In bicicletta
«Disubbidire fortifica.» pensavo, mentre la moto mi scoppiettava sotto al sedere. Il bastone infilato nel sellino e via, in ciclabile a scardinar la quiete. Certo, lo so, in ciclabile non ci si improvvisa funamboli col motore a scoppio. Certo, comprendo, ma di pedalare al sottoscritto poco importa, e poi la gamba destra spesso mi duole, e se posso evitare il traffico gustandomi il silenzio campagnolo, scarto le regole e mi butto a pesce nel fascino dell’infrazione. Eppure della bicicletta io ci scriverei un sonetto. Della bicicletta io ci farei un racconto. Oggi sì, ci scriverei un saggio, un tema a scuola, una sonata per soli violini.
La Provincia Autonoma di Trento ha inviato al proprio personale una circolare il cui oggetto si presenta così: “Infortuni Inail – modalità per l’utilizzo della bicicletta”.
Il contenuto veleggia poi in pochi paragrafi.
“La Provincia Autonoma di Trento sta proponendo misure concrete per rendere più sostenibile la mobilità sul territorio urbano anche attraverso l’incentivazione dell’uso della bicicletta. Nella città di Trento, in particolare, considerando la distribuzione capillare degli uffici provinciali, la bicicletta riveste un ruolo di mezzo di trasporto più efficace per razionalizzare i tempi di trasferimento da e verso i vari luoghi di lavoro.
Tuttavia la mobilità in bicicletta per lo svolgimento delle attività lavorative, ma anche nei trasferimenti da e verso l’abitazione dei/delle lavoratori/trici, deve poter contare su modalità di gestione chiare per l’eventuale verificarsi d’incidenti.”
Un giro di boa e poi ancora.
“Si ricorda agli/alle utilizzatori/trici della bicicletta che è necessario osservare scrupolosamente le regole previste dal codice della strada e che l’infortunio non sarà per legge ammesso ad indennizzo nel caso di abuso di stupefacenti o di bevande alcoliche.”
Dalla finestra dell’ufficio posso controllare la strada sottostante, due ragazzini fanno skate, spingono con un piede, l’altro sulla tavola; si inclinano in avanti, prendono velocità e sfuggono alla mia vista. Apro la finestra, li cerco, ma non li trovo più. Sono scomparsi.
Nel medesimo istante l’usciera del palazzo si avvia con garbo a bordo del suo velocipede. Pedala lenta eppure prende subito velocità – la discesa le sfugge da sotto le ruote. Sembra fin troppo leggera, le buste infilate nel cestino vibrano nell’aria del mattino. Ho paura che scompaia anche lei. Nel nulla. Risucchiata dall’orizzonte.
La voce mi esce senza controllo e, come una vecchia radio, la chiamo.
“Ma dove vai bellezza in bicicletta? Così di fretta pedalando con ardor?”
Nessuno risponde. Come sempre da un po’ di tempo in qua.
Doctor House
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