urla il suo sconcerto. Frana il lavoro da recuperare. Poi una voce sottile attraversa il cartongesso. «Psss! Hey! Tu!»

Mi volto e un piccolo ragno penzola dal soffitto con aria curiosa. «Sì! Proprio tu! Ma ti sei guardato in giro? Non vedi che qui ci siamo solo noi? Non vedi che le assenze incombono?» Osservo il parcheggio ed effettivamente è quasi vuoto. La mia moto poche auto si osservano incerte. Mi giro e il ragno è scomparso. Allora esco, attraverso il lungo corridoio di linoleum, uno strano ticchettio mi porta altrove. Tic. Tic. Tic. Una penna, una mano, due dita che scattano su e giù. Tic. Tic. Tic. «Mmmhh… scusa Alfio… scusa… ma ho una riunione con Mirto oggi, sai se arriverà?» «Ah! Malattia! Ovvio! Mirto è in malattia! Niente riunione, oggi. Niente. Salta tutto. Salta.» Tic. Tic. Tic. «Ah. Sì. Certo. Australiana. L’ho avuta anch’io. Fastidiosa, decisamente fastidiosa.» «Nnnnooo! Cosa dici? Malattia italiana. Malattia italiana.» «Prego?» «Vescica. Mirto ha un brutto problema di vescica.» «Oh! Eppure è ancora giovane… voglio dire l’incontinenza… è un problema da anziani… certo ci sono varie casistiche che affrontano anche altri tipi di patologie…» «Nnnnooo! Cosa dici? Vescica sull’alluce del piede. Non poteva proprio venire in ufficio in quelle condizioni. Credimi. Fastidiosa, decisamente fastidiosa. Tre giorni si è preso. Tre giorni.» «Ah…» «Se potessi avere mille lire al mese…» – canticchiava la cara nonna. Ho ancora quella strana sensazione addosso. La voce di quella donna lontana. Le sue canzoni. Torno nel mio ufficio. Il ragno è scomparso. Forso l’ho solo immaginato. «Vescica. Sì, vescica.» Il bisogno è primario. Devo fare pipì. Devo solo fare pipì.

Dr. House

lunedì 16 febbraio 2009

The Italian Job: Cap. 1

Sono appena entrato in ufficio e già avverto nell’aria i sibili della sommossa. Alla guida una collega. Il campo di battaglia è un ufficio pubblico. Sommossa, guerriglia, chiamatela come più vi allieta, ma il soldato è furibondo e non può fare nulla per debellare l’inaspettata resistenza al lavoro. «Non riesco a sedermi! Non posso infilare le gambe sotto la scrivania!». Impossibile lavorare. In piedi non è possibile. Inginocchiati neppure. Il resto della truppa conviene nel definire assurdo quel trasloco improvvisato, quelle nuove sedie pervenute direttamente dal magazzino. Nuove. Mai sfiorate da un altrui sedere. E infatti è di quella seduta il difetto! Troppo alta e che (oltraggio e mistero) non è dato abbassare. Il pistone centrale è eccessivamente lungo, bisogna intervenire. Un acceso dibattito e l'intervento delle menti migliori tenta di arginare il dramma per giungere ad una conclusione. Io inizio a grattarmi un orecchio con la bic e mi arrovello sulla questione. Potrebbero chiedere una sostituzione della sedia - dato l’acquisto erroneo, sarebbe una scelta attuabile. Dovrebbero rispedire la seduta al mittente dicendo: «accorciatemi il dannato pistone» - eventualità neppure considerata. E dire che sul pistone una piccola vite fa capolino con un vezzo da diva d’altri tempi. Improvvisamente avverto una raffica di urla incresparsi sul muro confinante. Sono arrivati al dunque. E giunge il silenzio. Amnistia. Pace. Solennità. La scelta è astuta e repentina: «chiamiamo dei mobilieri e ci facciamo alzare le scrivanie». Perché non ho partorito io questa sistematica alternativa? Troppi i miei anni spesi a lavorare lontano. Troppi i fiati trattenuti per sfuggire all’alito pesante di un capo supremo. Ora è tutto diverso: il dipendente pubblico incombe. Ed io ascolto. «La lontananza sai è come il vento» – bisbigliava mia nonna. Ho quasi l’impressione di sentirla proprio ora. Mi precipito sul corridoio slittando sul linoleum color pervinca. Tutto è nuovamente silenzioso. Tutto tace. Qualche telefono squilla. Nessuno risponde.

