martedì 30 giugno 2009
domenica 28 giugno 2009
DOVE CI FU AMORE SEMPRE CI FU ANARCHIA
Giorni fa su un muro ci è capitato di leggere:
DOVE CI FU AMORE SEMPRE CI FU ANARCHIA
Chi passava di lì ci avrà notato. Non si scorda un uomo che pomicia avidamente con un graffito. Perchè vi andrebbero portati in viaggio di nozze le coppiette che si giurano amore, che fanno patti, che si danno regole. Rendendo il loro un rapporto, invece che un incantesimo. Facendone una propaggine dell'ufficio. Con vendette e sotterfugi, ordini, permessi e premi.
E anelli. Di catene, anche se non si dice.
Chissà chi ci ha iniettato questa malattia. Di desiderare qualcosa e quindi di volerla controllare, costringere. Senza capire quanto tutto ciò sia umiliante prima di tutto per noi. Che non veniamo cercati spontaneamente, che, come più o meno diceva De andrè: non facciamo l'amore per amore ma per avercelo garantito.
C'è, ci deve essere, una maniera di volteggire come i paracadutisti quando lasciano l'aereo, di tuffarsi l'uno verso l'altro.
Invece spesso tenersi per mano è solo un non lasciarsi scappare.
Parte forse anche da qui l'educazione verso una società più libera, di individui reponsabili, non di coatti e truffatori. Instauriamo la giornata del family mai, e aboliamo dalla costituzione quest'istituto che regoralizza anche l'affetto.
Non siamo contrari al matrimonio per i gay. Siamo contari al matrimonio.
vaffan'curia
Anche quest'anno sono finite le Feste Vigiliane. Feste del santo patrono San Vigilio con cui per tradizione, cioè da una decina d'anni, Trento prova ad attrarre turisti anche nel breve intervallo in cui non c'è nè la neve nè il refrigerio estivo. Tentativo finora riuscito tanto bene che il periodo delle feste si è via via allungato, dilatato, allargato, fino a lasciare scoperti un paio di giorni all'anno in cui tutta la cittadinanza, per l'ebbrezza di non essere più in festa, si lanci in balli e canti sfrenati.
Delle feste vigiliane la curia locale in effetti ha lamentato l'eccessiva lunghezza per questioni di decoro urbano indicate in qualche lettera di San Paolo ai netturbini, probabilmente.
Qualcuno le ha dato ragione, qualcun altro no, qualcun altro si è chiesto cosa c'entri Dio con le rievocazioni medievali.
Nessuno si è chiesto cosa c'entri Dio con la curia.
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sabato 27 giugno 2009
Sri lanka, italia
La polizia criminale ha arrestato l'astrologo Chandrasiri Bandara, dopo aver predetto un cambiamento ai vertici del potere nel corso di una riunione del maggiore partito d'opposizione, lo United National Party. L'uomo che è autore di una rubrica molto seguita sui giornali locali è stato spesso ospite di radio e tv, sarebbe stato interrogato per più di tre giorni. Così fanno sapere i suoi familiari interpellati dai giornalisti. Nello Sri lanka gli oroscopi sono molto seguiti dalla popolazione, al punto che gli astrologi posso giocare un ruolo politico importante influenzando il voto, e vengono spesso consultati dai politici prima di prendere delle decisioni.(http://www.peacereporter.it/)
venerdì 26 giugno 2009
dolomiti patrimonio mondiale, (e il patrimonio delle dolomiti)
Nè la Calabria nè la Toscana, nè la Sardegna nè il Monte Bianco, nè il Gargano nè il Salento nè il delta del Po. Il bene naturalistico proclamato dall'Unesco patrimonio dell'umanità sono le Dolomiti. Trattasi, per chi abbia preferito finora godersi la natura invece che visitare i posti da cui ogni tanto qualche autoctono scalatore provvidenzialmente si stacca, precipita, si schianta e si iberna, di un complesso montuoso a cavallo delle provincie di Pordenone, Trento, Bolzano, Belluno. Tra i meriti culturali quello di aver ospitato, ancora nel 1700 gli ultimi roghi di streghe. Il fumo invece oggi lo fa la fascia che va da Milano a Venezia, proprio lì vicino, giudicata anni fa una delle megalopoli più inquinate del mondo. Per la fauna spicca qualche orso non ancora imbalsamato, sulla flora non voglio lusingare le erbacce davanti casa mia.
Si vede che ci sfugge qualche aspetto, ci siamo detti. Ah, sì, certo, quello geologico. E un altro: che tutte le provincie interessate tranne Belluno,hanno amministrazioni autonome. Sono più ricche, quindi.
Chissà se chi ha dovuto decidere, nella riunione dell'Unesco se n'è accorto.
il fu michael jackson
A quanto pare ha cessato di vivere quello che Wikipedia definisce il più grande cantante pop di sempre. Chissà se nella tomba, come in un libro di Wilde, tornerà come era una volta o se anche in questo momento ricorderà a tutti come eravamo e come ci siamo ridotti.
giovedì 25 giugno 2009
speriamo che gli facciano le scarpe
Ve la ricordate la testata di Zidane a Materazzi? ERa il più forte giocatore del mondo che si ribellava alle offese di un mestierante e alla fortuna sfacciata di tutta la sua squadra. Che stava pareggiando non si sapeva bene come contro la Francia, più forte, organizzata, fresca. A rivederla ormai come un documentario, la finale del mondiale 2004 pare un incontro di box in cui un campione riempie di botte un teppista di periferia che però inspiegabilmente non cade. Anzi vince ai rigori.
Eppure nelle piazze o sui poster dentro le camerette dei ragazzi non ci pre ci fosse lo stesso orgoglio dell'82.
Forse perchè quella squadra, l'Italia, era piena di gente compromessa. Juventini che avevano vinto scudetti minacciando e corrompendo arbitri. O dopandosi, non solo secondo Zeman. Ad allenarla Lippi, bravissimo a vincere con la Juve, misteriosamente fallimentare con l'Inter, padre di un ragazzotto un pò troppo amico di Moggi.
Ora, passati tre anni, in nazionale più o meno ci sono le stesse facce e gli stessi polpacci, ma ancora più vecchi, più tatuati, più ricchi.
Basta guardarli perdere con l'Egitto per capire che hanno smesso anche di essere fortunati.
Perchè l'Italia non ricomincia da capo?
mercoledì 24 giugno 2009
forza papi, ancora uno sforzo.
Certa gente si fa il lifting, si trapianta i capelli e risparmia sul dentista. chissà come bacia male.
martedì 23 giugno 2009
margaret mazzantini: carta da sparati
Ci sono cani che passano la vita ad odorare il deretano dei simili. Noi siamo più sfortunati: leggiamo la Mazzantini.
“Passi” neanche fossero del vangelo del suo ultimo libro furono letti nell''ultimo concerto del primo maggio dal presentatore, Sergio Castellitto. Sì, suo marito.
Anni fa la signora Mazzantini promosse un convegno sull'infibulazione. Presenti Afef e Susanna Agenelli. Due buoni motivi per cambiare opinione. In seguito, era il 2003, di Mazzantini e consorte, nel corso di un congresso PDS il segretario Fassino lesse una lettera. Poi il partito si sciolse.
Alle elezioni europee la premiata coppia ha fatto una dichiarazione di voto per Pannella, sì quello che siccome gli operai lo sciopero della fame lo fanno controvoglia voleva abolire l'art. 18.
Nel frattempo, dal suo cottage in Toscana Margaret Mazzantini dopo grossi sforzi di cui parla nelle rare, quotidiane interviste, aveva espulso “Venuto al mondo,” ghiotta occasione per la Mondadori di occupare le vetrine delle librerie con tomi di 529 pagine.
Che purtroppo per noi sono sporche d'inchiostro. La storia è quella di un colonnello dei carabinieri che spinge il figlio di quello che crede il primo marito della sua attuale moglie a seguirla sui luoghi paterni. La frase, lo so, è ingarbugliata, ma di fronte alla trama è una barzelletta.Triste, però.
Carlo Giuliani aveva vent'anni, era di Genova. Lo uccise un carabiniere. I suoi commilitoni festeggiarono. Nel romanzo il primo marito della protagonista fa il fotografo, è di Genova, è magro e giovane. Dai discorsi e dalla vita che fa ci si mette poco a dargli del no global. Infatti muore.
Invece il carabiniere, il secondo marito, campa e alla fine è su di lui che si posa l'ultima pagina: “gli piace sempre meno, questo mondo che prende le impronte digitali ai bambini Rom, che scheda le creature minori."
Ora, a parte che creature minori lo dici a tua sorella, non vi pare una losca operazione di pacificazione?
SUPERAMENTO ALGEBRICO un racconto di Roberta Oss
Si parte dal presupposto che l’amore non ha confini. Tale ipotesi va ricordata per tutto il racconto.
C’era un uomo, vestiva colorato, molto colorato, talmente colorato da essere malvisto. Usava il rosa, il verde pisello, il giallo. Com’è noto, superata una certa età, il buongusto non permette più colori negli abiti. Tutti erano beige, grigio, nero, bianco, marroncino…lui era fucsia, canarino, azzurro. Stava spesso solo a pensare e a ripensare al suo grande amore. Nelle vene gli scorreva un grande amore, gli irrigava il cervello ed il cuore ogni mattina. Gli dava l’energia di un giorno di cerimonie. Il suo però era un amore quasi impossibile, si vestiva colorato appunto per fare in modo che quando la sua amata lo avesse visto lo avrebbe notato...
