Rita Charbonnier è autrice di due romanzi. Il primo, “La sorella di Mozart” (Corbaccio, 2006) è stato pubblicato in dodici Paesi, tra i quali Austria, Germania, Francia e Stati Uniti. Il secondo, “La strana giornata di Alexandre Dumas”, è una novità di Edizioni Piemme.
E’ stata attrice e cantante in teatro per diversi anni. In seguito ha iniziato a collaborare come giornalista con riviste di spettacolo, a scrivere sceneggiature e poi romanzi.
Abbiamo il piacere di avere nuovamente con noi l'autrice di "La strana giornata di Alexandre Dumas" e di soddisfare alcune curiosità...in 2 parti
DC: mi incuriosisce molto andare un po' indietro nella tua storia e scoprire come e quando è nata la tua relazione con la scrittura
Rita Charbonnier: Bisogna andare parecchio indietro. Sono l’ultima di sei figli, mia sorella e i miei fratelli sono più grandi, e sono stati loro a insegnarmi a leggere, verso i quattro anni. Ho iniziato a scrivere quasi subito: poesie, raccontini, e più tardi un giornalino di quartiere. Allora i blog non c’erano. C’erano le macchine da scrivere e la carta carbone; per raggiungere la tiratura di 15 (!) copie dovevo battere a macchina l’intero giornale cinque-sei volte, perché più di tre copie carbone alla volta non venivano. Scrivere era un godimento e avrei sopportato anche di peggio; forse cercavo l’approvazione del mio ambiente, forse la soddisfazione di un’esigenza comunicativa, forse entrambe le cose. Parallelamente facevo piccoli spettacoli, massacrando i bambini più piccoli del vicinato con turni di prove da denuncia al sindacato attori; curavo la drammaturgia, l’allestimento e le musiche.
DC: vorrei sapere come la scrittura si sposa con le tue altre attività professionali - in qualche modo mi sembra vi sia un fil rouge che le unisce...
Rita C.: Hai colto nel segno. Anche se non faccio più teatro da un pezzo, immagino che nei miei romanzi, soprattutto nei dialoghi, l’esperienza di palcoscenico si avverta almeno un poco. Ho recitato per quasi quindici anni, in generi diversi, in contesti diversi, e ho imparato ad afferrare, e in qualche modo a prevedere, la reazione positiva del pubblico di fronte a un effetto ben costruito; quindi ho sviluppato una certa consapevolezza dell’andamento, o della scena, o della battuta che potrebbero “funzionare” (la certezza ovviamente non c’è mai).
DC: che cosa ti spinge a scrivere di personaggi storici - a cui dare una valenza anche 'simbolica' o, se vogliamo, di 'parabola' di messaggio che scavalca i secoli per raggiungerci nella modernità?
Rita C.:Anche qui hai colto nel segno. Non credo che i miei possano essere definiti romanzi storici classici. Io non vado a scegliere un’epoca X per imbastirci una storia il più possibile vicina alla cosiddetta realtà; cerco piuttosto di andare per temi. Ne “La sorella di Mozart” ho esplorato il tema della realizzazione personale. Nel nuovo romanzo, “La strana giornata di Alexandre Dumas”, il tema è l’identità. Se è vero che la figlia di una coppia nobile è stata scambiata con il figlio di una coppia qualunque per ragioni di eredità, di chi siamo figli? Di chi ci genera o di chi ci alleva? Quanto conta la sensazione dell’appartenenza a una famiglia nella costruzione della nostra personalità? E il nostro destino è scritto nel codice genetico?
In questa prospettiva, rivendico la libertà dell’autore. Credo che cercare di aderire alla realtà storica sia una battaglia persa. Non esiste una realtà storica oggettiva. Gli storici si accapigliano quasi su tutto e anche la storiografia è un genere letterario. All’ultima Fiera del Libro di Torino mi sono ritrovata a fare una tavola rotonda con Cinzia Tani e Leda Melluso. Entrambe hanno appena scritto un romanzo su Federico II di Svevia. Tani (“Lo stupore del mondo”, Mondadori) lo dipinge come un eroe, Melluso (“La ragazza dal volto d’ambra”, Piemme) come un mascalzone. Quale delle due ha ragione? Entrambe! O Pirandello non ci ha insegnato proprio niente. Certo, ci sono cose che in un romanzo storico è meglio non fare. Non puoi sostenere che Alexandre Dumas era il nonno segreto di Hitler. Cioè, puoi anche farlo, se proprio ci tieni, ma rischi fortemente di vincere l’Oscar della Stupidata.