domenica 15 febbraio 2009

quello che i fannulloni non dicono....

The Italian Job: la nuova saga, tutta italiana, che da domani vi dà appuntamento su Blog a 2 piazze.
Un nuovo autore che si definisce "un anonimo soggetto nella pubblica amministrazione": vive realmente, quotidianamente i fatti narrati.
In esclusiva per noi. E per voi.
Altro che Brunetta.

sabato 24 gennaio 2009

mentitore a vita

Tre giorni fa la Corte d’appello di Perugia ha voluto festeggiare il 90° compleanno di Giulio Andreotti confermando la condanna a 2 mila euro di multa inflittagli due anni fa dal Tribunale per aver diffamato il giudice Mario Almerighi, dandogli del “falso testimone”. Il Divo dovrà anche risarcire il magistrato diffamato con una provvisionale di 20 mila euro. Dopo la sentenza della Cassazione che confermò la prescrizione per il reato di mafia fino al 1980 e l’assoluzione per il periodo successivo, Andreotti accusò Almerighi di aver mentito sotto giuramento ai giudici di Palermo raccontando le sue pressioni sull’allora Guardasigilli Rognoni per salvare l’amico Carnevale da un processo disciplinare. Difficile immaginare qualcosa di più grave, per un magistrato. Il prescritto a vita disse che Almerighi è “un pazzo”, lo paragonò ai “falsi pentiti”, l’accusò di raccontare “infamie” e aggiunse che affidare la giustizia agli Almerighi “è come lasciare una miccia nelle mani di un bambino”. Denunciato per diffamazione, Andreotti si riparò dietro l’insindacabilità parlamentare, ma la Corte costituzionale gli levò lo scudo e lo rispedì in Tribunale. Che, come poi la Corte d’appello, ha stabilito come Almerighi avesse detto la pura verità. (M. Travaglio, l'Unità)

sabato 25 ottobre 2008

aDELLAInte venceremos?

