martedì 28 giugno 2011
100 centimetri
Nel 1842 l'Ucciardone, a Palermo, era un carcere. Da allora il Quirinale ha smesso di essere la residenza dei papi, a Firenze Palazzo Vecchio ha iniziato e smesso di essere sede del governo, a New York le torri Gemelle sono sorte e crollate. L'Ucciardone no: come allora, centottanta anni dopo, è ancora una galera.
Ignoriamo se il progetto prevedesse delle docce. Oggi, quando vanno in avaria, i carcerati vengono irrorati con una pompa da giardino. Se poi non stanno buoni li si mette, anche per dodici ore, in una cella che alla base misura un metro quadro. L'immagine del carcerato che impazzisce costeggiando le pareti qui sa di sollievo: la ginnastica del recluso nel "canile", così la chiamano, è impugnare le sbarre in una specie di cabina telefonica senz'apparecchio. Forse urlano, i torturati, forse no. Non sappiamo quanto questa misura faccia davvero paura: chi entra nelle carceri italiane usufruisce, sono dati e non iperboli, di uno spazio minore di quello che l'Unione europea prevede sia concesso agli animali.
Lo sappiamo grazie a Rita Bernardini, a Pannella e ad un partito, il radicale, cronicamente all'1%.
E gli altri? Quelli che detengono il restante 99, che fanno, nulla?
Purtroppo no. Fanno leggi come la Bossi Fini e la Fini Giovanardi, che quella situazione determinano.
domenica 26 giugno 2011
i diversi tali e quali
I Rolling Stones che lottano per diventare baronetti, Martin Luther King che si sbianca, Robespierre che sogna l'incoronazione, Zeman che rivendica il diritto di barare, Ghandi di sparare, Borghezio di ragionare.
Ci vengono esempi del genere, quando gli omosessuali chiedono di potersi sposare. Come se, davanti ad una tavolata intenta a banchettare con pietanze umane, il loro cruccio fosse di stare in piedi.
Non era rovesciarlo, che volevano, quel tavolo. Le loro proteste, bandiere, parrucche servivano a conquistarne uno strapuntino.
Sono stati derisi, emarginati, percossi; e invece di cambiarla, la società, quello che volevano, i diversi, era di somigliarle.
venerdì 24 giugno 2011
una bufera, per favore
Il poster della festa dell'Unità del 2011 mostra una mano che tiene giù una gonna che rischierebbe altrimenti di alzarsi giacchè, recita lo slogan, "cambia il vento". S'intravedono un paio di ginocchia, e fanno tenerezza. Alcune associazioni hanno denunciato Bersani per un uso strumentale del corpo della donna. A Bersani vorremmo dire che, invece, noi speriamo che quel vento soffi sempre più forte, e che magari, da qui a un anno, lo porti al governo. Nel 2012 potremmo vederne delle belle. O delle balle.
giovedì 23 giugno 2011
Silvia non è Brunetta
C'è del genio, di sicuro, in chi ieri, in piazza Montecitorio, verso i deputati, insieme a uova e ortaggi, ha scagliato dei libri. Perchè stridevano molto più degli avanzi di cucina, quei volumi, a un passo dai nostri rappresentanti. Forse l'episodio resterà nella storia, come le monetine su Craxi che in pratica gli davano dell'accattone. Quei volumi però erano una resa: "ci avette abbruttiti al punto che non sappiamo che farcene, dei libri". Oppure forse erano una spiegazione: "così impari", come dicevano le mamme severe di una volta.
Di certo in chi getta un pomodoro su di un palcoscenico c'è dileggio, mentre in chi esce di casa con Kerouak per scagliarlo verso il Palazzo c'è la disperazione di chi di armi ormai ha solo quelle non convenzionali.
Si dice che la lotta, la protesta, sta cercando nuove forme. Una potrebbe essere, al primo ministro che alza la voce, rispondere - come parte peggiore del paese - per le rime:
E come il vento/
odo stormir queste piante, io quello/
silenzio a questa voce/
vo comparando: e mi sovvien l'eterno/
e le morte stagioni, e la presente/
e viva, e il suon di lei.
mercoledì 22 giugno 2011
la finestra sul porcile
Una sera un tizio viene assalito, pestato e lasciato in fin di vita. Riapre gli occhi in ospedale, in sala operatoria, un attimo prima dell'anestesia. E in quell'attimo, negli occhi del chirurgo riconosce quelli del suo assalitore. Pare la trama di un giallo e invece è la cronaca dell'Italia, che a un passo dal tracollo, per riprendersi, si mette nelle mani di chi ce l'ha condotta. Tremonti, il ministro che l'evasione la combatte coi condoni. Ora annuncia una manovra da quaranta miliardi. E il colpo di grazia lo chiama rating.
