giovedì 3 aprile 2008

Mario, (per favore) riapri, prima o poi.


La Scaletta chiude; o meglio cambia gestione, che è come dire cambia anima.
Il più malfamato, il più sano dei bar di Trento muore come certi animali senza più habitat. Una chitarra non basta più per ritrovarsi, né un mazzo di carte, un piatto di polpette, un giornalaccio dell’altroieri.
Oggi ci vuole l’happy hour, oggi si sorseggia nei wine bar.


Esiste ancora un posto dove ci si incontra invece di sfilare?
Dove non ci si muove tra specchi, dove il pavimento non luccica?

Dove sui muri si leggono poesie
invece che acronimi e croci uncinate?
Ai ragazzi che nella scaletta non vi metteranno mai piede bisognerebbe spiegarlo che c’è stata una Trento senza festival dell’economia, feste vigiliane, mercatino di Natale. Una città dove si faceva la spesa, non lo shopping, dove sulle facciate del centro c’era un palmo di povere, in piazza duomo un parcheggio ma pascoli appena più in là, al posto delle tangenziali di oggi. Quando si giocava alla morra, non a Sudoku.
Quando a sociologia si discuteva di rivoluzione, non di crediti. Quando si faceva “all’amore”, non sesso.
Anni di fabbriche, non di progetti di boulevard, di mercatini rionali, non di centri commerciali, di buoni postali, non di bond argentini.
Nelle fotografie in bianco e nero di quegli anni a Trento non c’è mai il sole. Colpa della Kodak più che dell’effetto serra, ma quella era una città più alpina di quella di oggi, anche senza il festival del cinema della montagna. Anche se per arrivare a Pergine ci voleva un’ora. Anche se sciare non era così trendy.
C’è chi difende l’identità negando a poveri cristi un tetto per pregare o chiamando specialità le mele e la polenta.
Molto meglio del cous cous, dicono, perché quelle sono nostre.
Ma un’identità è come una lingua: se la difendi vuol dire che è già morta. Forse perché non siamo più capaci di trovarci tutti insieme da Mario, che offro io.

7 commenti:

Marina ha detto...

Ciao donna cannone sono quella del Paese dei balocchi....ti sto scrivendo con un dito tagliato stamattina mi sono infortunata con un vaso dell' Ikea lo stavo spolverando. E' il terzo dito della mano sinistra....significativo! Complimenti al designer de sto vaso maledetto.
Mi chiedevi di Etleboro, si secondo me e' un sito affidabile anticipa tante belle notizie rispetto ai nostri tg.
Riguardo al tuo post hai ragione stiamo perdendo tante sane tradizioni che rispecchiavano il nostro modo di essere italiani, la colpa purtroppo e' anche della moda e della grande massa di persone che ne viene sviata. Purtroppo il bar da fighetti e' trendy, la fetta di sopressa e polenta e' roba da vecchietti. Io invece penso che da sti vecchietti c'e' molto da imparare e per una forma di rispetto nei loro confronti dovremmo salvare le tradizioni.

il Russo ha detto...

Ciao donna cannone, ho sempre sospettato che fossi una doppiogiochista, scoprendo il tuo vero sito da te imprudentemente segnalato me ne sono definitivamente convinto... AH AH AH
Per un attimo ho barcollato: MA SONO SCHERZI DA FARE DOPO CHE NON TI SEI FATTA SENTIRE TUTTO IL GIORNO????
Un abbraccio all'unica, vera e inimitabile donna cannone!

Donna Cannone ha detto...

Ciao Russo!
hai visto che roba???
Ci ho messo tutto il giorno per crearlo :-p

Donna Cannone ha detto...

Buongiorno Marina, e benvenuta sul blog a 2 piazze: c'è posto per tutti.

Grazie per la visita e la risposta.

Tornerò a trovarti, e spero che nel frattempo le cose girino un po' meglio!!

Marina ha detto...

Grazie del pensiero. Posso allacciarti ai miei link?
A presto

Gennaro Cannolicchio ha detto...

il problema è che purtroppo la mentalità dello "shopping", del "sudoku" e del consumismo in generale, della bellezza a tutti i costi è frutto della globalizzazione tanto voluta da chi ci ha governato negli anni passati e ora raccogliamo i frutti! Di sicuro senza un rimbambimento generale delle masse ad opera dei mass-media tutto questo non sarebbe stato possibile e forse questo locale (che purtroppo non ho avuto il piacere di conoscere) oggi non chiuderebbe.

Chi la pensa come noi è purtroppo una razza in estinzione, e forse anche pericolosa!

Un abbraccio.

Anonimo ha detto...

Non saprei trovare una posizione così netta.
Dopo eterni mesi nei paeselli di montagna, dove resistono le tradizioni, o sono dure a morire, oppure sono tenute in vita con il respiratore del turismo organizzato, mi viene l'asfissia e non trovo nulla di male a girare in città, stare al passo con i cambiamenti, razzolare e curiosare nelle nuove e diverse culture.

Credo sia più una questione di "genuinità" e schiettezza delle persone, ma non saprei dire quanto esse siano determinate dal mantenimento di stili di vita "antichi".

Spesso in città vedo gente così artefatta e mascherata, truccata, travestita - che sembra lanciare grida d'alarme, "salvatemi da mes stesso/a" chè non so più cosa fare per sembrare integrato/a.

Ecco, lì sarebbe bello intervenire, scalzare la maschera dell'artificio, ritrovare la persona, mettere a nudo l'anima.