lunedì 16 febbraio 2009

The Italian Job: Cap. 1

Sono appena entrato in ufficio e già avverto nell’aria i sibili della sommossa. Alla guida una collega. Il campo di battaglia è un ufficio pubblico. Sommossa, guerriglia, chiamatela come più vi allieta, ma il soldato è furibondo e non può fare nulla per debellare l’inaspettata resistenza al lavoro. «Non riesco a sedermi! Non posso infilare le gambe sotto la scrivania!». Impossibile lavorare. In piedi non è possibile. Inginocchiati neppure. Il resto della truppa conviene nel definire assurdo quel trasloco improvvisato, quelle nuove sedie pervenute direttamente dal magazzino. Nuove. Mai sfiorate da un altrui sedere. E infatti è di quella seduta il difetto! Troppo alta e che (oltraggio e mistero) non è dato abbassare. Il pistone centrale è eccessivamente lungo, bisogna intervenire. Un acceso dibattito e l'intervento delle menti migliori tenta di arginare il dramma per giungere ad una conclusione. Io inizio a grattarmi un orecchio con la bic e mi arrovello sulla questione. Potrebbero chiedere una sostituzione della sedia - dato l’acquisto erroneo, sarebbe una scelta attuabile. Dovrebbero rispedire la seduta al mittente dicendo: «accorciatemi il dannato pistone» - eventualità neppure considerata. E dire che sul pistone una piccola vite fa capolino con un vezzo da diva d’altri tempi. Improvvisamente avverto una raffica di urla incresparsi sul muro confinante. Sono arrivati al dunque. E giunge il silenzio. Amnistia. Pace. Solennità. La scelta è astuta e repentina: «chiamiamo dei mobilieri e ci facciamo alzare le scrivanie». Perché non ho partorito io questa sistematica alternativa? Troppi i miei anni spesi a lavorare lontano. Troppi i fiati trattenuti per sfuggire all’alito pesante di un capo supremo. Ora è tutto diverso: il dipendente pubblico incombe. Ed io ascolto. «La lontananza sai è come il vento» – bisbigliava mia nonna. Ho quasi l’impressione di sentirla proprio ora. Mi precipito sul corridoio slittando sul linoleum color pervinca. Tutto è nuovamente silenzioso. Tutto tace. Qualche telefono squilla. Nessuno risponde.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ahi,ahi,ahi …. La prima parte mi ha lasciato l’amaro in bocca!!!!..

Il tuo post precedente D.C. mi ha caricato con grosse aspettative… e si sa, un libro è come un viaggio… e se ti aspetti troppo rimani un’po delusa!

Stessa cosa con gli articoli sui blog!

Mi spiego…

E’ scritto benissimo, ( fin troppo e mai imparerò a scrivere così!) ma è privo di quel pathos ruspante e bucolico che aleggia negli uffici pubblici di mamma Provincia o del patrigno Comune…tralasciando ( nessun s’offenda) tutto il resto dell’ambiente pubblico)

Inoltre i riferimenti alla realtà sono troppo improvvisati e mancano di dovizia di particolari, oltre a contenere delle cose di pura fantasia…

Si sa! La merce viene tutta dal “Patrimonio” …. Che in maniera “oculata” e senza “discrezionalità” (ahhh ahhh ahhh) ti foraggià delle migliori poltrone. Ma ragazzi… non chiedetene la sostituzione per così poco!

Per fortuna la prima parte del racconto del Dr. House si conclude con quello che mi aspettavo… una vera immagine di vita …...
“Mi precipito sul corridoio slittando sul linoleum color pervinca. Tutto è nuovamente silenzioso. Tutto tace. Qualche telefono squilla. Nessuno risponde.”

E qui capisco che non si tratta di un ufficio Provinciale o Comunale… ma di una realtà più vasta….

Corro a vedere il suo profilo e leggo…”GOVERNO”…. Ahi,ahi,ahi.. ora capisco.

E’ un best seller per pochi… io mi aspettavo un classico dell’idiozia trentina, il famoso “Silvano con le tavole della legge” scritto da L. Dell’aglio o il classicismo “Fuga dal Comune” di A. Pakerin’s o il più avvincente “Attaco al potere” di Divinks Sergio …..

Beh…speriamo che le cose si facciano avvincenti anche se per molti di noi, comuni e mortali lettori, sarà come leggere un libro di fantascienza….

Ogni famiglia Trentina ha un dipendente pubblico al suo interno… ma non in una PA cosi lontana dalla nostra realtà!

Alla prossima che attendo con impazienza!

Buon lavoro DR House !!!

Donna Cannone ha detto...

Ciao Paoletta,
ovviamente il Dr House NON sono io.
Le tue osservazioni puntuali sono preziose. Allerto il Doc, così si bilancia.

Anche io mi aspetto delle puntate molto 'hard'. (Credo che l'approccio sia battagliero ma anche volutamente tragicomico).

Dr. House ha detto...

Gentile Paoletta,
ho appena ricevuto segnalazione del tuo accurato post. Hai ragione sul definire improvvisati alcuni riferimenti e sono volutamente improvvisati. Sai, l'anonimato è un'esistenza complessa da gestire. Devo però affrontare alcune tue giuste segnalazioni. E' vero che tutto giunge da un "patrimonio" ma credi alla mia oculata valutazione quando affermo che non è così scontato che la "merce" pubblica sia qualitativamente valida. Anzi. Spesso il nucleo pubblico somiglia più al bestiame che non alla ricercata nobiltà, quindi non pensare che tutto sia così "fantasioso ed irreale". Vivo costantemente a contatto con una quotidianità da ridefinire e se è da ridefinire un motivo valido esiste. Ho anche volutamente tralasciato l'aspetto più bucolico e, se vogliamo, banale della faccenda. Non sono barzellette o vane freddure. E' storia vera e il tragicomico ci appartiene, ma mai in forma tale da annulare la quotidianità più assurda. Siamo esseri assurdi messi a socializzare dentro ad un sistema con un'identità ancora più strampalata. Pazienta dolce fanciulla. E' solo l'inizio, un primo capitolo, una prima folata di parole che tutto dicono e nulla realmente esprimono. Ma è solo l'inizio. Hai però ragione in un dettaglio: "per molti di noi, comuni e mortali lettori, sarà come leggere un libro di fantascienza", anch'io avrei parlato così qualche anno fa, ma se si impara a leggere tra le righe la fantascienza rispecchia la realtà più di qualunque altra satira scontata e casuale.
Le porgo i miei più cordiali saluti nell'auspicio di risentirla quanto prima.
Dr House