Nei film, in punto di morte, si dice sempre qualcosa di importante. L'Italia, prima di fallire potrebbe pronunciare un dato: che la metà della sua ricchezza è in mano ad un decimo dei suoi abitanti. Titoli di coda.
lunedì 20 giugno 2011
chi si piega anche per pregare gode due volte
Davanti a una platea che voleva essere assecondata c'è voluto Luxuria per ricordare che se Ratzinger vede i gay come peccatori è perchè sul libro a lui sacro gli omosessuali sono condannati a morte. Niente male, nella festa di un partito, SeL, che nella sua bandiera porta il nome di Vendola, un omosessuale che si vanta di essere cattolico. Masochista o solo opportunista? I sondaggi già dicono che comunque sia, con Berlusconi già non c'è confronto.
in gabbia e senza cibo
Che fine faranno i canarini del vicino di Calderoli?
Ieri, a guardare, le immagini della sagra di Pontida era questa la nostra preoccupazione. Una volta in America per verificarne l'affidabilità si chiedeva all'elettore se fosse disposto ad acquistare un'auto usata dal candidato. Sarà l'estate che s'aprossima, invece noi immaginavamo il signor Brambilla in partenza per le spiagge che, come capita, chiede al vicino, durante la sua assenza, di badare alle piante, di aggiungere becchime ai canarini. E immaginavamo che il suo vicino fosse uno tra Calderoli, Borghezio, Bossi. Non vorremmo essere nei panni di quei canarini. Farebbero la nostra stessa fine.
sabato 18 giugno 2011
Gola profonda
B2B
Mancava, ieri sera a cena, B., un ragazzo pakistano.
Nell'incavo della sua assenza, un po’ guardinga, si è incuneata la signora B.
L’ho sempre osservata da lontano. Anche perché è bianca. Di un bianco flaccido, che quasi sembra flaccidità dell’anima.
La vedo spesso mangiare patatine.
Ero pronta a stupirmi. Per fulgore, intelligenza, cultura acume; dolcezza, simpatia.
Non per abissi di torpore. Neuronale.
Rugginose carie meningee.
Assoli di cellule mentali raggrinzite.
Come da galateo, annuisco – mentre B. loda la sua valle, che trovo brutta e deprimente.
Ero pronta a sorprendermi: chissà che fa, nelle sere che non viene al club? Intrepide discese in kayak lungo il Brenta? Amplessi muschiati sotto le stelle?
Contabilità aziendale. Mi annojo.
Ci metto del mio, stralciando con mani abbronzate ora spicchi di pizza ora antiche peripezie scolastiche.
Gola profonda
Quando il nome di Brunetta si insinua a metà di una coca media ci indigniamo. Poi, B. – finalmente – si lascia andare – «però, insomma, anche tutti ‘sti stranieri, ma io non lo so cos’è che cercano quando vengono qui – hanno un’idea, un’idea sbagliata – e poi, noi, la nostra democrazia, la nostra libertà, non ce la siamo mica ritrovata dall’oggi al domani – ci sono voluti anni di storia…- rutta - ecco e allora perché loro, non stanno a casa loro, a combattere per la loro libertà e i loro diritti, invece di venire qua?»
Ristò.
Rifletto.
Rigurgito.
Rutto anch’io?
Dovrei farlo. Che sono, le parole di B., se non flatulenza mentale? Rovescio di depositi fumosi, carie delle sue meningi. Marilopote significa, in greco antico, ingoiatore di fuliggine. È così che mi sento.
E mi colpisce, mentre penso a cosa dirle, l’avidità, che emerge dalle sue parole; che le mantiene in tensione.
Incespico – diplomatica mediocre – ammaino lo sdegno e ribatto «a mio parere, il vero scempio è altrove, i numeri di immigrati non sono problematici, i crimini che devastano il paese sono altri. E i criminali, non sul nostro pianerottolo; non nel nostro supermercato; sfrecciano in elicotteri e auto blu. Allora te la prendi col marocchino che sbaglia la differenziata e col negrone che ti chiede l’elemosina fuori dal Poli. Io non so, come me la caverei, se mi mettessero a vendere pizze in Bangladesh».
