domenica 12 luglio 2009

brasile '82

Per chi l'ha vista, per chi non c'era, oggi parliamo di poesia. Di una squadra TAlmente forte che si dimenticò di dimostrarlo. Di una guglia senza fondamenta, di una scala a chiocciola appesa in cielo, di una lingua senza grammatica, di una legge senza articolo, in effetti di una squadra capo nè coda, senza portiere nè centravanti: così giocava il Brasile dell'82. Socrates, Junior, Cerezo, Falcao: con quattro registi non ci ha più giocato nessuno. Sarebbero stati fuoriclasse in ogni squadra, in ogni epoca, ma come fai, se il numero 10 è di un certo Zico? Proprio in questi giorni, ventisette anni fa, per togliergli la palla Gentile non seppe far altro che strappargli la maglietta. Giallo oro, sopra un torace forgiato sulle spiagge di Bahia. A dimenticarsi di segnare, a palleggiare fino al tramonto. Per passare il turno a quella squadra bastava pareggiare. Attaccò, leggiadra, temeraria. Come un ballerina sulle fauci di un coccodrillo. Bruto e rapido come Paolo Rossi. Il più banale dei nomi, di fronte ai loro soprannomi, che da soli facevano una telecronaca. E Rossi dette tre morsi, vorace. E poi fu Zoff, un sospiro, ma il più forte dei portieri, il più taciturno, a parare sulla riga, all'ultimo minuto. Dice che il calcio fornisce modelli. Specie ai ragazzi. A immaginare quella palla dentro viene da pensare a un mondo in cui i bambini studiano la geometria non euclidea e la geografia del pianeta, non quella della prvincia, e che da grandi non comprano bond nè Suv, che ascoltano Veloso, mica Britney Spears, che dialogano e non sparano. FORZA ITALIA mai ma forse un partito che si chiamasse FORZA BRASILE '82 lo voteremmo.

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