dagli amici di http://www.dosstrento.net/dosstrento/
Una riflessione inviata da Franco.
L’ex direttore de “L’Adige”, Paolo Ghezzi, ha pubblicato un suo corsivo sul quotidiano di lunedì 28 c.m. dal titolo “Filippo G. Sopravvissuto al Natale” ( “cuori matti” ).
Non capisco perché si è voluto identificare il Signor Filippo G. con un pubblico dipendente ( potrebbe essere benissimo anche un giornalista, un politico o uno dei tanti personaggi appartenenti a qualsiasi altra “casta” ) se non al solo scopo di descrivere una serie di luoghi comuni entrati oramai a forza nell’immaginario collettivo e al fine di fare una bella coreografia al suo racconto, ma penso che il Dott. Ghezzi abbia centrato ( forse involontariamente vista magari l’influenza professionale data da Vita Trentina) il tema dell’ipocrisia del Natale.
Senza voler entrare nel merito di una serie di banalità/luoghi comuni filo cattolici ….
- Chi decide se un nome ( Luna ) è bello o brutto?
- Chi ha detto che milioni di separati e divorziati, detesta il Natale?
- Chi ha detto che si deve essere per forza filo Ratzinger viste, sentite e lette le sue conservatrici prese di posizioni che stanno andando dalla parte diametralmente opposta di quella di Wojtyła ?....
- Chi ha detto che milioni di separati e divorziati, detesta il Natale?
- Chi ha detto che si deve essere per forza filo Ratzinger viste, sentite e lette le sue conservatrici prese di posizioni che stanno andando dalla parte diametralmente opposta di quella di Wojtyła ?....
… penso però che il pezzo possa fare effettivamente riflettere tutta una serie di persone ipocrite, tutte quelle persone che si sentono “più buone e felici” a Natale salvo poi il fatto di comportarsi e sentirsi (dentro e fuori) come autentici “Figli di P****a” per tutto il resto dell’anno!
Evviva quelli che sono onesti con se stessi come il Signor Filippo G., quelli che non hanno una maschera “natalizia”…
evviva quelli che sono coerenti, che sanno di essere “cattivi” ma quando decidono di essere buoni lo sono per davvero, quelli che a natale non fanno regali, ma li fanno durante tutto l'anno o al di fuori delle feste comandate. Evviva quelli che vedono allo specchio chi sono e non hanno maschere, quelli che hanno un cuore, magari duro ma vero, quelli che non sono ipocriti…. Neppure a Natale!
Cordiali saluti
Franco
Questo il testo di Paolo Grezzi.
Filippo G. – Sopravvivere al Natale!Quando la felicità è tornare in ufficio, il lunedì mattina
Di Paolo Grezzi – L’Adige 28-12-2009
“Tvtb papi. Buon Natale :-))))”.
Filippo G., 37 anni, dipendente provinciale, non sopporta le abbreviazioni negli sms.
E non sopporta gli smiley, fatti con le parentesi chiuse per simulare un sorriso di felicità. Lui questo Natale - un orribile Natale inondato di pioggia - non è felice neanche se sua figlia, la sua unica, gli ha messo 4 parentesi sorridenti dopo quell’orribile tvtb, che sembra la sigla di una televisione commerciale e invece sarebbe: Ti voglio tanto bene.
Non lo commuove nemmeno se l’ha scritto la sua bambina fantastica, la sua Luna. E si domanda come hanno fatto, lui e Donatella, a darle un nome così tremendo, che forse per un cagnolino, ancora ancora... ma per un essere umano?
Come hanno potuto?
Comunque Luna questo Natale lo passa con sua madre e Filippo G., come milioni di separati e divorziati, detesta il Natale. Di Gesù bambino non gli importa più nulla da tempo, e se una svizzera rossovestita si scaglia contro il papa bianco nella basilica di San Pietro, lui fa il tifo per la svizzera.
Filippo G. non ha spedito un singolo sms di auguri, e non sopporta di riceverli, specie quelli con le citazioni celebri e l’autore tra parentesi, come in un bacio Perugina, o quelli enfaticamente affettuosi: “auguroni”, “augurissimi”. E detesta soprattutto quelli che gli scrivono: “Un 2010 pieno di tutta la felicità che ti meriti”. Ma chi se la merita, la felicità? La felicità è un regalo passeggero, un soffio, una coincidenza. Nessuno se la merita.
Apre il libretto che gli ha regalato la biondina dell’ufficio accanto, con cui ha avuto una toccata e fuga tre mesi fa, in un weekend uggioso, su un lago fuori stagione. Intermezzo non sgradevole, pensa adesso, ma niente a che vedere con la felicità.