(E penso all’Italia come baia da cui salpare, non come approdo).
Avida. Come se democrazia e libertà fossero una torta. Da non spartire; come se l’immigrato di turno te ne togliesse una fetta.
Avida. Come se fossero un fiume: inquinabile da valori credenze abitudini lingue religioni diverse.
«Troppe vite diverse, difficoltà senza nome, regimi, schiavitù, dittature, di cui non conosciamo la portata – concludo – per erigersi a giudice delle scelte altrui». Ok. Uso parole meno scelte, ma è questo che le intendo dire.
Poi la pizza finisce. Saluti e baci. Ci si rivede a ottobre.
Kai hakahana
Kai hakahana – in rapa nui, è cibo del giorno prima che sta per marcire. Kai hakahana è, stamane, sotto il sole delle 7, la cena di ieri.
Perché non ho chiesto a B. perché, anziché a pappare pizze, non stavamo sulle barricate a fare «la rivoluzione, che ci vorrebbe, anche qui»?
Ancora, mi sento sola. Offesa. Dalla spudoratezza dei ruttini neuronali di colleghi, vicini, postini, cassiere, soci delle associazioni culturali, politici, baristi, bagnini.
Caro B. avrei dovuto registrare stralci di queste conversazioni.
Farti sentire cosa dicono, quelli che ridono e parlano con te – il campo sgombro della tua ombra extracomunitaria.
Nera. Nera abbastanza da incutere silenzio. Nera come la carie meningea che ci affligge. Affezione con rammollimento e distruzione del tessuto, dovuta a agenti batterici. Al tavolo, ieri sera, c’erano altri stranieri. Ma dell’Australia e dell’Uruguay. Molto bianchi.
E poi ingegneri, informatici, infermieri – gente – come si dice - che ha studiato e che ha viaggiato.
Che la lingua franca del millennio la usa, la conosce e potrebbe accedere con essa a soglie di pensiero e informazione oltre il ponte del razzismo di cortile.
"As I write, higly civilized human beings are flying overhead, trying to kill me.
They do not feel any enmity against me as an individual, nor I against them. They are 'only doing their duty', as the saying goes." (G.Orwell)
AIUTO
giovedì 16 giugno 2011
crisi
Ai semafori, finora, c'erano quelli che lavano i vetri. Spatola, spugna, secchio e sapone: tutto l'ufficio stava sopra un tombino. Da qualche tempo sono comparsi i pulitori di specchietti retrovisori. Una specializzazione che sta tutta in un fazzoletto. Tremonti, per favore, alla prossima manovra bada agli investimenti, che in mezzo a una strada c'è sempre più gente.
mercoledì 15 giugno 2011
Frivola frequentemente fregiata di fresco French manicure
Frivola e indolente anch’io, pacatamente digerisco ponderando la fenomenologia della French
A volte mangio troppe patatine. Soprattutto a ridosso della luna piena: mi assalgono voglie di piccante e di salato. A voi non capita mai?
O non ci avete fatto caso?
È rassicurante credere che parte dei nostri reflussi esofagei dipendono dal ciclo lunare. Che le oscillazioni e i turbamenti possano essere tracciati da un bioritmo della nostra energia mentale, fisica ed emotiva.
Poche certezze, appese a 2 link.
Comunque sia, mi bastano per non farmi la French manicure.
Secondo una interessante osservazione di Poldino, queste unghie finte, in un’amica comune, potrebbero valere da protesi emozionale. Un solido eso-scheletro per riparare incertezze e precari equilibri.
Spogliandomi ubriaca di cibo dopo una cena coi colleghi, mi abbandonavo ieri notte a queste psicosocio-considerazioni, risvegliate dalla malia di unghie finte su una collega improbabile fashion victim.
Cosa, a 50 anni, spinge una corpulenta signora di abituale tenuta casual-sportiva, a adornarsi le mani, seppur snelle, di leggiadre “farfalline” in gel acrilico e - forse consapevolmente – muoverle con nuova grazia e leggerezza dimenticando che è plastica colorata?
Trovo la cosa interessante.
A volte i ghirigori French sono graziosi.
Altre mi danno allegria, quei colori brillanti.