*Trento, 20 ottobre.- Arrivo alle 8 e qualche minuto, per non fare quella che smania, che sta sulle spine. Lui verrà? O non verrà? E se mi tira il bidone al primo appuntamento dopo tanti incontri in rete? Ci sono stata attenta. Niente scollature e solo un filo di trucco.
Eccolo! Accelero il passo, curiosa. Finalmente parleremo di politica, attualità, vicende locali…. Lo so, quest’uomo mi saprà capire; e chissà quante cose interessanti ha da raccontare. -‘Salve’ - mi fa lui e mi dà la mano. Ma commette il primo, irreparabile errore: non mi guarda negli occhi.
Forse pensava di avermi già sedotto. Così non è. L’elettore, come il cliente, lo devi far sentire unico e speciale. Invece il presidente commette una serie di gaffe imbarazzanti. In foto mi è sempre sembrato un canederlo biondo. Dal vivo è alto, più magro, ingobbito nel trench. In luogo della tavola rotonda, all’aperitivo dedicato agli amici del social network di Dellai ho trovato un buffet all’aperto, popolato di maschere di allegria e disinvoltura. La goffaggine ursina dei trentini alle feste. Dellai si avvicina ai tavoli e inaugura il buffet. Poi dedica qualche minuto ai singoli gruppetti: ci sono giovani dell’ARCI, del PD, dei piani giovanili, studenti. Qualche fotografo, politici in doppiopetto. Conto le teste: a spanne, una cinquantina. Niente blogger. Pare che la maggior parte sia iscritta a Facebook. Età media 30 anni. ‘Sono belle iniziative… – ‘ha proprio avuto una bella idea’ sento ripetere intorno. Mancano Ale e Franz. (Ma Zelig fa ridere, questa piéce, no). Imito gli astanti e mi metto in cerchio: Dellai e un suo amico lodano Facebook. Le teste ciondolano, masticano, assentono. L’amico è entusiasta dei moltissimi facebookers nel gruppo ‘I am trentino’. Trattengo un rigurgito. Il sopracciglio sinistro in punta, mi chiedo chi paga l’aperitivo. Gironzolo. Una nana si è messa elegante e fa il bis di succo di frutta. Qualche “bellona” si fa fotografare con consiglieri e assessori. La serata svolta quando un ragazzo sporco, i capelli a grumi e la voce impastata si ferma al buffet, mangia e chiede se può portar via un paio di tartine. Dellai lo ignora e continua il giro: ‘salve, Lei è mio amico su facebook?’ … ‘A presto. Finisso de far el giro’.
Chi gli avrà consigliato di rivolgersi a tutti in dialetto? A parte me, però, la cosa funziona: la discussione si infiamma quando un ragazzo di Canal S. Bovo lamenta che su Facebook il suo paese e Borgo Valsugana stanno in Veneto ‘eeee oscia, ghe mandan zo’ i tratori armati! risponde il presidente. Anche due signorine di Pomarolo sono contente. Dicono a un giornalista che secondo loro “Dellai ha fatto un’ottima mossa di marketing strategico – sì, come quello aziendale. Fa sentire i giovani più vicini alla politica regionale”. Mi discosto. Mi dissocio. Osservo sti giovinastri contenti che la politica li usi come passivi oggetti di marketing. Lusingati di fare i birilli in cambio di un aperitivo. Ok. Sono una outsider. Ma sono allenata ad essere alienata. Il signor Dellai non avrà la mia preferenza. Né altre occasioni per offendere la mia intelligenza. Parlo varie lingue e uso il web come strumento di informazione. Non di compiaciuta autoreferenzialità trentina. Il minimo che mi aspetto è che il signor Dellai mi parli in italiano. E all’occorrenza mi chiami dottoressa. Poi, che mi dica chi ha pagato l’aperitivo e concretizzi le promesse di meritocrazia e pari opportunità. E con questo non intendo "versare lo stesso numero di aperitivi a uomini e donne".
*Lettera firmata

venerdì 17 ottobre 2008

Furto d'organi - incriminata paris hilton

Braccia (e gambe) rubate all'agricoltura
Signorina dall'aria sciocca
e voce chioccia
Priva di charme e di eleganza.
Quoziente intellettivo presunto:
da giraffa nata allo zoo.
(Non me ne voglia la giraffa).
Inutile all'umanità,
parassitica e velleitaria.
Probabilmente incapace
di guadagnarsi da vivere
se dovesse mantenersi da sola.
Vi invito ad ignorarne l'esistenza e
ad innalzare cosmica richiesta
affinchè si reincarni in foca monaca.
Buon weekend
DC