Era innamorato del numero 4, 4 scritto in numero e non in lettere proprio per sottolinearne il concetto matematico. Aveva sempre avuto la passione per il 4, ci pensava di continuo. Di tutte le cosa faceva gruppi di 4. Trovava il 4 ovunque, nei paesaggi, nei quadri, nei volti…Uno dei primi numeri, ancor prima del 5, che è comunque un cubo, una somma, è pari e puro. L’uomo colorato amava il 4. Ma come fare per incontrarlo? Non facile. Lui, però, aveva una teoria: cambiare la dimensione. Forse, si diceva, le dimensioni sono come lastre parallele in fila. E tutto ciò che c’è al loro interno risulta da fuori come disegni di fluidi, luci e lente esplosioni in un acquario bidimensionale nel buio del nulla. Il nostro mondo, i pomeriggi visti dalla finestra che non torneranno mai, i palazzi in periferia ripetuti 4 a 4 come dejavu, i giorni, il pane lasciato sul tavolo al crepuscolo mentre la luce nella stanza scende e tutto diventa buio senza far rumore, le attese con l’ansia nello stomaco, le attese con l’ansia nel cuore, i baobab secolari su cui nascono le scimmie - 4 enormi rami, 4 scimmie su ciascun ramo -, i pensieri inutili che ti distraggono da chi vuoi essere, le molle arrugginite nei materassi delle discariche, i linguaggi incompatibili, i granchi infreddoliti sugli scogli bagnati dal mare nella notte…tutto un insieme di fluidi variopinti in una piastra trasparente allineata a mille altre, governate tutte quante da un demiurgo assente ed illuminato.
Dunque l’uomo colorato, forte della sua teoria, progettava come saltare da un acquario all’altro.
Però come fare il salto? Come si fa a saltare fuori dalla dimensione contingente? Come scindere la strategia in tattiche, e poi le tattiche in azioni?
Primo tentativo.
Si mise a bere.
Teoria. Il suo ragionamento era che stordito dall’alcol lui sarebbe saltato fuori dal suo corpo in coma etilico ed avrebbe percorso il tunnel nero verso la luce bianca, e lì in fondo, ad attenderlo, il 4 sarebbe finalmente stato suo, per fondersi poi come Dante ed il paradiso.
Pratica. Si mise a bere tristemente a casa, da solo, in cucina. Una piccola cucina silenziosa con la luce artificiale.
1, 2, 3, 4, bicchieri, la testa gli girava, poi altri 4 bicchieri… rovesciò la bottiglia, sul pavimento si disegnò rapida una macchia porpora, barcollò a fatica fino al divano. Accese la tele: il volume era altissimo e lui non ricordava più come abbassarlo, continuava a schiacciare il tasto 4. Arrivarono a suonare i vicini. Lui era livido ed interrotto. La vicina era una donna grossa, spumiglia molle con gli occhi come chiodini fissati in faccia, la bocca piccola e rossa era un rubino in fuoco pieno di parole acute ed assillanti che le uscivano dalla bocca caotiche ed aggressive come le montagne russe. Gli chiese, con la cortese spocchia del mediocre, di fare meno rumore…lui col dito al cielo e gli occhi asimmetrici biascicò qualcosa di insolente, lei aggrottò gli occhi, mani sui fianchi e bocca aperta, dunque lui più oltraggioso, e via dicendo… La conversazione andò avanti con toni sempre più accesi e ricordi sempre più confusi….
Svegliandosi il giorno successivo, in preda ad un mal di testa incomparabile, trovò la spumiglia al suo fianco: amara rinoceronta nuda e sudata, con la bocca sformata nel rosso.
Il primo –disastroso- tentativo era fallito.
Secondo tentativo.
Passi lunghi nel corridoio senza fine, l’albergo isolato in una pianura sperduta sotto le stelle silenziose. Un esercito di porte a destra e uno a sinistra, ma lo sguardo è risoluto ed il passo calcato. Un gorgo di numeri da ogni lato: sussurrano, bisbigliano, lo spiano. Ma tra tutti i numeri non c’è il 4.
Apre la porta numero 37, e dentro nulla, buio, rumore di frigo che ronza e di legno dei mobili, solo un senso di mancanza che spreme via la linfa dai muscoli; da lì sarebbero scappati anche gli spettri.
Apre l’85: una donna pallida, rugosa e scarna è seduta sul bordo di un letto da bimbo. Vestita da hostess rosso-blu succhia un enorme leccalecca fatto a spirale bianca e nera, dagli occhi della donna le pupille escono come fili di liquerizie nere che lentamente disegnano mulinelli nell’aria: la donna lo guarda, poi lei ed i suoi occhi serpe si voltano dall’altra disinteressati e tristi.
Nella 203 una famiglia di obesi, madre, padre, figlio di 8 anni e ragazza di 16, tutti grassi, disgustosamente grassi, imbalsamati in una tuta da ginnastica come protesi davanti ad un megaschermo che proietta una cascata di cioccolato fuso riverso su un maiale con il grugno cacciato in una torta alla panna. La sedicenne tonda lo guarda e sorride maliziosa, perché forse lei ha un’idea, sì lei ha un’idea, ma non succede nulla. Lui chiude la porta dietro di sé.
Stanza 93, non ci sono finestre, c’è solo una persona di schiena che salta qua e là, sembra stia ballando, ma in realtà sta scrivendo a macchina, una macchina da scrivere enorme, lunga 2 metri, poggiata sul pavimento; per scrivere una lettera bisogna calcare sul tasto (che è grande come un bicchiere) con entrambe le mani. Smette di scrive, si gira affaticato, ansimando e lo guarda. Si guardano. Ma lo scrivano è concentrato, assorto nel suo mondo, e di certo non può essere d’aiuto, così l’uomo colorato esce senza far rumore.
Stanza 132, apre la porta e quasi precipita! Baratro nella notte oltre lo stipite. La porta da sullo strapiombo, lo spazio è immenso, è come se la porta dal nulla si aprisse sul cielo cupo di un dipinto, e in fondo c’è il mare, il mare che cento metri sotto sbatte sugli scogli fragoroso. L’uomo resta in ammirazione dell’acqua, ne ascolta il rumore, il canto ripetitivo. Le stelle sono poche e la luna è un sorriso accennato. Rimane all’entrata del dipinto marino in attesa di un dolce qualcosa, odorando l’aria di mare. L’aria di mare ancora un istante, l’altalena di stelle ancora un momento. Sale umido nelle narici, evoca e trasporta lontano, ipnotizza gli atomi e chiude gli occhi. Ma l’aria cambia odore. Il sale s’intreccia al sapore di carne. Un flutto più forte degli altri. Un rumore distinto. Le onde si sfasano. Qualcosa si muove sotto la superficie, sembra enorme, immenso, emerge, una massa che sale dagli abissi. Affiora fragorosamente, il boato, il rumore che fa tremare i denti e la cassa toracica…ed ecco l’orrore, la tachicardia, il panico, superati solo dalla curiosità di vedere cos’è; cosa blocca i muscoli, la paura o la curiosità? Eccolo che arriva, l’uomo trema, sbarra gli occhi, urla. Chiude la porta di scatto, tutto finito, ora solo un corridoio silenzioso ed interminabile.
L’indirizzo dell’albergo delle Miracoli l’uomo colorato lo aveva trovato scritto sulle pareti di una cabina telefonica, la gente in generale sottovaluta le scritte che ci sono per strada.
Secondo tentativo fallito
Terzo tentativo
I due primi tentativi di arrivare al 4 avevano una cosa in comune: erano concepiti come un percorso, una ricerca dinamica, fasi successive. L’uomo immaginava che per uscire dalla sua dimensione avrebbe dovuto spostarsi, trasferirsi…risultato: fallimento. Pertanto forse la vera soluzione stava nell’immobilità, nell’ascetismo al di là dei sensi. Collassare inerti, saldati all’epilogo di sé, stanchi contro vento con le palpebre che svengono, turchese sotto gocce di assenzio che piano piano scompare in una pozza, attendere speranzosi la primavera come fa una stalagmite in Antartide. Attendere e attendere e attendere, pensando in continuazione che ormai non succederà più nulla perché è troppo che non succede nulla, ma rimanendo sempre con una specie di speranza acida nello stomaco.
Quando non c’è soluzione finché l’inferno non ti manda un angelo a cui compri un momento di evasione gioiosa in cambio del purgatorio e di una fetta di coscienza. E dunque ecco forse la soluzione: il sonno. Il sonno profondo di chi non si sveglia con il terremoto. Inabissarsi nel torpore mentale, filo d’erba risucchiato nel vortice senza pensieri.
Dunque l’uomo colorato attese la notte, abbassò le tapparelle, s’infilò il suo pigiama rosso arancio e verde e si mise a letto. L’intenzione era prendere coscienza di sé nel sonno. Svegliarsi durante il sogno, creare lì un mondo frutto della sua volontà onirica in cui attendere il 4 per il resto del tempo.
Ma era nervoso, la sua testa era popolata dalle scale di Escher e lui non ne usciva, perso nei corridoi a rincorrere il letargo. Si sciolse nelle paranoie di chi non riesce a dormire, si incastrò in riflessioni senza fuga, finì lanciato da ragionamenti sterili in pozzi neri, ed ogni volta che gli sembrava di perdere razionalità rinsaviva dall’emozione e non dormiva. Notte insonne senza futuro.
Il giorno dopo si alzò cotto con gli occhi caldi. Lavò svogliatamente i denti, a stento la faccia, si vestì (meno colorato del solito) ed andò in città: il frigo era vuoto e la fame chiamava. Prese l’autobus per qualche fermata, era pieno di gente scontata e discorsi sentiti. Scese pigro sbuffando. Che nebbia quel giorno. Si avviò verso il supermercato schivando gli sguardi. Salì le scale di pietra rosa che conducevano alla piazza principale. Guardava per terra, contando i ciottoli, 4 poi altri 4, dando poco peso alla strada, era sempre la stessa da anni.
Camminava, immerso nei suoi pensieri, disorientato, la città non gli interessava e gli sembrava quasi confusa. Alzò lo sguardo: di nuovo le scale per la piazza principale. Avanti. L’edicola, la fermata dell’autobus, la fontana fatta a conchiglia, le scale… pieno di scale, nebbia e luce ora. Rimaneva abbagliato ad ogni raggio di sole, anche se non era veramente sole…era luce. Confondeva le persone con le statue ed i rumori con le ombre. Scale e vicoli. L’edicola, la fermata dell’autobus, la conchiglia. Vide qualcuno venirgli incontro deciso: un piccolo e giallo pachiderma ciondolante con i capelli lunghi. Era la 16enne obesa dell’albergo dei Miracoli. Vestiva con un completo canarino e scarpe arancio ed era tonda, gustosamente tonda, anche gli occhioni neri erano tondi. Sorrise lenta e dolce in controluce. Gli disse che all’albergo dei Miracoli, se voleva c’era una stanza tutta per lui, perché sapevano tutti che aveva perso il sonno quella notte, ed in quella stanza avrebbe dormito bene…la numero 4.