Ma quasi sempre mi ricordano i film porno americani, dove milf e signorine sfoggiano lunghissime dita frenchmanicurate che stringono allungano blandiscono accarezzano illanguidiscono pubi, ma soprattutto peni.
Quasi sempre, dunque, incontrando una French nostrana – e quanto più insospettabile tanto più intrigante, ça va sans dire – mi chiedo se le vezzose unghie ricostruite di amiche colleghe casalinghe farmaciste avvocate cassiere dentiste professoresse non fungano da obliqui inviti pornografici.
Trovo la cosa divertente. Cercando ‘French manicure’ Google.it restituisce 5 milioni di risultati – semplice, elegante, sensuale, la definiscono i siti italiani.
Mi auguro i destinatari di invitanti unghiate frivole prodotte da rassicuranti protesi dell’anima si lascino beatamente, languidamente sedurre.
Ok, ho digerito, vado a farmi un caffè.
DC
martedì 14 giugno 2011
perché perché una ragazza emancipata
Under the ruins of a walled city
Crumbling towers and beams of yellow light
Crumbling towers and beams of yellow light
I had to stop in my tracks for fear
Of walking on the mines I'd laid
Of walking on the mines I'd laid
Encircled (..) in trenches and barbed wire
Mi appare sempre più come una fortezza di 359° - mattone su mattone di autoprotezione - la mente di una signora di mia conoscenza.
Sotto palpebre pesanti occhi come fari spiano il mondo che, apparentemente vorticoso, simula continue trasformazioni.
Pasciute dita stanche accompagnano sillabe di certezze sfuggenti spillate da labbra spioventi, scolpite in sillabe marmoree.
Ogni volta che l’ascolto inneggiare alla superiorità dell’Italia e alla felicità di essere nata e vissuta qui - rassicurata dalla superiorità della nostra libertà donnesca priva di veli e di burqa – mentre la città si popola di ‘beduini’, strali di terrore si dipartono dai miei occhi.
Beato pilastro di logica incentrata sull’autodimostrantesi superiorità etnica razziale culturale linguistica ed emancipata donnità, che mi fai venir voglia di mettermi il velo, dimmi cosa, oltre la casualità di esser nate nella stessa nazione e condividerne la lingua, ci unisce.
lunedì 13 giugno 2011
l'elettore trentino
Votare - lo dicono fior di sociologi - è un atto sciocco. Nel calcolo di effetti e benefici uscire di casa, raggiungere il seggio, magari fare la fila, non vale la pena, non conviene. Senza considerare che spesso è di domenica. Magari a primavera. Un sacrificio vano. Per il singolo di vantaggi non ce ne sono. Dovunque la metta non sarà la sua crocetta a fare la differenza: l'elettorato può ammontare a milioni di votanti. Sarebbe l'astensione, invece, l'atto più logico, lucido, autonomo. In un referendum come quello di questi giorni, per esempio, votare equivale a prosciugare un mare con un cucchiaino, nella speranza che tutti gli altri cittadini facciano lo stesso: un'illusione, una cosa da stupidi.
Come mai allora a votare più di tutti sono stati proprio i trentini?
(No, che loro un mare da prosciugare non ce l'hanno non c'centra.)
domenica 12 giugno 2011
vermicino
Repubblica tv. Intervista a Walter Veltroni. Rievoca la storia di Vermicino. Il bambino caduto nel pozzo, la calca sul bordo, Pertini, le televisioni, gli speleologi, la trivella. E Alfredo - i giornalisti subito storpiarono in Alfredino - a trenta metri sotto terra.
La giornalista suggerisce se non sia una metafora, se con quella creatura nel tunnel non ci sia precipitata anche l'Italia. Veltroni conferma: fu la prima volta che si entrava nel privato, il debutto della tv che invade la vita, e fa della sofferenza uno spettacolo.
Poi la giornalista chiede se però Veltroni non avverta che l'Italia ne stia uscendo, da quel tunnel.
Veltroni conferma un'altra volta, ci sono i segnali di una rinascita, dice.
La giornalista saluta ripetendo il titolo dell'ultimo libro di Veltroni, edito da Rizzoli.
E io penso che, si fosse salvato, dopo 'sta marchetta Alfredo Rampi oggi avrebbe l'età giusta per spegnere la tv, cercare un pozzo, e, convintamente, buttarcisi.
giovedì 9 giugno 2011
chi non andrà a votare?