martedì 30 settembre 2008

Aggiornamento da Via Mazzini

Le cose inviate da Piccolo Diavolo per Maria e la piccola Maria
Per chi non lo sa, i post che raccontavano di Maria, in Via Mazzini a Trento, pubblicati anche su Mente Critica hanno portato a una raccolta di cose utili per il nascituro di Maria con la collaborazione di Piccolo Diavolo e di Marina
Giovedì scorso ho portato a Maria le ultime cose, quelle che ha mandato Piccolo Diavolo e che vedete in foto. Al primo round, invece pannolini, tutina per neonato e crema antiarrossamenti. Maria era ancora lì, mi ha detto che stava bene e che ormai mancava poco al parto. Menre scrivo, credo che la figlia, piccola Maria, pure lei, sia nata.
Maria andava a partorire all'ospedale S. Chiara a Trento - le ho detto che se mi chiama/fa chiamare vado a trovarla. Ho il suo nome e cognome, quindi potrei andarci di mia iniziativa, ma la gravidanza è un fatto privato e anche se le ho portato le cose che abbiamo raccolto per lei, non ho certo dirittto di 'intrudere'.
Ovviamente anche se ha bisogno di qualcosa per sè mi può chiamare. Dice che Maria è il 5° figlio - la più grande ha 15 anni, il più piccolo 3 e mezzo. Non so come mai, ero convinta che questa fosse la sua prima gravidanza.
C'è stato qualcuno (forse un troll?) che su Mente Critica mi ha accusato di cercare consensi e mettere in mostra questo gesto. Critiche che possono nascere, ma che abbiamo ignorato, perchè dargli peso sarebbe stata solo una perdita di tempo. La rete si è dimostrata un ottimo canale per allargare la volontà di solidarietà al di là dei canali locali.
Grazie dunque a chi è intervenuto con consigli e indicazioni e con l'invio di tutine coperte biberon e quant'altro. Vi terrò aggiornata su Maria quando avrò sue notizie
DC

domenica 14 settembre 2008

Sarei un ottimo dio (se solo avessi un universo a disposizione)