L’uomo non se lo fece dire due volte.
Seguì la ragazza. Prima per strada; poi si addentrarono attraverso una specie di vicolo, sbucarono e trovarono scale, scale infinite, sovrapposte e disordinate. Luce bianca nella nebbia, abbagliante, corridoi, chiocciole e vicoli dalle alte pareti, il bianconiglio era un canarino gigante, che muoveva lento come una ninnanna, una nenia ripetitiva come il dondolare di una culla…ma che percorso strano quello…a seguire un ombra gialla nel niente…con riverberi che occultano la vista…e foschie indulgenti…le scale ed il dondolare….si stava realmente muovendo? Chiamò la ragazza che procedeva senza sosta, lei si girò e sorrise, era piena di piume dorate ora ed il suo sorriso era sormontato dalla sua proboscide elefantiaca, ma era molto dolce e aveva negli occhi la luce e la spirale. L’uomo, quindi, non si oppose e continuarono il percorso. Quant’è bella un’ossessione per chi ne ha una, solo chi non ne ha mai avute pensa che sia da malati. Quanta compagnia fa un’ossessione, c’è solo lei splendida nella notte, grande come il mare, ripetitiva ed infinita come le sue onde. A cos’altro puoi giurare fedeltà sinceramente.
D’un tratto la guida si fermò: disse all’uomo che doveva proseguire da solo e volò via gracchiando sgraziata, perdendosi nella foschia.
Era solo, nel nulla di una pianura di sabbia. Il cielo era biancoarancio nebbioso. All’orizzonte in lontananza si vedevano strane cose volare nell’aria, come goffi scatoloni di metallo con le ali, ed esplosioni, erano bombe o fuochi d’artificio? Si accorse che avrebbe potuto sceglierlo lui, si accorse che stava sognando…sognava cosciente. Inaspettatamente all’orizzonte vide una nave arrivare verso di lui. La prua d’oro e le vele rosse e leggere come papaveri, cascate di papaveri che occhieggiavano al vento. Solcava le sabbie lentamente. Si avvicinava e non arrivava mai.
L’uomo sentì d’un tratto qualcosa come un urlo sott’acqua, ma lì per lì gli sembrò solo nelle sue orecchie. La nave era ferma davanti a lui. La polena lo guardava, la polena era un piccolo baobab nodoso da cui emergeva il volto di una giovane donna, ed era stata la polena a fare quell’urlo, ora cantava soavemente acuta.
Lui era immobile attendeva chi doveva scendere dalla nave, sentiva un vagone delle montagne russe in fiamme che dallo stomaco gli correva in gola e ritorno. Sentiva le vene pettinarsi dalla tensione.
Scese dalla nave il 4. Scese dalla nave il 4. C’era, davvero, c’era. Il 4 che scende da una nave che solca il deserto è proprio così come uno se lo immagina. Si guardano. E ancora si guardarono.
Lui si perse negli occhi del numero e tutto si fece vortice attorno…un istante dopo erano nella stanza numero 4 dell’albergo dei miracoli. Era una stanza da letto di un albergo tedesco, tutto in legno di ciliegio e tendine rosse e bianche. E i due amanti l’uno di fronte all’altro si lasciarono finalmente andare, nell’incredulità del 4, che da anni cercava quell’uomo colorato saltando da una dimensione all’altra.
Epilogo
L’uomo colorato si svegliò e la tristezza lo prese, era sveglio, dunque non più in contatto con l’amata…
Si accorse però che era sveglio in un letto di ciliegio, e che qualcuno dormiva al suo fianco. Scostò le coperte, e trovò il 5, il 4+1, il 5 è un 4 incinta tutto sommato con una grossa pancia gravida davanti. Perché come se diceva all’inizio, si parte dal presupposto che non ci siano limiti all’amore.
C’era un uomo, vestiva colorato, molto colorato, talmente colorato da essere malvisto. Usava il rosa, il verde pisello, il giallo. Com’è noto, superata una certa età, il buongusto non permette più colori negli abiti. Tutti erano beige, grigio, nero, bianco, marroncino…lui era fucsia, canarino, azzurro. Stava spesso solo a pensare e a ripensare al suo grande amore. Nelle vene gli scorreva un grande amore, gli irrigava il cervello ed il cuore ogni mattina. Gli dava l’energia di un giorno di cerimonie. Il suo però era un amore quasi impossibile, si vestiva colorato appunto per fare in modo che quando la sua amata lo avesse visto lo avrebbe notato...
Era innamorato del numero 4, 4 scritto in numero e non in lettere proprio per sottolinearne il concetto matematico. Aveva sempre avuto la passione per il 4, ci pensava di continuo. Di tutte le cosa faceva gruppi di 4. Trovava il 4 ovunque, nei paesaggi, nei quadri, nei volti…Uno dei primi numeri, ancor prima del 5, che è comunque un cubo, una somma, è pari e puro. L’uomo colorato amava il 4. Ma come fare per incontrarlo? Non facile. Lui, però, aveva una teoria: cambiare la dimensione. Forse, si diceva, le dimensioni sono come lastre parallele in fila. E tutto ciò che c’è al loro interno risulta da fuori come disegni di fluidi, luci e lente esplosioni in un acquario bidimensionale nel buio del nulla. Il nostro mondo, i pomeriggi visti dalla finestra che non torneranno mai, i palazzi in periferia ripetuti 4 a 4 come dejavu, i giorni, il pane lasciato sul tavolo al crepuscolo mentre la luce nella stanza scende e tutto diventa buio senza far rumore, le attese con l’ansia nello stomaco, le attese con l’ansia nel cuore, i baobab secolari su cui nascono le scimmie - 4 enormi rami, 4 scimmie su ciascun ramo -, i pensieri inutili che ti distraggono da chi vuoi essere, le molle arrugginite nei materassi delle discariche, i linguaggi incompatibili, i granchi infreddoliti sugli scogli bagnati dal mare nella notte…tutto un insieme di fluidi variopinti in una piastra trasparente allineata a mille altre, governate tutte quante da un demiurgo assente ed illuminato.
Dunque l’uomo colorato, forte della sua teoria, progettava come saltare da un acquario all’altro.
Però come fare il salto? Come si fa a saltare fuori dalla dimensione contingente? Come scindere la strategia in tattiche, e poi le tattiche in azioni?
Primo tentativo.
Si mise a bere.
Teoria. Il suo ragionamento era che stordito dall’alcol lui sarebbe saltato fuori dal suo corpo in coma etilico ed avrebbe percorso il tunnel nero verso la luce bianca, e lì in fondo, ad attenderlo, il 4 sarebbe finalmente stato suo, per fondersi poi come Dante ed il paradiso.
Pratica. Si mise a bere tristemente a casa, da solo, in cucina. Una piccola cucina silenziosa con la luce artificiale.
1, 2, 3, 4, bicchieri, la testa gli girava, poi altri 4 bicchieri… rovesciò la bottiglia, sul pavimento si disegnò rapida una macchia porpora, barcollò a fatica fino al divano. Accese la tele: il volume era altissimo e lui non ricordava più come abbassarlo, continuava a schiacciare il tasto 4. Arrivarono a suonare i vicini. Lui era livido ed interrotto. La vicina era una donna grossa, spumiglia molle con gli occhi come chiodini fissati in faccia, la bocca piccola e rossa era un rubino in fuoco pieno di parole acute ed assillanti che le uscivano dalla bocca caotiche ed aggressive come le montagne russe. Gli chiese, con la cortese spocchia del mediocre, di fare meno rumore…lui col dito al cielo e gli occhi asimmetrici biascicò qualcosa di insolente, lei aggrottò gli occhi, mani sui fianchi e bocca aperta, dunque lui più oltraggioso, e via dicendo… La conversazione andò avanti con toni sempre più accesi e ricordi sempre più confusi….
Svegliandosi il giorno successivo, in preda ad un mal di testa incomparabile, trovò la spumiglia al suo fianco: amara rinoceronta nuda e sudata, con la bocca sformata nel rosso.
Il primo –disastroso- tentativo era fallito.
Secondo tentativo.
Passi lunghi nel corridoio senza fine, l’albergo isolato in una pianura sperduta sotto le stelle silenziose. Un esercito di porte a destra e uno a sinistra, ma lo sguardo è risoluto ed il passo calcato. Un gorgo di numeri da ogni lato: sussurrano, bisbigliano, lo spiano. Ma tra tutti i numeri non c’è il 4.
Apre la porta numero 37, e dentro nulla, buio, rumore di frigo che ronza e di legno dei mobili, solo un senso di mancanza che spreme via la linfa dai muscoli; da lì sarebbero scappati anche gli spettri.
Apre l’85: una donna pallida, rugosa e scarna è seduta sul bordo di un letto da bimbo. Vestita da hostess rosso-blu succhia un enorme leccalecca fatto a spirale bianca e nera, dagli occhi della donna le pupille escono come fili di liquerizie nere che lentamente disegnano mulinelli nell’aria: la donna lo guarda, poi lei ed i suoi occhi serpe si voltano dall’altra disinteressati e tristi.
Nella 203 una famiglia di obesi, madre, padre, figlio di 8 anni e ragazza di 16, tutti grassi, disgustosamente grassi, imbalsamati in una tuta da ginnastica come protesi davanti ad un megaschermo che proietta una cascata di cioccolato fuso riverso su un maiale con il grugno cacciato in una torta alla panna. La sedicenne tonda lo guarda e sorride maliziosa, perché forse lei ha un’idea, sì lei ha un’idea, ma non succede nulla. Lui chiude la porta dietro di sé.