Quelli che stanno in ferie. Quelli che "se non c'è il televoto vuol dire che non è importante". Quelli che "a scuola non ci voglio tornare". Quelli che tanto non ci va nessuno. Quelli che mi fa male la pancia. Quelli che "ho un legittimo impedimento". Quelli che "la domenica si passa in famiglia". Quelli che stanno all'estero. Quelli che stanno a Campobasso. Quelli che lavorano. Quelli che "lo Stato cosa mi dà?" Quelli che "io la domenica dormo". Quelli che "Berlusconi ha lasciato libertà di voto e allora non so come la devo pensare". Quelli che "con questo caldo". Quelli che "dopo, appena ho tempo, ora che finisco di depilarmi le pareti interne del naso." Quelli che "ma io avevo capito che era la settimana prossima". Quelli che "è un referendum comunista". Quelli che "tanto poi fanno come gli pare". Quelli che "sono maggiorenne ma non voglio che si sappia in giro". Quelli che "a votare per il nucleare già ci sono stato". Quelli che "mia moglie non vuole". Quelli che "tanto non è che un voto in più o in meno". Quelli che "ma per favore". Quelli che "a Chernobil vuol dire che era destino". Quelli che "no, che al seggio poi mi guardano tutti". Quelli che "i medici mi hanno dato sei mesi di vita, fate un pò come vi pare". Quelli che "tanto se metto sì significa no". Quelli che "i problemi sono altri". Quelli che "con la scusa dell'acqua pubblica poi ci ritroviamo i matrimoni gay". Quelli che "nella cabina non c'è neanche l'ombrellone". Quelli che "non ho capito perchè vogliono privatizzare il legittimo nucleare". Quelli che "pannella ha rotto". Quelli che.... (da continuare a piacere)
lunedì 6 giugno 2011
sorpresismo
Domenica mattina pensavo: vorrei che la vita ogni tanto mi sorprendesse.
Quando il venditore di biglietti di Trenitalia chiede _a te_ se sai dove si trova il posto dei disabili sull’intercity, perché il suo programma aziendale di vendita biglietti non fornisce questa indicazione
Quando l’unico modo che ha per scoprirlo è una fotocopia illeggibile
Quando ti prenota un posto a caso, per conseguenza
Quando non sa e non può e non vuole usare il telefono aziendale per chiamare il call center per servizio disabili Numero Unico Nazionale 199 30 30 60 (Assistenza Persone a Mobilità Ridotta)
Quando si fa dare da Verona il numero del call center che troneggia a grandi lettere sulla parete dietro la sua scrivania
Quando l’assistenza disabili, per motivi ignoti, il sabato e domenica non c’è
Quando non esiste possibilità di parlare con una persona in carne e ossa invece di usare un risponditore automatico che insiste a chiederti se vuoi prenotare il viaggio per lo 0.0.2012 (e invece ti serve per il 6.6.2011)
Quando l’assistente il giorno dopo ti dice che sui treni a lunga percorrenza le carrozze disabili sono le numero 3
Quando un signore ti offre aiuto per mettere nel bagagliaio una sedia a rotelle e in cambio ti chiede l’elemosina
Ma vaffanculo alle sorprese. E a Trenitalia
DC
Quando il venditore di biglietti di Trenitalia chiede _a te_ se sai dove si trova il posto dei disabili sull’intercity, perché il suo programma aziendale di vendita biglietti non fornisce questa indicazione
Quando l’unico modo che ha per scoprirlo è una fotocopia illeggibile
Quando ti prenota un posto a caso, per conseguenza
Quando non sa e non può e non vuole usare il telefono aziendale per chiamare il call center per servizio disabili Numero Unico Nazionale 199 30 30 60 (Assistenza Persone a Mobilità Ridotta)
Quando si fa dare da Verona il numero del call center che troneggia a grandi lettere sulla parete dietro la sua scrivania
Quando l’assistenza disabili, per motivi ignoti, il sabato e domenica non c’è
Quando non esiste possibilità di parlare con una persona in carne e ossa invece di usare un risponditore automatico che insiste a chiederti se vuoi prenotare il viaggio per lo 0.0.2012 (e invece ti serve per il 6.6.2011)
Quando l’assistente il giorno dopo ti dice che sui treni a lunga percorrenza le carrozze disabili sono le numero 3
Quando un signore ti offre aiuto per mettere nel bagagliaio una sedia a rotelle e in cambio ti chiede l’elemosina
Ma vaffanculo alle sorprese. E a Trenitalia
DC
domenica 5 giugno 2011
il centravanti e la centrifuga
Dopo il doping e la corruzione degli arbitri, adesso il calcioscommesse, con tanto di compagni di squadra narcotizzati. Negli ultimi dieci anni il calcio non si è negato nulla. L'entità delle pene e chi le commina fanno immaginare che in futuro sempre meno i campionati saranno regolari. Del resto, ha commentato il giornalista Sconcerti, il calcio non è uno sport, è uno spettacolo. Una messinscena, insomma. Compresa, aggiungiamo, quella dei presidenti che investirebbero milioni per passione. Accumulando debiti, ma continuando, come bambini, a rincorrere una coppa o a litigare col centravanti. O almeno questo è quello che ci raccontano. Intere cittadinanze danno loro retta, neanche sfiorate dal sospetto che quella del pallone sia una enorme lavatrice di soldi sporchi davanti ai tanti, poveri appassionati, inebetiti a guardare l'oblò.