Vignetta di Rudi Patauner
Citazione che gli amici attribuiscono a Pier. Chi è Pier? ‘Un ragazzo che si sta impegnando assieme a tanti altri ad aiutarsi e ad aiutare’, vuole essere definito per i nostri lettori. Trapiantato in Trentino da molti anni, Pier è una voce degli utenti del Centro di Igiene Mentale di Trento. Chi lo conosce parla di Pier come un musicista di grandissime abilità e sensibilità. E lui ci racconta “Ho frequentato la Facoltà di musicologia dell’Università di Trento, dopo aver fatto studi magistrali e classici, ma la morte del mio allievo di basso mi ha sconvolto. Da allora, si è spenta in me la voglia di suonare. Solo più tardi ho capito che c’è sempre una speranza; ora voglio una vita ‘normale’. È una lotta contro se stessi”. DC: Sì… ma che significa ‘vita normale’ e perché dici ‘contro se stessi’? Pier: mah, quando il mio ‘narcisismo’ prevaleva su me stesso ero convinto di essere un grande musicista e un grande giornalista. Per un periodo mi sono convinto che ero Saturnino’. Hm? – chiedo stranita - Come hai fatto a identificarti con Saturnino? E, soprattutto, a rendertene conto e venirne fuori?? - ma lui mi risponde tranquillo “Sono misteri della mente. Forse perché era la musica dei miei 20 anni. Poi, anche con l’aiuto della psicanalisi, ho capito che sono Pier. Come diceva Thomas Mann, ‘ognuno di noi è come una parte della luna’.”
La barca dei folli verso la Croazia
Più che varcare la soglia della sua storia, mi faccio trasportare dalle sue parole - voli emozionali e letterari, che veleggiano su Pastorius e Gesù Cristo planando su Socrate e Thomas Mann. Starei ore ad ascoltare Pier, fino alla radice delle domande universali dell’uomo… Per un banale calcolo delle probabilità credo che le signore ‘normali’ al tavolo accanto non stiano discutendo di filosofia. Brandelli della loro conversazione sulle borse di Prada mi confermano nella convinzione che non cambierei tavolino “Ora vivo in comunità, per una situazione esistenziale che non riuscivo a reggere. – continua Pier - E lavoro in una comunità di persone che stanno cercando la loro strada. Sono grato al Trentino perché ho sempre trovato lavoro. Che ti posso raccontare? Ho inventato l’esafono’ dimmi qualcosa in più, chè io di musica non ci capisco molto, lo incalzo - ‘è un basso con le ottave del violoncello, del violino, del contrabbasso e della chitarra”. Ci sono anche domande delicate. E domande che non ho il coraggio di fare. Come quando Pier mi dice che suona con bassi ortopedici perché la sua mano è rimasta lesionata dagli elettrochoc. Sussulto. Non riesco a immaginarlo su un lettino di ospedale psichiatrico con gli elettrodi in testa. Ma so che lo ha vissuto. Ignoro come faccia a star qui a parlare con me tranquillamente, che oceani emozionali e psichici abbia valicato. Allora viro, e mi faccio raccontare degli oceani di acqua salata. Pier, infatti, è uno degli utenti del Centro di Igiene Mentale di Trento che nel novembre 2006 ha preso parte a La Barca dei folli’ - In barca a vela attraverso l'Atlantico dieci uomini e donne inseguono un sogno: dimostrare che anche un equipaggio del Servizio di salute mentale di Trento può arrivare fino alla fine del mondo. Un viaggio da matti nell'oceano che è davanti a tutti noi, ma anche dentro ciascuno di noi.
Pier mi dice che “questo viaggio è stato organizzato per dimostrare che persone con problemi mentali o una sensibilità più marcata possono fare delle ‘piccole’ imprese, che per noi sono grandissime. Abbiamo visitato piccoli paesi in Spagna, partendo da Cadice siamo arrivati in Martinica. Eravamo 4 pazienti, 2 genitori, 3 skipper e un dottore. Ci sono stati anche litigi, sulla nave Margaux. Vai a vedere il sito, lì trovi anche le foto. Siamo andati anche in televisione, da Magalli, a presentare il viaggio. Lì ho suonato l’esafono con la loro orchestra”. Pier ha anche curato le musiche di ‘Oceano dentro’, il film della traversata della Barca dei folli che uscirà a breve (a cui ha collaborato anche Sergio Damiani, giornalista de L’Adige ). “Ho iniziato a studiare jazz e l’accordatura aperta fin da piccolo. – prosegue Pier - Ci sono voluti 15 anni. Di fantasia, follia e ricerca. Che mi hanno portato anche a creare l’esafono. Ora ho uno strumento fatto con un’ex scarpiera, due coni che fungono da amplificatori, una testata di serie limitata e un vecchio amplificatore con coni da chitarra. Adesso faccio tecnica, non penso più che la mia vita sarà quella del musicista”.
Certa che anche voi siete rimasti rapiti dalle parole e dalle avventure transoceaniche di Pier, siccome è una lunga conversazione, anche questa volta la propongo in due parti. A presto!
Pier suona il basso sulla barca dei folli

sabato 13 settembre 2008

Tagliarsi i capelli e vivere felici – gli atti del convegno

Del matrimonio e altre bazzecole II
Eccomi qua….. (molto!) in ritardo (mi scuso), a riprendere dalla legittima curiosità dell’amico Cicciosauro (aka Wilson) sulla vecchia signora Wilson che si interrogava sulla felicità. Al bancone di quel vecchio pub di periferia di Manchester con noi doveva esserci un infiltrato: una manina che sgranocchiava pistacchi e parole della signora Wilson. Qualcuno che si è appropriato della sua alcolica saggezza stanca….
E so’ contento!! Economisti di tutto il mondo stanno cercando di capire cosa sia la felicità, ovvero cosa ci rende felici. Dalle loro interviste planetarie emerge che chi si affaccia oltre la soglia della povertà, al finestrino della BWM o al bordo vasca Jacuzzi, non è felice. Siccome san fare i conti, gli economisti sanno che le persone a mollo nella Jacuzzi son le stesse che foraggiano i loro studi... dunque han fatto spallucce alle centinaia di migliaia di persone povere & infelici (forse infelici perché povere? E chi se ne frega!). E hanno capito che la nuova frontiera della felicità sono i beni immateriali: culturali, socio-relazionali e ambientali. Un po’ come dire che il ricco si sente davvero bene se visita gli Uffizi in orario blindato o guardando le paperelle nel parco della sua villa. Comprendiamo quindi che la vista di un mendicante sulle scale del museo e della barbona sulla panchina potrebbe turbarli. Capiamo che quel genio mattacchione del nostro governo lavora veramente. Sì, per loro. Per mantenerli gai: banditi i mendicanti; che sono ste borse piene di stracci? Via! 3 poveracci in minacciosa comunella per strada? Circolare o vi arrestiamo! ….
Allora è con un certo orgoglio che tiriamo le somme delle vostre dichiarazioni sulla felicità: * L'ignoranza porta la felicità (...)
* Invece ci sono cose che mi "rendono" (temporaneamente) felice: quando mi pongo un obiettivo e riesco a raggiungerlo.
* (...) Elenco di cose im/materiali = Missione: difficile, se non impossibile * Felicità è un bicchiere di vino
Ma attenzione! Avete anche voi - spesso - avete espresso necessità o desideri immateriali.. Quindi attenti c'è il rischio di gabola e che il nostro amato premier si stia dando da fare per rendere più felici anche voi…!
OSssequi. O se' lì? DC