Stanza 93, non ci sono finestre, c’è solo una persona di schiena che salta qua e là, sembra stia ballando, ma in realtà sta scrivendo a macchina, una macchina da scrivere enorme, lunga 2 metri, poggiata sul pavimento; per scrivere una lettera bisogna calcare sul tasto (che è grande come un bicchiere) con entrambe le mani. Smette di scrive, si gira affaticato, ansimando e lo guarda. Si guardano. Ma lo scrivano è concentrato, assorto nel suo mondo, e di certo non può essere d’aiuto, così l’uomo colorato esce senza far rumore.
Stanza 132, apre la porta e quasi precipita! Baratro nella notte oltre lo stipite. La porta da sullo strapiombo, lo spazio è immenso, è come se la porta dal nulla si aprisse sul cielo cupo di un dipinto, e in fondo c’è il mare, il mare che cento metri sotto sbatte sugli scogli fragoroso. L’uomo resta in ammirazione dell’acqua, ne ascolta il rumore, il canto ripetitivo. Le stelle sono poche e la luna è un sorriso accennato. Rimane all’entrata del dipinto marino in attesa di un dolce qualcosa, odorando l’aria di mare. L’aria di mare ancora un istante, l’altalena di stelle ancora un momento. Sale umido nelle narici, evoca e trasporta lontano, ipnotizza gli atomi e chiude gli occhi. Ma l’aria cambia odore. Il sale s’intreccia al sapore di carne. Un flutto più forte degli altri. Un rumore distinto. Le onde si sfasano. Qualcosa si muove sotto la superficie, sembra enorme, immenso, emerge, una massa che sale dagli abissi. Affiora fragorosamente, il boato, il rumore che fa tremare i denti e la cassa toracica…ed ecco l’orrore, la tachicardia, il panico, superati solo dalla curiosità di vedere cos’è; cosa blocca i muscoli, la paura o la curiosità? Eccolo che arriva, l’uomo trema, sbarra gli occhi, urla. Chiude la porta di scatto, tutto finito, ora solo un corridoio silenzioso ed interminabile.
L’indirizzo dell’albergo delle Miracoli l’uomo colorato lo aveva trovato scritto sulle pareti di una cabina telefonica, la gente in generale sottovaluta le scritte che ci sono per strada.
Secondo tentativo fallito
Terzo tentativo
I due primi tentativi di arrivare al 4 avevano una cosa in comune: erano concepiti come un percorso, una ricerca dinamica, fasi successive. L’uomo immaginava che per uscire dalla sua dimensione avrebbe dovuto spostarsi, trasferirsi…risultato: fallimento. Pertanto forse la vera soluzione stava nell’immobilità, nell’ascetismo al di là dei sensi. Collassare inerti, saldati all’epilogo di sé, stanchi contro vento con le palpebre che svengono, turchese sotto gocce di assenzio che piano piano scompare in una pozza, attendere speranzosi la primavera come fa una stalagmite in Antartide. Attendere e attendere e attendere, pensando in continuazione che ormai non succederà più nulla perché è troppo che non succede nulla, ma rimanendo sempre con una specie di speranza acida nello stomaco.
Quando non c’è soluzione finché l’inferno non ti manda un angelo a cui compri un momento di evasione gioiosa in cambio del purgatorio e di una fetta di coscienza. E dunque ecco forse la soluzione: il sonno. Il sonno profondo di chi non si sveglia con il terremoto. Inabissarsi nel torpore mentale, filo d’erba risucchiato nel vortice senza pensieri.
Dunque l’uomo colorato attese la notte, abbassò le tapparelle, s’infilò il suo pigiama rosso arancio e verde e si mise a letto. L’intenzione era prendere coscienza di sé nel sonno. Svegliarsi durante il sogno, creare lì un mondo frutto della sua volontà onirica in cui attendere il 4 per il resto del tempo.
Ma era nervoso, la sua testa era popolata dalle scale di Escher e lui non ne usciva, perso nei corridoi a rincorrere il letargo. Si sciolse nelle paranoie di chi non riesce a dormire, si incastrò in riflessioni senza fuga, finì lanciato da ragionamenti sterili in pozzi neri, ed ogni volta che gli sembrava di perdere razionalità rinsaviva dall’emozione e non dormiva. Notte insonne senza futuro.
Il giorno dopo si alzò cotto con gli occhi caldi. Lavò svogliatamente i denti, a stento la faccia, si vestì (meno colorato del solito) ed andò in città: il frigo era vuoto e la fame chiamava. Prese l’autobus per qualche fermata, era pieno di gente scontata e discorsi sentiti. Scese pigro sbuffando. Che nebbia quel giorno. Si avviò verso il supermercato schivando gli sguardi. Salì le scale di pietra rosa che conducevano alla piazza principale. Guardava per terra, contando i ciottoli, 4 poi altri 4, dando poco peso alla strada, era sempre la stessa da anni.
Camminava, immerso nei suoi pensieri, disorientato, la città non gli interessava e gli sembrava quasi confusa. Alzò lo sguardo: di nuovo le scale per la piazza principale. Avanti. L’edicola, la fermata dell’autobus, la fontana fatta a conchiglia, le scale… pieno di scale, nebbia e luce ora. Rimaneva abbagliato ad ogni raggio di sole, anche se non era veramente sole…era luce. Confondeva le persone con le statue ed i rumori con le ombre. Scale e vicoli. L’edicola, la fermata dell’autobus, la conchiglia. Vide qualcuno venirgli incontro deciso: un piccolo e giallo pachiderma ciondolante con i capelli lunghi. Era la 16enne obesa dell’albergo dei Miracoli. Vestiva con un completo canarino e scarpe arancio ed era tonda, gustosamente tonda, anche gli occhioni neri erano tondi. Sorrise lenta e dolce in controluce. Gli disse che all’albergo dei Miracoli, se voleva c’era una stanza tutta per lui, perché sapevano tutti che aveva perso il sonno quella notte, ed in quella stanza avrebbe dormito bene…la numero 4.
L’uomo non se lo fece dire due volte.
Seguì la ragazza. Prima per strada; poi si addentrarono attraverso una specie di vicolo, sbucarono e trovarono scale, scale infinite, sovrapposte e disordinate. Luce bianca nella nebbia, abbagliante, corridoi, chiocciole e vicoli dalle alte pareti, il bianconiglio era un canarino gigante, che muoveva lento come una ninnanna, una nenia ripetitiva come il dondolare di una culla…ma che percorso strano quello…a seguire un ombra gialla nel niente…con riverberi che occultano la vista…e foschie indulgenti…le scale ed il dondolare….si stava realmente muovendo? Chiamò la ragazza che procedeva senza sosta, lei si girò e sorrise, era piena di piume dorate ora ed il suo sorriso era sormontato dalla sua proboscide elefantiaca, ma era molto dolce e aveva negli occhi la luce e la spirale. L’uomo, quindi, non si oppose e continuarono il percorso. Quant’è bella un’ossessione per chi ne ha una, solo chi non ne ha mai avute pensa che sia da malati. Quanta compagnia fa un’ossessione, c’è solo lei splendida nella notte, grande come il mare, ripetitiva ed infinita come le sue onde. A cos’altro puoi giurare fedeltà sinceramente.
D’un tratto la guida si fermò: disse all’uomo che doveva proseguire da solo e volò via gracchiando sgraziata, perdendosi nella foschia.
Era solo, nel nulla di una pianura di sabbia. Il cielo era biancoarancio nebbioso. All’orizzonte in lontananza si vedevano strane cose volare nell’aria, come goffi scatoloni di metallo con le ali, ed esplosioni, erano bombe o fuochi d’artificio? Si accorse che avrebbe potuto sceglierlo lui, si accorse che stava sognando…sognava cosciente. Inaspettatamente all’orizzonte vide una nave arrivare verso di lui. La prua d’oro e le vele rosse e leggere come papaveri, cascate di papaveri che occhieggiavano al vento. Solcava le sabbie lentamente. Si avvicinava e non arrivava mai.
L’uomo sentì d’un tratto qualcosa come un urlo sott’acqua, ma lì per lì gli sembrò solo nelle sue orecchie. La nave era ferma davanti a lui. La polena lo guardava, la polena era un piccolo baobab nodoso da cui emergeva il volto di una giovane donna, ed era stata la polena a fare quell’urlo, ora cantava soavemente acuta.
Lui era immobile attendeva chi doveva scendere dalla nave, sentiva un vagone delle montagne russe in fiamme che dallo stomaco gli correva in gola e ritorno. Sentiva le vene pettinarsi dalla tensione.
Scese dalla nave il 4. Scese dalla nave il 4. C’era, davvero, c’era. Il 4 che scende da una nave che solca il deserto è proprio così come uno se lo immagina. Si guardano. E ancora si guardarono.
Lui si perse negli occhi del numero e tutto si fece vortice attorno…un istante dopo erano nella stanza numero 4 dell’albergo dei miracoli. Era una stanza da letto di un albergo tedesco, tutto in legno di ciliegio e tendine rosse e bianche. E i due amanti l’uno di fronte all’altro si lasciarono finalmente andare, nell’incredulità del 4, che da anni cercava quell’uomo colorato saltando da una dimensione all’altra.
Epilogo
L’uomo colorato si svegliò e la tristezza lo prese, era sveglio, dunque non più in contatto con l’amata…
Si accorse però che era sveglio in un letto di ciliegio, e che qualcuno dormiva al suo fianco. Scostò le coperte, e trovò il 5, il 4+1, il 5 è un 4 incinta tutto sommato con una grossa pancia gravida davanti. Perché come se diceva all’inizio, si parte dal presupposto che non ci siano limiti all’amore.
lunedì 22 giugno 2009
contenti voi
Milano2.901 sezioni su 2.905
Ultimo aggiornamento 22 giugno 2009 ore 22:16
F. Penati - Cs 49,8% G. Podestà - Cd 50,2%
Torino2.316 sezioni su 2.316
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A. Saitta - Cs 57,4% C. Porchietto - Cd 42,6%
Venezia860 sezioni su 862
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D. Zoggia - Cs 48,2% F. Zaccariotto - Cd 51,8%
Lecce753 sezioni su 804
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L. Capone - Cs 49,2% A. Gabellone - Cd 50,8%
domenica 21 giugno 2009
Ma che culo! (esibizionisti in fuga)
Come nella tradizione foto-porno "giapponese":
a sinistra tra la vigna se la dava a gambe l'esibizionista.