sabato 4 giugno 2011
europride: due passi all'estero
Ha un altro modo per sconfinare, in questi giorni, molto diverso dal Vaticano, chi si trova a Roma.
Basta andare all'esquilino, per la verità già enclave di suo, ed entrare nel parco di piazza Vittorio, dove si tiene l'Euro pride. In una scala che misura con 12,5 i diritti riconosciuti agli omosessuali in Inghilterra e con 2 quelli in Albania, un organismo internazionale all'Italia ha dato zero. Pare davvero allora di espatriare, in un'isola di musica, baci e magliette. Oltre che birre, spillate dal bar "coming out" o da "I am georgeous". Negli stand non si incontrano solo l'associazione dei genitori omosessuali, la libreria di settore e i microfoni di radiodigay, ma anche l'unione degli atei, gli animalisti, una mostra di fotografia, una di prodotti fetish e altre ancora. Alcuni offrono massaggi gratuiti, altri spille per una campagna. Si incontrano culturisti con barboncino al guinzaglio, valchirie a braccetto e sposi in pantofole e pancetta che spingono il passeggino. Borchie e panciere. Mentre sul palco una violinista esegue classici del rock seguita da un duo in cui lei suona la batteria e lui canta. Qualcuno, di sotto, ci trova un ritmo e balla.
Viene in mente Gino e L'Alfetta, la canzone di Daniele Silvestri, quando all'uscita ci si imbatte nella polizia. Serve a difendere la festa, chiaro. Si capisce da un manifesto subito fuori, di un partito che se la prende col sindaco per averla permessa.
Bentornati in Italia.
giovedì 2 giugno 2011
united colors of Italy
In Inghilterra gli immigrati vengono in gran parte dalle ex colonie, come in Francia. In Germania dalla Turchia. In Spagna dal Sud America. In Italia no: ospitiamo mezza Albania ma, oceania a parte, non c'è praticamente continente che non sbarchi sulle nostre coste: dagli africani ai filippini, dai cinesi ai peruviani ai rumeni. Un incontro di razze che forse solo gli Stati Uniti possono vantare. Ecco, appunto: vantare. Perchè, l'anno prossimo, il 2 giugno non può diventare l'occasione per una sorta di rassegna delle culture che ospitiamo? Una specie di carnevale mondiale, una sfilata di balli, un incontro di lingue.
Magari, sotto il volo delle frecce multicolori.
2 giugno
Che la repubblica la si festeggi a passo di marcia, tra un carrarmato e un missile, in via dei Fori imperiali, pare una scena di Woody Allen. Il bandierone srotolato dal colosseo ricorda le regie di Charlie Chaplin. Film già visti, che non fanno più neanche ridere. Come i caccia con il loro smog tricolore. E provare col gas esilerante?
mercoledì 1 giugno 2011
di che colore è la capacità?
Pisapia inizia contraddicendosi. Quando gli hanno chiesto che criterio adotterà per scegliere gli assessori ha risposto la capacità e la coerenza, poi però ha detto che metà della giunta sarà formata da donne.
E se di donne brave e coerenti ce n'è una di troppo che fa, la esclude per colpa del sesso?
E se invece è di maschietti bravi e coerenti che ce ne sono d'avanzo cosa fa il neosindaco, gli preferisce un'assessora col merito di avere le tette?
Se era per quelle, tanto valeva tenersi la Moratti.
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