Gli viene da pensare che forse si è felici solo da bambini (ma lui si ricorda solo il gran pianto di paura in braccio al Babbo Natale aziendale del dopolavoro di papà), o al primo lento alla seconda festa di classe in quarta ginnasio, o alla terza birra scura in un pub di Dublino. O quando si fa qualcosa di grande: tipo rischiare la vita per amore, o morire per cercare di salvare gli altri, come i quattro alpinisti della Val di Fassa, sepolti insieme in un abbraccio di neve.
Filippo G. apre il libretto di Seneca, testo latino a fronte che gli ricorda i tempi dell’Arcivescovile. “Cum de beata vita agetur...”: Ma quando si parla della vita felice, non mi puoi rispondere come per le votazioni: “la maggioranza sta da questa parte”. Infatti è la parte peggiore. Per le faccende umane non funziona così bene: le cose migliori sono sgradite ai più. La folla è la peggiore conferma. ...”.
“Ut meliora pluribus placeant...”. Il latino è musicale, pensa Filippo G. mentre gli si abbassano le palpebre e si addormenta con la luce accesa.
Poi fa un sogno: domani è lunedì, si torna in Provincia, il mio ufficio ben riscaldato, il salvaschermo con i pesci tropicali, la biondina della porta accanto che tacchetta in corridoio andando a fare fotocopie... E per la prima volta, dalla mezzanotte della vigilia di Natale, Filippo G. si sente impercettibilmente, inesorabilmente felice.
Filippo G., 37 anni, dipendente provinciale, non sopporta le abbreviazioni negli sms.
E non sopporta gli smiley, fatti con le parentesi chiuse per simulare un sorriso di felicità. Lui questo Natale - un orribile Natale inondato di pioggia - non è felice neanche se sua figlia, la sua unica, gli ha messo 4 parentesi sorridenti dopo quell’orribile tvtb, che sembra la sigla di una televisione commerciale e invece sarebbe: Ti voglio tanto bene.
Non lo commuove nemmeno se l’ha scritto la sua bambina fantastica, la sua Luna. E si domanda come hanno fatto, lui e Donatella, a darle un nome così tremendo, che forse per un cagnolino, ancora ancora... ma per un essere umano?
Come hanno potuto?
Comunque Luna questo Natale lo passa con sua madre e Filippo G., come milioni di separati e divorziati, detesta il Natale. Di Gesù bambino non gli importa più nulla da tempo, e se una svizzera rossovestita si scaglia contro il papa bianco nella basilica di San Pietro, lui fa il tifo per la svizzera.
Filippo G. non ha spedito un singolo sms di auguri, e non sopporta di riceverli, specie quelli con le citazioni celebri e l’autore tra parentesi, come in un bacio Perugina, o quelli enfaticamente affettuosi: “auguroni”, “augurissimi”. E detesta soprattutto quelli che gli scrivono: “Un 2010 pieno di tutta la felicità che ti meriti”. Ma chi se la merita, la felicità? La felicità è un regalo passeggero, un soffio, una coincidenza. Nessuno se la merita.
Apre il libretto che gli ha regalato la biondina dell’ufficio accanto, con cui ha avuto una toccata e fuga tre mesi fa, in un weekend uggioso, su un lago fuori stagione. Intermezzo non sgradevole, pensa adesso, ma niente a che vedere con la felicità.
Gli viene da pensare che forse si è felici solo da bambini (ma lui si ricorda solo il gran pianto di paura in braccio al Babbo Natale aziendale del dopolavoro di papà), o al primo lento alla seconda festa di classe in quarta ginnasio, o alla terza birra scura in un pub di Dublino. O quando si fa qualcosa di grande: tipo rischiare la vita per amore, o morire per cercare di salvare gli altri, come i quattro alpinisti della Val di Fassa, sepolti insieme in un abbraccio di neve.
Filippo G. apre il libretto di Seneca, testo latino a fronte che gli ricorda i tempi dell’Arcivescovile. “Cum de beata vita agetur...”: Ma quando si parla della vita felice, non mi puoi rispondere come per le votazioni: “la maggioranza sta da questa parte”. Infatti è la parte peggiore. Per le faccende umane non funziona così bene: le cose migliori sono sgradite ai più. La folla è la peggiore conferma. ...”.
“Ut meliora pluribus placeant...”. Il latino è musicale, pensa Filippo G. mentre gli si abbassano le palpebre e si addormenta con la luce accesa.
Poi fa un sogno: domani è lunedì, si torna in Provincia, il mio ufficio ben riscaldato, il salvaschermo con i pesci tropicali, la biondina della porta accanto che tacchetta in corridoio andando a fare fotocopie... E per la prima volta, dalla mezzanotte della vigilia di Natale, Filippo G. si sente impercettibilmente, inesorabilmente felice.