Oggi va di culo. Nel vero senso della parola: verso le 17.15 sono in zona Acquaviva, a passeggio in ciclabile e mi cade l’occhio sulla strada sottostante; quella di campo che corre parallela. E ci vedo questo qua, un tizio incrociato poco prima, sarà stato un km, mentre scendeva verso la campagna, (circospetto). Ma siccome ogni tanto se ne vedono, di personaggi strani, non ci faccio caso più di tanto.
Però… adesso, c’è qualcosa di diverso. Mi fermo un attimo e metto a fuoco. Ecco cosa c’è: si è smutandato e si sta masturbando!
Ci impiego un po’ a reagire. Lo guardo fisso: vedo il petto, i peli del pube. E poi è la mia volta di toccarmi. Allungo una mano al marsupio e tiro fuori la macchina fotografica. Gliela punto addosso. Ma lui ha i riflessi più veloci e si butta subito a sinistra sotto la vigna. Sembra una gazzella. Vedo il culo nudo tra le foglie, scatto, una volta, due volte, ma non faccio in tempo a fotografarlo.
Non so, caro esibizionista, che gusto ci provi, a menartelo in aperta campagna, davanti a gente sudata che marcia in tuta da ginnastica. Capisco l’arietta e la verzura. Il sole e gli uccellini, ma insomma, ragazzo, se vai in centro sfilano le meglio pulzelle.
Volente o nolente, l’ho visto bene. (Ma non è il mio tipo). Troppo magro e vecchio. Un po’ bizzarro. Circa 1,70m, snello, di razza caucasica - direbbe l’FBI - capelli corti e grigi, come i baffi. Vestito, aveva una maglietta azzurra. E dei bermuda blu scuro. Ho allungato bene lo sguardo giù nella campagna, ma ormai era scappato. Chissà se gli si è bloccato l’orgasmo e ha tirato un coccolone? (sono preoccupata).
Fatte le foto, ho avvisato la polizia municipale. Non per me. (Amico, finirai in un racconto). Sei il 4° esibizionista che incontro. Il primo, una mattina di circa 20 anni fa, verso le 7, mi scioccò, cogliendomi da sola sulla strada di scuola. «Ciao, guarda che belle balle!». Sbiancai, senza sapere cosa dire e fare, accelerai il passo - sperando che non fosse violento. Arrivai a scuola trafelata e mi sfogai con le compagne, affacciata al balcone del bagno. Ma ci è voluto del tempo per smaltire quella forma di violenza psicologica, di disgusto e di sopruso.
Caro amico nudo nel fogliame, oggi sono la Donna Cannone: giro sempre armata di macchina fotografica e registratore. Credo di averti un po’ traumatizzato. E mi dispiace, di averti spaventato. Ma capperi, ti rendi conto che psiche? Te ne vai nel campo a fare l’esibizionista, ti ecciti se la gente ti vede – e poi, quando uno soddisfa il tuo desiderio, lo ricambia con curiosità da voyeur al punto da fermarsi a fotografarti, tu SCAPPI??? Ma sei un uomo finito! Un terremotato dello spirito.
Siccome ci sono signore e signorine timorate e non vorrei che le incontrassi, ho chiamato il poliziotto. Oddio, al telefono mi ha detto che non aveva nessuno da inviare sul posto (tutti in servizio alle feste vigiliane
) e l’ha anche menata che «non è la nostra zona, magari lascio un appunto a un collega..» «Ecco, sì, guardi. Lei faccia una segnalazione ai suoi colleghi» – gli ho detto scazzata (a me pareva che al poliziotto non gliene fregasse una cippa di evitare ad altre signore incontri ravvicinati a culo nudo).
Ti dirò, amico smutandato, mi ha dato quasi più fastidio il poliziotto di te. Allora mi sono spinta alla stazione dei carabinieri di Calliano, (a 4 km). Ma alle 18 della domenica non c’è nessuno. E allora, ti ho lasciato al tuo destino.
Ma ti assicuro che ero pronta a spiegare al carabiniere che hai bisogno di comprensione. Magari di un bravo psicologo. «Vede, maresciallo – è corso veloce …Chissà magari soffre pure di eiaculazione precoce? e alla sua età, non avrà nessuno con cui parlarne…»
la pista ciclabile in zona Acquaviva (TN)
per Kakà, Rutelli
Ora che i referendum sono saltati chissà che farà Rutelli. Potrebbe usarli come una scusa, insieme agi esiti delle elezioni amministrative (quali essi siano) per passare ad un altro partito. Perchè Rutelli è cattolico, e i suoi valori, si sa, sono diversi: a lui che un uomo non si contorca prima di morire pare un torto.
Anche kakà è cattolico. Lo ricorda sollevando la maglietta a ogni goal, quando ne mostra un'altra sotto. Mesi fa rifiutò un'offerta faraonica dal Manchester City rimanendo al Milan. Questione di valori disse. Ora di offerta ne è arrivata una ancora maggiore, e i valori se li è messi in tasca. Come Berlsuconi che dal REal Madrid ha incassato una cifra non lontana dai 60 milioni di euro.
Chissà se qualche spicciolo servirà per comprare Rutelli.
(nella foto i prossimi leader di PD e PDL)
sabato 20 giugno 2009
2000 tonni tonni
Come avevamo anticipato in tempi diversi da Meredith (quindi non sospetti) Berlusconi è arrivato al capolinea. Non per l'Iraq, l'Afghanistan, i milioni di disoccupati, le spiagge deturpate, le alleanze con Putin o con Cuffaro ma perchè per andare a letto con una ragazza paga duemila euro. Cifra tanto diversa dai milioni delle sue ville e dei suoi campioni, che quindi invece che ammirazione fa scattare l'invidia.
Chi sarà il suo delfino? Chi dice Letta, chi Tremonti, chi Fini.
Su qualunque dei tre tonni puntiate, ci sembrano ottimi motivi per andare a votare ai ballottaggi e non al referendum.
venerdì 19 giugno 2009
Non tutto il Malì vien per nuocere....aggiornamento
Ieri abbiamo incominciato a raccogliere un po' di giocattoli e vestiti per bambini.
Sono 7/8 le persone che si sono attivate finora per questa raccolta - e così, lentamente ma inesorabilmente, vediamo i piccoli frutti della rete.
Ne siamo felici e da qui mandiamo un grazie.
Chi volesse aderire è ancora in tempo. Massitan, infatti, parte a inizio agosto.
Possono essere utili anche vestiti da donna e scarpe - sia da adulti che da bambini.
Questo è un appello. A chi condivide l’idea di condividere.
Cosa? Con chi? Parte del proprio tempo, risorse o qualche scheo.
Massitan, un’amica del Malì che risiede in Trentino da 15 anni, in agosto farà un viaggio a casa, cioè Bamako. Massitan vive e lavora qui per sostenere parenti e conoscenti più poveri, in Mali. (...)Il post per intero è qui: La rete siamo noi.
Stiamo raccogliendo vestiti e/o giocattoli in buone condizioni che Massitan porterà in Malì da distribuire a chi ne ha bisogno.
Il carico massimo che può portare è di 40kg. Continuiamo a darci da fare...
Grazie, ciao
Massitan&DC
mercoledì 17 giugno 2009
Intervista esclusiva a Rita Charbonnier 2°parte
Eccoci a voi con la 2° parte dell'intervista a Rita Charbonnier, l'autrice di "La strana giornata di Alexandre Dumas" (cliccate qui se vi siete persi la 1° parte...............)
DC: che cosa ti dice la gente, dopo aver letto i tuoi libri?
Rita C.: Ho ricevuto diverse email di apprezzamento davvero commoventi, alcune benevole ma più prudenti; valutazioni decisamente negative o attacchi diretti, per fortuna, non ne ho raccolti. In diversi casi si è creato un vero e proprio rapporto epistolare con persone che poi ho ritrovato sul mio blog, su Facebook… alcune le ho anche conosciute, ed è stato bello ed emozionante. Per me i commenti dei lettori, espressi in qualunque forma, sono importantissimi. Sono quelli che danno un senso al lavoro.
DC: e prima?
Rita C.: Capita abbastanza spesso che qualcuno si piazzi su Internet alla ricerca di siti di scrittori e un po’ a casaccio, senza neanche aver capito con chi ha a che fare, mandi una email che dice: posso spedirti qualcosa da leggere? Mi arrivano richieste di questo genere persino dall’America, e dagli a spiegare che non sono di madrelingua quindi non posso valutare scritti in inglese… perché io cerco di rispondere a tutti. Comunque mi rifiuto di leggere materiale non pubblicato, in primo luogo perché non ho tempo, e poi perché è rischioso. Se un giorno dovesse uscire un mio scritto che ha alcuni tratti in comune con qualcosa che tempo prima ho ricevuto per email, sarebbero dolori.
DC: come ti documenti sulla storia/epoca/ambientazioni/mentalità etc per parlarne in un romanzo?
Rita C.: In tre modi: viaggiando, facendo interviste e leggendo. Per il primo libro sono stata a Salisburgo; per il secondo a Modigliana, in Romagna, alla ricerca di informazioni sul baratto di neonati che vi avvenne nel 1773; per quello che sto scrivendo sono stata a New York, alla ricerca di informazioni su un grande italiano che vi soggiornò nell’800. Negli ultimi tempi, per la verità, sto cominciando a pensare che spostarsi fisicamente non sia essenziale. Sto cercando di virare verso una direzione sempre meno storica e quindi meno soggetta alla documentazione sul campo.
Le interviste hanno senz’altro lo scopo di raccogliere informazioni, ma soprattutto quello di entrare nel mondo umano delle vicende narrate. Parlare con una persona che ha avuto esperienze simili a quelle del tuo personaggio offre preziosi spunti di riflessione ed elaborazione. E anche conversare con un esperto (se è così gentile da concedere l’incontro), guardarlo negli occhi, ascoltare la sua voce può offrire qualcosa di più e di diverso dal leggere un trattato.
