domenica 15 febbraio 2009
forza I
Italia-Brasile 1 a 4. Qualcuno ancora se la ricorda; era il 1970. C'era anche Bulgarelli, appena venuto a mancare. C'era anche Burnich, contro Pelè. La tenacia contro la classe pura. Con risultato ribaltato dodici anni dopo, nell'82, con Tardelli, Gentile, Oriali contro Falcao, Zico, Socrates.
Fino a qualche tempo fa le scuole calcistiche erano come caratteri nazionali. Brera diceva che per indole gli italiani non potevano che gicoare in contropiede, segnare d'astuzia, dopo essersi barricati in area. D'altro canto i panzer tedeschi avanzavano più o meno come combattevano, i portoghesi estenuavano col loro palleggio, gli spagnoli erano per tutti le "furie rosse." Gli olandesi dopo Cruiff si fecero meccanismo. Gli slavi giocavano come suonano: funambolici, estrosi, teatrali.
Poi, nel '90, l'Italia di Sacchi. E la Francia africana. E il Brasile che sforna difensori, portieri, pedalatori.
Oggi nella fase finale del campionato europeo per club un terzo dei giocatori sono sudamericani. In Italia Camoranesi, argentino, è diventato campione del mondo. Il Portogallo schiera Deco, la Spagna Senna, entrambi Brasiliani. L'Inghilterra, allenata da Capello, ha abbandonato i suoi assalti rugbistici.
La libera circolazione delle merci in europa e la globalizzazione in genere cancella le specificità: le partite italiane somigliano sempre di più a quelle del campionato spagnolo, inglese o francese.
E allora, a che servono le nazionali?
Ormai contrappongono giocatori che per il resto dell'anno giocano continuamente contro o spesso fianco a fianco. Si risolvono solo in un occasione per cantare inni e sventolare bandiere. Abitudini che non hanno mai portato a nulla di buono.
Ma il calcio resta un gran bello spettacolo. E allora perchè non fare nazionali miste? Magari per ordine alfabetico: una rappresentativa formata da giocatori italiai ma anche indiani, iracheni, iraniani ma anche israeliani la tiferei.
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2 commenti:
Avevo 9 anni ed ero milanista. Mi ricordo la sofferenza perché Valcareggi non metteva su Rivera.
Nei mondiali dopo mi esaltai con Cruyff e l'Olanda scippata in Argentina.
Gianni Brera la sapeva lunga, nel 1988/89 andai in dissidio con lui su Sacchi, mio compaesano. Gli scrissi una lettera polemica su Repubblica, che venne pubblicata con sua risposta elegante ma stroncante sulle mie teorie calcistiche sacchiane. Non me la presi, era troppa la mia ammirazione.
a queste condizioni sarei disposta a vedere una partita (ma vorrei anche il taglio drastico degli stipendi dei pallonari)
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