La copertina del romanzo (Ed. Piemme)
DC: come è iniziato il tuo rapporto con l'editoria? Ovvero - hai bussato a tante porte, hai trovato subito quella giusta - ti è venuto a ''stanare'' qualcuno?
Rita C.: Ha ha ha! Qui non ti stana nessuno e soprattutto nessuno ti regala niente. Quello dell’incontro fortuito è un mito metropolitano. Qualcosa di fortuito, però, nel mio caso c’è stato. Anche se scrivevo da sempre, anche se una volta abbandonato il teatro mi ero messa a scrivere per la televisione, non vagheggiavo di scrivere romanzi; non era nei miei pensieri, se non nella forma di sogno irraggiungibile per me tapina. Nel 2000 decisi di scrivere un soggetto cinematografico sulla sorella di Mozart; mi misi al lavoro seriamente, andai a Salisburgo per le ricerche, e lì feci mente locale sul fatto che nel 2006 ci sarebbero state grandi celebrazioni mozartiane, perché sarebbero ricorsi i 250 anni dalla nascita. Questo, pensai, avrebbe potuto aiutare il mio progetto. Il soggetto vinse un premio europeo; scrissi la sceneggiatura, che suscitò interesse qua e là, anche un mezzo contratto, ma il film non quagliava. E intanto gli anni passavano e il 2006 si avvicinava. A un certo punto capii che per il film non c’era più tempo. Forse per un romanzo sì.
All’epoca ero fidanzata con un giornalista inglese. Appena gli dissi che pensavo di scrivere un romanzo sulla base della mia sceneggiatura, lui mi urlò in faccia: “That’s a great idea!” E poi mi diede un ottimo consiglio: trovati un agente letterario. In Inghilterra e negli USA è una cosa ovvia, qui da noi quasi non si sa che esiste questa figura professionale. Trovare l’editore giusto è compito dell’agente, che prenderà una percentuale sugli introiti dell’autore; compito dell’autore è trovarsi l’agente giusto. Su Internet ci sono tutti i recapiti; bisogna prendere contatto, inviare i propri scritti e sperare che siano valutati positivamente.
Mi dicono però che adesso molti agenti chiedono soldi (bei soldi, anche 600 euro) per valutare gli scritti. Io immagino che in tempi di crisi la gente si attacchi dove può e credo sarebbe meglio perlomeno cominciare dai pochi che ancora non chiedono soldi. Se uno ha una sommetta da spendere, forse è meglio investirla in un corso di scrittura; se anche gli insegnanti non sono dei geni, almeno avrà la possibilità di confrontarsi con altre persone che nutrono il suo stesso sogno.
DC: e da scrittrice, come vedi il panorama editoriale (e scrittorio) nazionale? Ci dai un parere sia sulla piccola/media che sulla grossa editoria?
Rita C.: Riguardo alla piccola editoria, come è noto anche qui c’è gente che si fa pagare dagli autori per pubblicare i libri. Questo non è tanto normale. Autori ben più qualificati di me si sono scagliati contro questo sottobosco. La situazione normale è che l’autore non paga, ma viene pagato con un anticipo sui diritti di vendita che in seguito dovrà percepire (una percentuale sul prezzo di copertina, di norma attorno all’8%. Poi ci vanno tolte tasse e commissioni di agenzia, per cui su un libro che costa attorno al 16 euro all’autore ne entra in tasca circa uno). Però adesso c’è il self-publishing; e ci sono stati casi di libri autofinanziati finiti sulla scrivania dell’editore importante, che li ha acquisiti e ripubblicati. E poi si cita sempre Proust, che pubblicò a proprie spese “Dalla parte di Swann”… in conclusione, non ci sono regole. L’unica regola credo sia cercare di capire per quale ragione si scrive, e per chi, e agire di conseguenza.
Riguardo alla grossa editoria, immagino che essere Angelina Jolie offra alcuni vantaggi rispetto all’essere un’attrice magari anche più brava, ma che fatica a raggiungere il pubblico. I grandi editori hanno grandi risorse per la promozione, e soprattutto per la distribuzione – che è di importanza fondamentale. Il libro deve essere facilmente reperibile in libreria. Anche qui è un po’ come per il cinema: se il film non esce nelle sale, chi lo vede? Sì, i libri si possono ordinare, anche su Internet, ma nella maggior parte dei casi vengono comprati e letti dalle persone che li pescano in libreria. Solo la grande editoria può garantire una distribuzione massiccia e capillare.
to be continued....
Nessun commento:
Posta un commento