E poi leggo… e rovino i libri riempiendoli di appunti a matita e anche a penna. Per il nuovo romanzo ho letto o riletto Jodorowsky, Clarissa Pinkola Estés, Pirandello, Jung, alcuni testi di filosofia buddista, di psichiatria, mi sono documentata sulla schizofrenia, sulla depressione post partum…
DC: progetti nel cassetto - (che ci puoi rivelare)?
Rita C.: Il mio terzo romanzo racconterà una storia ambientata a Roma agli inizi dell’era fascista, con alcuni richiami al secondo ‘800 nelle Americhe; vi avrà un certo ruolo l’idea della reincarnazione e sarà un’esplorazione dei temi della libertà e della violenza. Nel quarto vorrei occuparmi della corruzione e della televisione. Ma non ne sono del tutto certa. Quello di cui sono certa è che vorrei continuare a scrivere romanzi incentrati su grandi personaggi femminili, collegati tra loro. Alcuni personaggi del mio primo romanzo ritornano nel secondo, e alcuni del secondo torneranno nel terzo; vorrei proseguire su questa strada.
DC: che cosa colpisce la tua fantasia al punto da scriverci sopra un romanzo? Quali strane alchimie legano Rita Charbonnier a A. Dumas - in quest'ottica?
Rita C.: Sarebbe meraviglioso pensare che tra uno dei più grandi narratori mai esistiti e la mia modesta persona vi fosse una strana alchimia… diciamo che Alexandre Dumas è per me, come per molti, un modello. La sua figura umana, inoltre, mi è simpaticissima. Per quanto si sia comportato in modo discutibile con le donne, alcuni tratti di quella che immagino fosse la sua personalità (entusiasmo per la vita, capacità di godersela, generosità) rendono perdonabile ai miei occhi tutto il resto. Inoltre, Dumas era un asso della narrativa popolare a puntate (i suoi romanzi venivano pubblicati a puntate sui giornali), e il suo metodo di lavoro può ricordare quello in uso nella sceneggiatura delle serie televisive popolari, che a me è piuttosto noto.
DC: sentiti libera di aggiungere qualcosa che non ti abbiamo chiesto
Rita C.: Solo una cosa: leggete “La strana giornata di Alexandre Dumas”, Edizioni Piemme, e fatemi avere i vostri commenti! Un grande abbraccio a tutti, e un caloroso in bocca al lupo per la realizzazione dei vostri sogni.
NB: Se volete essere aggiornati sulle presentazioni del nuovo romanzo, novità ed eventi vari, potete iscrivervi alla newsletter di Rita inviando una email vuota a questo indirizzo: ritacharbonnier-subscribe@domeus.it. La newsletter ha una periodicità mensile ed è possibile annullare l'iscrizione in qualunque momento, con un semplice clic. Grazie a Rita, grazie a voi per averci seguito fino qua e in bocca al lupo per i nuovi progetti editoriali. Saremo felici di poterli presentare ancora su Blog a 2 Piazze!
DC
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Rita Charbonnier
martedì 16 giugno 2009
BuzzurRoma (l'Italia siamo noi)
Ho fatto giusto due passi, nella capitale: sono scesa dal treno e sono andata all’edicola a comprare i biglietti dell’autobus. La fila è italica, cioè scomposta: due persone a sinistra, una sulla destra. Un ragazzo, negro, in centro. Mi accodo. In quella arriva un condor in completo grigio e sigaretta (la zona è non fumatori). È lanciato, lo vedo. Ignora tutti e si butta sull’edicolante. Mi sembra quasi di leggerne il pensiero: un negro (= non esiste) + una donnetta = «Che bello, niente fila».
Mi scazzo subito, davanti a questo esemplare schifoso di italiano. È di quelli tipici, che all’estero in un nanosecondo li riconoscono e gli danno del buzzurro. Perché gli mancano quei due o tre secoli di civiltà che non sapresti neanche da che parte incominciare a spiegarglielo.
Appena l’edicolante si libera, C.V.D., lui ci si fionda e ordina. Io medito la formula di sfanculamento, le mani mi prudono, l’animo mitteleuropeo scalpita. Allora gli dico «Guardi, la fila cominciava lì» – «Ah, sì, mi scusi, non me ne ero accorto» – fa lui. Mona! Lo so che non è vero che ti scusi. E che non ti schifi di te stesso. Vorrei trovare il modo per farti vergognare – ma non ho voglia di attaccar briga. Sono stanca e poco brillante.
Il ragazzo davanti a me si gira. Ha seguito lo scambio di battute. Sparito il condor, aggiungo «e che vada affanculo, c’aveva pure il fazzolettino della lega nord nel taschino!» e ci mettiamo a ridere. Solidali nella corsia degli outsider.
esemplare di buzzurRomano che ama inneggiare al governo
e alle forze armate. Dal GR2 e altri pulpiti
Scena n. 2. Devo spostarmi in taxi da Termini. Siccome non sono abituata a prenderli, temo di non beccare il primo della fila e far torto a qualcuno. Arrivo alla fermata: un vecchietto sudato e senza denti mi propone un taxi. È abusivo, lo scanso. Ne avanza un altro, un tipo pelato, con i baffi. Lì per lì non riesco bene a capire – gli chiedo apertamente se ha un taxi con licenza. «Come no?» Fa lui e mi chiede dove devo andare, poi comincia a chiedere intorno chi è libero. Al che, mangio la foglia - che non scalfisce la linea - e li mollo lì. Salgo sul primo taxi “ufficiale” libero e attacco la pippa al taxista: Ho visto un servizio delle Iene, mesi fa, proprio sugli abusivi…. Chiedo al ragazzo com’è la situazione. Lui mi dice che dopo 4 anni manco ci si incazza più e che la polizia municipale è connivente: ogni volta che c’è un controllo, gli abusivi “stranamente” lasciano il campo. Come dire: qualcuno li avvisa prima.
Ragioniamo insieme sul fatto che oltre ad essere esosi – che è pure un controsenso – di solito il mercato nero costa meno, no? – sono pericolosi. Il taxista mi ricorda che in caso di incidente, se sei su un abusivo, non hai nessuna copertura assicurativa. E poi che non è proprio prudente, metterti in macchina con uno sconosciuto che potrebbe portarti chissà dove senza alcuna copertura né rintracciabilità. Non so come dargli torto. Poi non resisto e gli faccio una domanda un po’ da turista spacccamaroni «e allora, tu la vedi sta crisi?»
Sì, - mi dice – e che ha ragione Berlusconi.
«E che dice Berlusconi, che non lo ascolto?» rilancio beffarda.
Ma poi arrivo a destinazione. Lo ringrazio, e in bocca al lupo.
Che di tasse e nemici siamo ricchissimi.
domenica 14 giugno 2009
teniamoci forte
Massimo D'Alema chiama a raccolta l'opposizione. Lo fa dagli schermi della trasmissione In 1/2ora, condotta da Lucia Annunziata su Rai Tre. "L'opposizione sia pronta in caso di scosse" dice l'ex presidente del Consiglio.
(www.repubblica.it)
sabato 13 giugno 2009
il prossimo segretario dell'ONU
Provato su basi scientifiche il meccanismo attraverso il quale le belle donne riescono a ottenere dagli uomini tutto ciò che vogliono: i neuroni del cervello maschile connettono a fatica e la capacita' di pensare diminuisce molto.
(www.ansa.it)
venerdì 12 giugno 2009
la serpe in seno (di vostra moglie)
Dopo i risultati del nostro grande sondaggio sul voto dei coniugi e quello piccolo e concomitante tenuto in Europa possiamo giungere a una conclusione:
signore e signori, di come vota la vostra metà sapete quanto degli orgasmi di vostra moglie o delle partitelle di calcetto del mercoledì di vostro marito.
Come spiegare altrimenti che secondo le vostre delazioni il PCL (partito comunista dei lavoratori) prende tanti voti (2) quanti il PDL (partito dei ladri)? E che tutta la sinistra (quella vera, mica il PD) avrebbe la maggioranza?
Ciò anche volendo comprendere che deve essere dura rispondere al coniuge che ti chiede per chi voti: Casini, tesoro.
Ma con i zero voti di Di Pietro come la mettiamo? E con l'unico voto alla lega?
Un italiano su dieci vota lega e il coniuge probabilmente non lo sa. Pensateci, la sera, prima del bacio della buona notte.
mercoledì 10 giugno 2009
Intervista esclusiva a Rita Charbonnier
Rita Charbonnier è autrice di due romanzi. Il primo, “La sorella di Mozart” (Corbaccio, 2006) è stato pubblicato in dodici Paesi, tra i quali Austria, Germania, Francia e Stati Uniti. Il secondo, “La strana giornata di Alexandre Dumas”, è una novità di Edizioni Piemme.
E’ stata attrice e cantante in teatro per diversi anni. In seguito ha iniziato a collaborare come giornalista con riviste di spettacolo, a scrivere sceneggiature e poi romanzi.
Abbiamo il piacere di avere nuovamente con noi l'autrice di "La strana giornata di Alexandre Dumas" e di soddisfare alcune curiosità...in 2 parti
DC: mi incuriosisce molto andare un po' indietro nella tua storia e scoprire come e quando è nata la tua relazione con la scrittura
Rita Charbonnier: Bisogna andare parecchio indietro. Sono l’ultima di sei figli, mia sorella e i miei fratelli sono più grandi, e sono stati loro a insegnarmi a leggere, verso i quattro anni. Ho iniziato a scrivere quasi subito: poesie, raccontini, e più tardi un giornalino di quartiere. Allora i blog non c’erano. C’erano le macchine da scrivere e la carta carbone; per raggiungere la tiratura di 15 (!) copie dovevo battere a macchina l’intero giornale cinque-sei volte, perché più di tre copie carbone alla volta non venivano. Scrivere era un godimento e avrei sopportato anche di peggio; forse cercavo l’approvazione del mio ambiente, forse la soddisfazione di un’esigenza comunicativa, forse entrambe le cose. Parallelamente facevo piccoli spettacoli, massacrando i bambini più piccoli del vicinato con turni di prove da denuncia al sindacato attori; curavo la drammaturgia, l’allestimento e le musiche.