lunedì 1 settembre 2008

Il sorriso più bello

Oggi pomeriggio camminando in centro ho visto una cosa allucinante. C’era una donna, giovane, forse indiana, incinta. Stava accucciata a terra, con un bicchierino di plastica per l’elemosina. Mi è parso allucinante che nessuno si fermasse a chiedere come stava, se aveva bisogno di qualcosa. Non so se il fatto che fosse incinta mi ha fatto sembrare la cosa più grave. Un treno di pensieri si è affollato nella testa, superando veloce la gente affaccendata, scantonando quella spensierata che leccava il gelato. Nessuno si ferma. Nessuno la guarda. Nessuno la vuole vedere. Chissà come si sente? Cosa pensa? Qual è la sua storia? Farà a finta? Sarà una preda della tratta dei mendicanti? Ho messo qualche spicciolo nel bicchiere. Poi le ho chiesto se aveva bisogno di qualcosa. Teneva lo sguardo basso – era quasi ritrosa. Aveva il viso molto dolce, occhi grandi e scuri. Un vestito leggero avvolgeva il pancione. Ho pensato che forse non mi capiva, ho cercato di usare parole semplici e di non essere invasiva o inopportuna. Mi sentivo impotente e dentro di me qualcosa urlava, che bisognava chiamare qualcuno per salvare quella donna. E la vita dentro di lei. Ma chi? Chi cavolo si chiama, in quella circostanza? E poi, sono certa che le farei un favore? Che ne so io, della sua vita, dei ricatti e dei padroni, delle trafile assistenziali e delle multe dei vigili ai mendicanti? Le ho chiesto se aveva fame. O sete. Mi ha risposto sottovoce, ‘Come vuoi tu. Se vuoi.’ E io, ‘hai fame? cosa ti porto? Hai sete? Vuoi qualcosa di dolce, o di salato?domande sciocche, lo so, ma volevo portarle qualcosa che le andasse davvero. ‘Se vuoi. Quello che vuoi tu’. Aspettami qui – le ho detto. Che scema! mica se ne stava andando! Le ho portato dell’acqua, della focaccia e dei biscotti. Un po’ dolce e un po’ salato. Mi sono girata, dopo un po’, e ho visto che mangiava di gusto la focaccia. Quando sono ripassata, non c’era più.
Poi, in piazza Duomo, l’ho vista, in piedi fra i turisti, col suo bicchierino delle monete. L’ho salutata con la mano, ci siamo sorrise.
Mi ha fatto un sorriso splendido. Non ve lo so descrivere.

