mercoledì 8 aprile 2009

B2B Dal Bangladesh a Bozen, con amore 2°parte

Nishat mi spiega che le donne raccolgono le foglie dell’henné, le tritano e le usano per fare i tatuaggi o tingersi i capelli. Così, il colore dura anche 3 mesi. Ma lei ha usato un henné in tubetto, di quello commerciale, ed ecco perché dopo pochi giorni non ne rimane quasi nulla. Non sapevo che l’henné fosse una pianta – non sapevo bene cosa fosse, a dire il vero. E faccio l’ennesima domanda scema: «ma sono capaci tutti di fare quegli splendidi disegni per i tatuaggi?» No, mi risponde, senza farmi pesare la mia stupidità… «Ci sono dei professionisti. Oppure delle donne che li sanno fare. Si possono fare che arrivano fino al gomito, ma a me non piacciono, li ho fatti solo poco oltre i polsi». Mescolo henné e ricordi di un’amica innamorata dell’India – che oggi vive là e che anni fa mi ha insegnato a usare qualche spezia. Lei l’henné lo teneva sui capelli, lunghissimi, tutta la notte. Io usavo quello in tubo, già pronto. Sono molto occidentale. Chiedo a Nishat che cappero ci fa a Bolzano. Possibile che sia venuta direttamente a Bolzano, dal Bangladesh?? Hai sbagliato strada, ragazza! - ma pare di no - Mi dice che dopo 8 anni di assenza dal suo Paese, non ci voleva mica stare e che il caldo umido non la faceva respirare. Non so da che città venga. Il nome mi è sfuggito. Mi fa vedere una foto di casa sua, sul telefonino – splendida mansion bianca con un lungo portico e decorazioni rosso scuro. No, non capisco che ci fai a Bolzano, Nishat! Eppure a un certo punto mi rivela «che vuole bene all’Italia» - perché comunque a Bolzano, nel nord, si sta bene. La famiglia di Nishat ha degli amici bengalesi che vivono a Napoli e a Roma. Amici che hanno un negozio e non rispettano gli orari di apertura e chiusura. Tengono aperto anche la domenica, anche se non si potrebbe. Tanto nessuno gli dice niente. Anzi, fanno tutti così. È proprio per quello che nessuno gli dice niente. A parte la moglie di uno di questi amici. Anche lei ha vissuto a Bolzano e vorrebbe fargli rispettare le regole. Nishat lamenta che il Bangladesh non le piace perché il governo è corrotto. «Oddio… - le dico – non è che qui si stia molto meglio in quanto a corruzione. C’è al sud e anche al nord, solo che qui non fa morti e i servizi funzionano di più, quindi non te ne accorgi. Magari i soldi delle bustarelle finiscono a costruttori edili che fanno una nuova, inutile rotatoria, e a nessuno viene in mente che ci sia sotto qualcosa di losco». Non mi sembra convinta. La storia del matrimonio mi affascina, mio malgrado. Mi racconta che suo marito ora sta in Inghilterra, deve finire di studiare. E poi la raggiungerà a Bolzano. Vorrei chiederle se è un matrimonio combinato. Mi sembra così placida e contenta di essere stata al centro della cerimonia, sul palco dove tutti gli invitati andavano a renderle omaggio, così compresa del ruolo di figlia maggiore promessa in matrimonio e oggi sposa, di cui il padre può andare orgoglioso, che non riesco a immaginarla figlia ribelle europeizzata, magari innamorata di un italiano, o addirittura di un tirolese. Che so, di uno Schützen? Non ce la vedo, insomma, a litigare con il padre e con la madre, come accade in certi film, per affermare la volontà di essere libera e sposare chi le pare. O forse ha davvero sposato chi voleva lei? Son domande indelicate, le mie – e Nishat non è mica un topolino da laboratorio. Quindi mi trattengo. Ma lo vorrei sapere, se nelle loro tradizioni esiste una specie di luna di miele e come si sente a stare lontana dal marito, subito dopo averlo sposato. Forse non cambia niente, se erano separati pure prima. E poi? Lui verrà a vivere con lei e i suoi genitori? Mi manca l’aria al solo pensiero!

Proseguo con le domande sceme, ingoio con una caramella quelle più curiose e chiedo alla mia compagna di viaggio se anche loro al matrimonio hanno un menù particolare - «sì, ma non come voi, che mangiate il primo, poi il secondo e l’antipasto. Noi mangiamo tutto insieme. E al mio matrimonio c’era tutto: carne, maiale, verdura, pesce, uova e poi frutta e tanti dolci. Proprio tutto. La gente ha dovuto mangiare a turni. Erano così tanti che abbiamo affittato un centro apposta, ma comunque potevano mangiare solo 300/400 persone alla volta, in turni di mezz’ora» Non mi sembra esattamente una cosa divertente, doversi ingozzare di cibo, dalla carne alla frutta al riso al dolce, in 30 minuti in un mega banchetto matrimoniale su turni, ma è forse meglio dei nostri pranzi eterni, con tutte quelle portate lente e pesanti? Di regola non vado ai matrimoni. «….via chat e Messenger» il rumore del treno ha tagliato la testa della frase e non saprò mai se Nishat e il marito si sentono via chat e Messenger, o se si sono conosciuti così. Se così fosse, sarebbe davvero una favola moderna: immagino siti di chat in bengalese, dove giovani emigrati in tutto il mondo fanno amicizia fra di loro, stringono promesse di matrimonio e convincono moderni genitori ad avvallarle. Fantascienza? Giuro che non guardo i film di Bollywood.
Porto a casa mille domande, e il saluto dolce di Nishat, che nell’ultima ora di treno si è messa a dormire per scrollarsi di dosso la stanchezza della settimana di feste, del mese di visite ininterrotte da amici e parenti, i 3 giorni di viaggio e il jet-lag. Ha continuato a darmi del Lei. Un’ora dopo esserci conosciute, facendo merenda mi ha chiesto «gradisce del pane?» Fosse stato uno stuzzichino bengalese, avrei trovato un posticino in pancia. Mentre dormiva, ho osservato Nishat – che pensa tanto ai soldi. Abbiamo calcolato che se fosse stato festeggiato in Italia, il suo matrimonio con 1200 invitati sarebbe costato almeno 84.000€ (con una media di 70€ a invitato); Nishat che in qualche modo vive come un vanto la spesa della sua famiglia di otto persone: 10mila euro solo di viaggio per celebrare il suo matrimonio. Osservo il vestito verde brillante, di un tessuto che sembra nylon e inadatto al freddo di oggi. Lo scialle, in tinta, è slabbrato a un capo. Quando il treno si ferma alla mia stazione scendo serena. So che ad attenderla, tra un’ora, ci sarà la sua famiglia. Trasporteranno il valigione. E solo a loro sarà dato vedere le stoffe, i gioielli e le foto del Bangladesh che contiene.
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1 commento:

Anonimo ha detto...

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