DC: vorrei sapere come la scrittura si sposa con le tue altre attività professionali - in qualche modo mi sembra vi sia un fil rouge che le unisce...
Rita C.: Hai colto nel segno. Anche se non faccio più teatro da un pezzo, immagino che nei miei romanzi, soprattutto nei dialoghi, l’esperienza di palcoscenico si avverta almeno un poco. Ho recitato per quasi quindici anni, in generi diversi, in contesti diversi, e ho imparato ad afferrare, e in qualche modo a prevedere, la reazione positiva del pubblico di fronte a un effetto ben costruito; quindi ho sviluppato una certa consapevolezza dell’andamento, o della scena, o della battuta che potrebbero “funzionare” (la certezza ovviamente non c’è mai).
DC: che cosa ti spinge a scrivere di personaggi storici - a cui dare una valenza anche 'simbolica' o, se vogliamo, di 'parabola' di messaggio che scavalca i secoli per raggiungerci nella modernità?
Rita C.:Anche qui hai colto nel segno. Non credo che i miei possano essere definiti romanzi storici classici. Io non vado a scegliere un’epoca X per imbastirci una storia il più possibile vicina alla cosiddetta realtà; cerco piuttosto di andare per temi. Ne “La sorella di Mozart” ho esplorato il tema della realizzazione personale. Nel nuovo romanzo, “La strana giornata di Alexandre Dumas”, il tema è l’identità. Se è vero che la figlia di una coppia nobile è stata scambiata con il figlio di una coppia qualunque per ragioni di eredità, di chi siamo figli? Di chi ci genera o di chi ci alleva? Quanto conta la sensazione dell’appartenenza a una famiglia nella costruzione della nostra personalità? E il nostro destino è scritto nel codice genetico?
In questa prospettiva, rivendico la libertà dell’autore. Credo che cercare di aderire alla realtà storica sia una battaglia persa. Non esiste una realtà storica oggettiva. Gli storici si accapigliano quasi su tutto e anche la storiografia è un genere letterario. All’ultima Fiera del Libro di Torino mi sono ritrovata a fare una tavola rotonda con Cinzia Tani e Leda Melluso. Entrambe hanno appena scritto un romanzo su Federico II di Svevia. Tani (“Lo stupore del mondo”, Mondadori) lo dipinge come un eroe, Melluso (“La ragazza dal volto d’ambra”, Piemme) come un mascalzone. Quale delle due ha ragione? Entrambe! O Pirandello non ci ha insegnato proprio niente. Certo, ci sono cose che in un romanzo storico è meglio non fare. Non puoi sostenere che Alexandre Dumas era il nonno segreto di Hitler. Cioè, puoi anche farlo, se proprio ci tieni, ma rischi fortemente di vincere l’Oscar della Stupidata.
La copertina del romanzo (Ed. Piemme)
DC: come è iniziato il tuo rapporto con l'editoria? Ovvero - hai bussato a tante porte, hai trovato subito quella giusta - ti è venuto a ''stanare'' qualcuno?
Rita C.: Ha ha ha! Qui non ti stana nessuno e soprattutto nessuno ti regala niente. Quello dell’incontro fortuito è un mito metropolitano. Qualcosa di fortuito, però, nel mio caso c’è stato. Anche se scrivevo da sempre, anche se una volta abbandonato il teatro mi ero messa a scrivere per la televisione, non vagheggiavo di scrivere romanzi; non era nei miei pensieri, se non nella forma di sogno irraggiungibile per me tapina. Nel 2000 decisi di scrivere un soggetto cinematografico sulla sorella di Mozart; mi misi al lavoro seriamente, andai a Salisburgo per le ricerche, e lì feci mente locale sul fatto che nel 2006 ci sarebbero state grandi celebrazioni mozartiane, perché sarebbero ricorsi i 250 anni dalla nascita. Questo, pensai, avrebbe potuto aiutare il mio progetto. Il soggetto vinse un premio europeo; scrissi la sceneggiatura, che suscitò interesse qua e là, anche un mezzo contratto, ma il film non quagliava. E intanto gli anni passavano e il 2006 si avvicinava. A un certo punto capii che per il film non c’era più tempo. Forse per un romanzo sì.
All’epoca ero fidanzata con un giornalista inglese. Appena gli dissi che pensavo di scrivere un romanzo sulla base della mia sceneggiatura, lui mi urlò in faccia: “That’s a great idea!” E poi mi diede un ottimo consiglio: trovati un agente letterario. In Inghilterra e negli USA è una cosa ovvia, qui da noi quasi non si sa che esiste questa figura professionale. Trovare l’editore giusto è compito dell’agente, che prenderà una percentuale sugli introiti dell’autore; compito dell’autore è trovarsi l’agente giusto. Su Internet ci sono tutti i recapiti; bisogna prendere contatto, inviare i propri scritti e sperare che siano valutati positivamente.
Mi dicono però che adesso molti agenti chiedono soldi (bei soldi, anche 600 euro) per valutare gli scritti. Io immagino che in tempi di crisi la gente si attacchi dove può e credo sarebbe meglio perlomeno cominciare dai pochi che ancora non chiedono soldi. Se uno ha una sommetta da spendere, forse è meglio investirla in un corso di scrittura; se anche gli insegnanti non sono dei geni, almeno avrà la possibilità di confrontarsi con altre persone che nutrono il suo stesso sogno.
DC: e da scrittrice, come vedi il panorama editoriale (e scrittorio) nazionale? Ci dai un parere sia sulla piccola/media che sulla grossa editoria?
Rita C.: Riguardo alla piccola editoria, come è noto anche qui c’è gente che si fa pagare dagli autori per pubblicare i libri. Questo non è tanto normale. Autori ben più qualificati di me si sono scagliati contro questo sottobosco. La situazione normale è che l’autore non paga, ma viene pagato con un anticipo sui diritti di vendita che in seguito dovrà percepire (una percentuale sul prezzo di copertina, di norma attorno all’8%. Poi ci vanno tolte tasse e commissioni di agenzia, per cui su un libro che costa attorno al 16 euro all’autore ne entra in tasca circa uno). Però adesso c’è il self-publishing; e ci sono stati casi di libri autofinanziati finiti sulla scrivania dell’editore importante, che li ha acquisiti e ripubblicati. E poi si cita sempre Proust, che pubblicò a proprie spese “Dalla parte di Swann”… in conclusione, non ci sono regole. L’unica regola credo sia cercare di capire per quale ragione si scrive, e per chi, e agire di conseguenza.
Riguardo alla grossa editoria, immagino che essere Angelina Jolie offra alcuni vantaggi rispetto all’essere un’attrice magari anche più brava, ma che fatica a raggiungere il pubblico. I grandi editori hanno grandi risorse per la promozione, e soprattutto per la distribuzione – che è di importanza fondamentale. Il libro deve essere facilmente reperibile in libreria. Anche qui è un po’ come per il cinema: se il film non esce nelle sale, chi lo vede? Sì, i libri si possono ordinare, anche su Internet, ma nella maggior parte dei casi vengono comprati e letti dalle persone che li pescano in libreria. Solo la grande editoria può garantire una distribuzione massiccia e capillare.
to be continued....
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Rita Charbonnier
martedì 9 giugno 2009
Non tutto il Malì vien per nuocere....
Una bimba del Malì
La rete siamo noi.
Questo è un appello. A tutti coloro che condividono l’idea di condividere.
Cosa? Con chi? Parte del proprio tempo, risorse o qualche scheo, con chi è meno fortunato.
La signora Massitan, un’amica del Malì che risiede in Trentino da 15 anni, in agosto farà un viaggio a casa, cioè Bamako.
Ostetrica di formazione, proveniente da una famiglia molto numerosa, Massitan vive e lavora qui per sostenere parenti e conoscenti poveri, in Mali. Di lei potrei dire che è una splendida signora; che racconta miti e leggende, storie di santi e di politici del suo paese. Ma anche di sua nonna che per lavoro praticava la mutilazione dei genitali. E delle donne che al mercato tengono i bambini sotto il sole per ore e ore, senza dargli da bere.
Massitan si aggira tra loro con le sacche di acqua (che lì si vendono a meno di 1centesimo) e dà da bere ai bambini avvolti nella fascia porta-enfant sulla schiena delle mamme – che regge in testa le ceste di arachidi o di frutta. Poi Massitan dice alle mamme “Oggi gli ho dato da bere io, ma tu devi farlo ogni giorno, almeno 4 volte al giorno!” Certe donne la deridono. Non capiscono che i bimbi si disidratano e muoiono. Non lo capiscono neppure quando la disidratazione è causata dalla dissenteria, e per un bambino in pochi giorni può essere mortale.
È sorridente ed energica, Massitan – ha sempre voglia di parlare. Ma - mi ha confidato, raccontare ha un effetto balsamico: la aiuta a scacciare la nostalgia di casa.
Arriverà anche su questo blog un racconto raccolto dalla sua voce, un po’ ruvida e squillante.
Adesso, però, è più urgente la richiesta, a chi può raccoglierla, di inviare vestiti e/o giocattoli per bambini in buone condzioni (non soldi), che Massitan porterà con sé in Malì da distribuire a chi ne avrà bisogno (non basterebbero mai, inutile dirlo). Il carico massimo che può portare è di 40kg, dunque diamoci da fare!
Il mio contatto è sempre quello: ladonnakannone@gmail.com
(Non perderò tempo a rispondere a chi mi accuserà di mettermi in mostra. Ho cose più importanti da fare).
Massitan ha anche bisogno di un lavoro. Chi tra i nostri lettori in Trentino sa di una posizione di badante o signora di servizio per faccende domestiche o simile, mi scriva. Grazie a tutti. Grazie, ciao.
Massitan&DC
Scelte e non scelte
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Oltre a una notevole azione giornalistica l’articolo di GIUSEPPE D'AVANZO e CONCHITA SANNINO, uscito tempo fa sulla Repubblica mi ha fatto pensare che il giornalismo, le inchieste, la voglia di tirare fuori qualcosa di nuovo in questo paese, in questo momento, non sia ancora del tutto svanita.