giovedì 24 luglio 2008

FENOMENOLOGIA DI LAPO ELKAN

Ognuno ha il suo ruolo, specie d’estate: Bossi vaneggia, Ronaldigno palleggia, Lapo elkan cazzeggia. Questo esemplare di Agnelli, se possibile più vanesio dei suoi consanguinei, usa crescere in riserve protette dove si balocca con i suoi passatempi preferiti: dallo Yacht al vibratore. Tale regime di vita consente solitamente agli Agnelli una vita relativamente lunga salvo che quando non sopravvivono al branco e alla famiglia preferiscono un viadotto. Cosa che tuttavia avviene di rado: più spesso l’Agnelli tipico preferisce rimanere nel suo ambiente confortato solo dall’affetto di sindacati e governi che lo nutrono di rottamazioni e licenziamenti. Sebbene sia lui a nutrirsene sono gli operai a doverli digerire. Loro è questo compito che si sobbarcano lieti di non affaticare il padrone, il quale li ricambia permettendo loro di esultare per i miliardi che gli Agnelli incassano dalla Juventus, metafora del paese in cui una squadra gioca contro avversari che si sforzano di farla vincere. Non ci sorprende pertanto il comportamento del Kan Lapo, cucciolo di Agnelli, che giorni fa si è divertito con un taxi rivendicandone poi la proprietà in quanto FIAT: marchio con cui gli Agnelli indicano ciò che in Italia è ancora più loro del resto. Giornalisti al loro soldo hanno ampiamente spiegato il comportamento su tv e giornali come chiara conferma della simpatia della razza padrona. A conforto di tutti resta escluso ogni pericolo che gli Agnelli si estinguano perchè confermato il motto di Brecht: la madre degli Agnelli è sempre incinta.

mercoledì 28 maggio 2008

stimoli intellettuali


Lo conoscete Giordano Bruno Guerri? Anni fa conduceva un programma su raidue, mi pare. Ma dove e cosa dicesse in realtà non lo sa quasi nessuno. Si ricorda il come, si ipotizza il perché: contorcendosi, a pagamento.
Perché solo dietro corrispettivo un individuo accetterebbe di esibirsi nel numero che era di Giordano Bruno Guerri: parlare come in tensione, su una gamba, appeso a un orecchio, quasi dimentico di una parte qualsiasi del suo corpo che lasciava penzoloni o attorcigliata attorno al collo, a grattare una spalla, o come a cercare un baricentro al di fuori del suo ginocchio, della sua stessa persona.
Uno sforzo intellettuale inesausto quello di Giordano Bruno Guerri (GBG) che abbiamo ammirato un po’ come lui faceva con l’osso sacro: senza afferrarlo a pieno. Tanto che quando il programma si concludeva e l’immagine finalmente sfumava, gli urrà del pubbico non riuscivano a coprire un tonfo: era lui, GBG, fin dalla sigla in bilico su un alluce, o sollevato dal residuo ciuffo sulla nuca, che di colpo cedeva e precipitava dal suo stesso malleolo.
Di queste evoluzioni ci priviamo da quando di Giordano Bruno Guerri dobbiamo accontentarci delle contorsioni compiute utilizzando stavolta come perno la penna.
Per fortuna di GBG si può dire quello che un tempo carosello proclamava di Falqui: basta la parola.
Perché due cose sono quotidiane: il Giornale e i suoi effetti.
È perciò con gratitudine che di GBG citiamo un incipit affinchè i più duri, non di comprendonio, tra voi possano giovarsi degli effetti delle sue parole:
Martedì 20 Maggio, nella prima pagina del Giornale il vate scriveva:
“I Gay Pride potevano essere utili fino a trent’anni fa, quando gli omosessuali venivano guardati con sospetto, discriminati o a volte addirittura perseguitati”.
Conosciamo gli effetti di frasi del genere. Un’avvertenza: prima di tirare lo sciacquone ripensate alla notizia di ieri, di un omosessuale accoltellato dal padre che lo considerava un disonore.
Ora sapete cosa fare degli articoli di Giordano Bruno Guerri.

Grazie, GBG (Gemendo al Bagno Godo).