Continua l'intervista a Giacomo Cantini,
fondatore del Museo Criminale di Firenze
DC: E' possibile, secondo me, fare ''letture trasversali'' del crimine seriale, visitando questo museo. Per esempio, sono più numerosi gli assassini uomini; sono meno numerosi gli assassini in zone disagiate; gli assassini sono accomunati da traumi infantili, spesso collegati alla famiglia; sono allo studio solo casi americani e italiani. Quali sono le Sue considerazioni in merito?
GC: Gli assassini di sesso maschile sono indubbiamente più numerosi anche se il numero delle donne serial killer è comunque molto elevato.
Rispetto all’area geografica di appartenenza non possiamo dire con certezza che le aree disagiate presentino realmente un numero inferiore di casi di questo genere ma possiamo solo affermare che è più difficile rintracciare informazioni. Nelle grandi città gli episodi violenti fanno notizia, ne parlano i giornali, la televisione, i talk show e forse solo per questo diventano storie famose. Molti serial killer hanno nel loro passato vissuti di violenza psicologica e fisica, di abusi sessuali, di maltrattamenti e abbandoni, di mancanza di accudimento e di cure o di rapporti deviati e disfunzionali con le figure primarie di riferimento, primi tra tutti i genitori.
Ma non per tutti si può dire che i traumi infantili siano la causa scatenante la follia omicida. E’ indubbio che il serial killer è un soggetto che presenta spesso disturbi di personalità con sfumature ossessive, paranoiche, sadiche o megalomani.
Il percorso museale comprende per la maggior parte casi americani poiché gli Stati Uniti sono il Paese con il maggior numero di serial killer al mondo, seguiti tristemente al secondo posto da Gran Bretagna e Italia che si contendono a pari merito questo macabro primato. Ma il museo ospita anche un serial killer proveniente dalla ex Unione sovietica, Andrey Chicatilo. Il nostro progetto in futuro prevede l’ampliamento dei casi con inserimento di nuove biografie di serial killer provenienti da altri Paesi del mondo.
Countess Bathori
DC: Crede si possa fare una connessione storico-sociologica fra questi episodi criminali?
GC: Credo sia possibile riscontrare alcuni fattori comuni ai più spietati serial killer che riguardano principalmente la sfera dei disturbi psicopatologici legati a traumi infantili e a relazioni primarie distorte e disfunzionali ma non è possibile fare delle generalizzazioni perché la storia annovera personaggi crudeli come Ted Bundy che non presenta nella sua biografia episodi tali da motivare la sua furia omicida.
DC: Crede davvero che la nostra epoca sia più violenta, o siamo abbagliati da una comunicazione di massa, talvolta manipolata?
GC: Credo che siano entrambi delle valide supposizioni e che ci sia una stretta connessione tra l’aumento della violenza nella nostra società e l’aumento dell’invadenza della comunicazione di massa nelle nostre vite. E’ indubbio che il concetto stesso di violenza oggi abbia assunto connotati macroscopici rispetto al passato, ma ritengo che ciò sia dovuto in larga parte anche al ruolo svolto dai media che come una cassa di risonanza fanno sì che l’eco di episodi violenti continui a rimbombare nelle nostre orecchie, con dovizia di particolari che a volte sembrano rispondere a curiosità morbose piuttosto che ad una sincera e necessaria ricerca della verità.
DC: Dove si trova la sede gemella messicana e perchè avete scelto il Messico?
GC: L'esposizione si trova a Città del Messico ed è patrocinata dalla PGJ, cioè la polizia messicana, è stato aperto per 2 anni ed ha avuto circa 200000 visitatori, la stessa sede oggi ospita la mostra dei vampiri che in 3 mesi è stata visitata da 50000 persone. E' stato scelto il Messico perchè è lì che da oltre 20 anni la mia famiglia ha attive varie esposizioni che hanno riscontrato sempre grande successo.
DC: Qual è il rapporto con i musei Oscuro Medioevo fiorentino, il Museo della tortura di Siena? GC: Il museo Oscuro medioevo fiorentino, come già detto, nasce in seguito al mio interesse per la storia medievale fiorentina, e al desiderio di narrarla al pubblico in una maniera innovativa ed interattiva. I musei della tortura sono un'attività della mia famiglia nei quali ho svolto ruoli di collaborazione e supervisione.
DC: Cosa pensa della pena di morte?
GC: Ritengo non posso essere considerata un valido deterrente alla lotta contro il crimine, ne sono un chiaro esempio quei paesi come gli Stati Uniti che la prevedono ma non ottengono gli sperati risultati di riduzione della criminalità.
Sedia elettrica
2 commenti:
Good Job!
Mi incantano sempre i tuoi spazi dedicati alle voci sotto scala...
Di tante cose dette io preferisco dire che non condivido la pena di morte per tanti motivi uno dei quali è che tanto la criminalità non diminuisce e poi chi la pratica non si pone allo stesso livello di chi la subisce?
Ciao e buona serata
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