I due giornalisti sono andati a cercare una persona che potesse raccontarci con semplicità e naturalezza la vera storia di una ragazza, carina si, ma anche molto normale. Non ha avuto paura Gino Flaminio, di raccontare di Noemi, la ragazza con cui ha condiviso una storia serena che poi si è complicata troppo. Quando si è sentito “il macellaio che voleva stare con Britney Spears” ha rinunciato. Si è sentito troppo “poco”, davanti ad una vita che lui non avrebbe mai potuto offrirle, davanti ad una vita di cui non conosceva misteri e segreti. Ha dovuto affrontare cambiamenti di Noemi che non riusciva più a spiegarsi e di cui non poteva chiedere spiegazioni.
E allora io mi chiedo come si sia sentita Noemi, come abbia deciso di rinunciare a Gino per tuffarsi in un mondo così grande, forse più grande di lei. Un mondo che non l’ha accolta così com’era, ma le ha fatto cambiare il volto, le abitudini e chissà quanto altro ancora.
Mi chiedo se sia stata una decisione serena. Mi domando se ha potuto meditarci su, se si sia mai confrontata con qualche amica, con qualche amico. Parlo per esperienza e mi rendo conto che tra i 16 e i 18 anni la vita comincia a porti molte domande e soprattutto a metterti davanti a molte scelte. E scegliere a volte è proprio molto difficile.
Non sono molto più vecchia di Noemi, ci separano meno di 5 anni. Ma quando guardo le sue fotografie, così esuberanti e provocanti mi sento piccola. Poi leggo dei suoi silenzi, delle sue presenze ancora misteriose, ma ormai provate da foto e confessioni e mi sento più consapevole, più integra. Non per una questione morale, ma perché penso che Noemi fosse ancora una bambina. Una bambina ancora poco consapevole del suo posto nel mondo. Una bambina che non ha meditato abbastanza sulle conseguenze di un cambiamento così drastico. Una bambina ancora troppo sognatrice, che vorrebbe diventare “velina” o “parlamentare” (uno o l’altro, come se non sapesse quanta differenza ci sia fra queste due professioni), ma anche troppo poco sicura di se per rifiutare un modello di donna costruito sull’apparenza, sull’inganno e sullo show business.
Mi sembra così lontana la vita di Noemi, vorrei proprio capire. Vorrei sedermi con lei a prendere un caffè, a prendere un aperitivo. Guardarla negli occhi, capire come si muove, come si veste, cosa pensa, come ride. Vorrei capire se lei è davvero così fragile, se si è fatta corrompere o se invece la sua è stata una scelta consapevole, razionale, ponderata. Vorrei capire come hanno influito parenti e amici nella decisione di entrare a far parte della vita di Silvio Berlusconi. Vorrei chiederle se sa cosa vuol dire andare a fare una vacanza con altre 30 ragazza nella sua villa. Vorrei chiederle come si sentiva su quell’aereo, cosa guardava, cosa si chiedeva e cosa le chiedevano. Vorrei chiederle se non le è mai venuto in mente che, forse, era una situazione compromettente. Vorrei sapere se si rende e se si rendeva conto.
Ecco perché anche se mi sembra più grande in quelle foto, anche se la sua bellezza ormai ritoccata mi sembra la stessa delle quarantenni di Hollywood, non mi sento più impacciata, ma anzi fortunata e consapevole di saper scegliere. Quel modello di ragazza, di donna non è reale, non è libero. È una donna oggetto che si nasconde dietro un pregiudizio maschile e diventa una mera e triste immagine di impotenza, di silenzio e impassibilità davanti alla vita. Invece io, così come molte altre donne italiane non ci nascondiamo dietro a nessun modello, nessun ago e nessuna foto. Scegliamo giorno per giorno e ci affacciamo alla vita con i nostri dubbi, con le scelte e con la consapevolezza di essere prima di tutto una persona.
di Rebecca Treves
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lunedì 8 giugno 2009
35%, ma non li dimostra
domenica 7 giugno 2009
auguri, papi
ROMA - In Italia, secondo fonti delle associazioni, sono più di mezzo milione, in Europa 20 milioni, negli Usa 40 milioni: sono i naturisti, persone con una filosofia di vita centrata sulla nudità, considerata uno stato naturale. E che da sei anni celebrano la loro Giornata mondiale nella prima domenica di giugno.
(www.repubblica.it)
sabato 6 giugno 2009
E’ meglio se il pilota non è ubriaco.....
La polizia ha arrestato un pilota della American Airlines che non aveva superato il test dell’alcol espirato all’aeroporto Heathrow di Londra: lo hanno dichiarato giovedì la compagnia aerea e la polizia. Secondo la compagnia aerea, il pilota avrebbe dovuto volare sulla rotta Londra / Chicago (Illinois) con partenza da Heathrow alle 10,15.
E’ stato sostituito e il volo è partito alle 11,30. La Metropolitan Police di Londra ha dichiarato che il pilota era un uomo di 57 anni ed è stato arrestato 30 minuti prima dell’orario di partenza del volo. E’ stato sottoposto anche a un esame del sangue, i cui risultati, secondo il sindacato dei piloti della American Airlines, non sono ancora disponibili. Un portavoce della polizia, in linea con le direttive generali, ha dichiarato che gli arresti di piloti ubriachi “non sono molto frequenti, non sono avvenimenti di tutti i giorni”. La polizia non ha reso noto di quanto il tasso alcolico del pilota eccedesse il limite consentito. Il pilota é stato rilasciato su cauzione e dovrà probabilmente comparire davanti al giudice in luglio. “Il test dell’alcol fa parte del programma di controlli casuali per droga della Federal Aviation Administration, e può essere effettuato prima o dopo l’assegnazione di un volo a un determinato pilota”, ha detto Scott Shankland, portavoce del sindacato dei piloti. “Tuttavia i test sono casuali e rari. Di certo non di routine”. Secondo l’agenzia governativa, dal 1999 22 piloti sono comparsi davanti alla National Transportation Safety Board negli Stati Uniti, dopo che la Federal Aviation Adnimistration aveva preso provvediment! i contro di loro per consumo di alcol. Tutti i ricorsi sono stati respinti.
da www.jobintourism.it
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il trionfo
Noemi, Mills, i voli di stato, Berlusconi è accerchiato. Forse dai giornali di Murdoch, forse da Fini e chi lo manovra, dall'età, dalla Lega, dalla Banca d'Italia. Non basterà il PD a farlo stare a galla. Nè il trionfo di queste elezioni, dove l'incognita non c'è: che gli italiani la pensino come lui non c'è dubbio. Anche chi non lo vota ha ormai il sistema di valori che gli organi di informazione ci inoculano ogni minuto. Che l'occhio si posi su una vetrina, su un cartellone pubblicitario, sulla stessa gerarchia secondo la quale di una città il centro è per forza ricco e la periferia brutta tutti quanti, ognuno,nessuno escluso, la pensa come lui. Avevamo Nilde Jotti, e ci lascia con la Carfagna. Avevamo compassione, ci lascia con i SUV. Avevamo le spiagge, ci lascia con i centri commerciali, dove fare le lampade.
Abbiamo detto "ci lascia"; non è un semplice auspicio.
In vena di pronostici, ne azzardiamo un altro: entro 7 mesi Berlusconi non sarà più sulla stessa poltrona di oggi. Forse su un trono, forse su un altalena, forse sdraiato. Ma come racconteremo questi anni ai nostri figli? Cosa leggeranno sui libri di storia? Berlusconi è già un modello, probabilmente sarà un padre della patria, per i cittadini di domani, precari contenti di esserlo, come in un film di Virzì. Di Berlusconi non c'è più bisogno.
venerdì 5 giugno 2009
alla faccia di Manheimmer
Le elezioni si avvicinano e questo blog non si sottrae: ecco i pronostici, ricavati dagli ultimissimi sondaggi dei maggiori istituti demoskopici, da quello di fianco, da un pizzico di sano pessimismo e da un dado.
PDL:..................37,5
PD:....................27
LEGA:..............9,5
IDV.....................7,5
UDC....................6
S&L:..................3,5
DEstra...............3
RC&PDCI..........3,5
RADICALI .......1,5
PCL:..................1
martedì 2 giugno 2009
www.controcopertina.it
Immaginate di aver perso la testa per qualcuno. Figuratevi di seguirlo per strada, da lontano, furtivi. Di ricomparire dietro gli angoli, di pedinarlo, di sospirare mentre attraversa la strada, mentre scompare all'orizzonte. Finchè un giorno il vostro miraggio si volta, viene verso di voi e vi fa una dichiarazione d'amore. Che fare? Rispondete che ricambiate sembra uno scambio di convenevoli. Confessare che lo seguite da anni - sì, da anni - vi farebbe apparire maniaci. Invece eccola, la vostra passione: ha preso e vi ha detto quello che pensava.
Siamo perciò un pò sospesi anche noi, davanti a http://www.controcopertina.it/, che ci indica per i nostri contenuti. Noi ve lo suggeriamo per quello e per tutto il resto. Bacioni, ragazzacci.
lunedì 1 giugno 2009
padre nostro che sei nei cieli
C'è chi dice che Dio sia buono chi cattivissimo, chi distratto. Noi fino a ieri lo supponevamo in pensione, dimesso, sfiduciato dal consiglio dei Cherubini dopo il noto errore politico di darsi alla creazione. A questo vuoto di potere perciò riconducevamo qualche piccolo contrattempo degli ultimi anni: le pene di Giacobbe, quelle della Jugoslavia, il Torino in serie B. Invece no. Dio è presente, che fa cucù come un discolo.
Perchè ci vuole una mente da vandalo di periferia per far cadere tre persone impegnate nella cooperazione mentre si svela che sugli aerei militari italiani allegre combriccole di veline venivano condotte in pasto all'imperatore della Sardegna, Berlusconi IV.
Ma, si sa, tra colleghi ci si aiuta.
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