martedì 14 giugno 2011

perché perché una ragazza emancipata

Under the ruins of a walled city
Crumbling towers and beams of yellow light

I had to stop in my tracks for fear
Of walking on the mines I'd laid

Encircled (..) in trenches and barbed wire


Mi appare sempre più come una fortezza di 359° - mattone su mattone di autoprotezione - la mente di una signora di mia conoscenza.

Sotto palpebre pesanti occhi come fari spiano il mondo che, apparentemente vorticoso, simula continue trasformazioni.
Pasciute dita stanche accompagnano sillabe di certezze sfuggenti spillate da labbra spioventi, scolpite in sillabe marmoree.

Ogni volta che l’ascolto inneggiare alla superiorità dell’Italia e alla felicità di essere nata e vissuta qui -  rassicurata dalla superiorità della nostra libertà donnesca priva di veli e di burqa – mentre la città si popola di ‘beduini’, strali di terrore si dipartono dai miei occhi.

Beato pilastro di logica incentrata sull’autodimostrantesi superiorità etnica razziale culturale linguistica ed emancipata donnità, che mi fai venir voglia di mettermi il velo, dimmi cosa, oltre la casualità di esser nate nella stessa nazione e condividerne la lingua, ci unisce.



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